La lista testimoniale della Procura è la croce e la delizia degli avvocati difensori.
Quante volte ci troviamo ad esaminare una lista testi con il generico e semplice riferimento ai “fatti del processo”, in tal modo si adempie ed è soddisfatto l’onere dell’indicazione delle circostanze di esame?
Tale omissione rende la lista testi inammissibile o revocabile per genericità?
La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 7421 depositata il 21 febbraio 2023 ci permette di approfondire la questione.
La Suprema Corte premette che la parte che intende censurare con ricorso per cassazione l’ordinanza del giudice che, all’esito dell’istruttoria, abbia revocato una prova testimoniale già ammessa è tenuta, in ossequio al principio di specificità di all’art. 581, comma primo, lett. c). cod. proc. pen., a spiegare il livello di decisività delle prove testimoniali che il giudice ha ritenuto superflue (Sez. 6, n. 5673 del 19/12/2011, dep. 2012, Rv. 252581).
Nel caso esaminato, il ricorrente non ha specificamente dedotto (neanche al momento della presentazione della lista) le circostanze specifiche (in ipotesi decisive) sulle quali il teste avrebbe dovuto riferire.
Quindi l’omissione rende revocabile la prova testimoniale richiesta, nel caso in questione si trattava di un singolo imputato chiamato a rispondere di tre fattispecie di reato.
Nel caso di procedimenti riguardanti una complessità di imputazioni quale è il discrimine per ritenere adempiuto l’onere di specificazione delle circostanze di esame?
In questo caso la cassazione ha ritenuto che l’onere, a fronte dei plurimi capi d’imputazione e della complessità dei fatti oggetto delle imputazioni, non può ritenersi soddisfatto attraverso il semplice riferimento, contenuto nella lista testimoniale depositata, ai “fatti di causa” (Sez. 1, n. 7912 del 21/01/2022, Rv. 282915).
Risulta, del resto, evidente, sulla base della lettura dei capi di imputazione, che l’oggetto della prova era quanto mai ampio e diversificato; i fatti oggetto del giudizio riguardano diversi imputati e comprendono un delitto associativo mafioso e vari omicidi commessi in luoghi e tempi diversi e da diversi imputati, numerosi delitti in tema di armi, nonché ricettazione ed altri reati.
Da ciò consegue che l’omessa indicazione delle circostanze, o anche solo del riferimento alle specifiche imputazioni, sulle quali i testi sono chiamati a deporre dalla difesa rende a tal punto vaga e generica l’elencazione da impedire al giudice, nel contraddittorio con le altre parti, di vagliare l’attinenza della prova rispetto ai vari e diversificati temi oggetto del giudizio, secondo quanto previsto dall’art. 495 cod. proc. pen.
Non versandosi, in effetti, nel caso della indicazione di una prova contraria ex art. 468, comma 4, cod. proc. pen. — per la quale non è richiesto il rispetto del termine di deposito né l’indicazione delle circostanze, essendo esse coincidenti con quelle della prova principale (Sez. 6, n. 26048 del 17/05/2016 Rv. 266976) — spetta alla parte di soddisfare i requisiti di ammissibilità di cui all’art. 468, comma 1, cod. proc. pen. e, in particolare, di operare il tempestivo deposito della lista testimoniale «con la indicazione delle circostanze su cui deve vertere l’esame».
Pertanto la cassazione conferma il principio secondo il quale “in tema di lista testimoniale, l’onere dell’indicazione delle circostanze di esame è soddisfatto anche con il semplice riferimento ai “fatti del processo” a condizione che si versi nell’ipotesi di un’unica contestazione di reato per fatti storicamente semplici, non valendo invece ciò ove la vicenda processuale sia complessa, gli imputati siano più di uno e molteplici siano i capi di imputazione” (Sez. 3, n. 32530 del 06/05/2010, H., Rv. 248221; seguito da Sez. 5, n. 27698 del 04/05/2018, B., Rv. 273555).
Nel caso di specie, infatti, l’obbligo di indicazione delle circostanze non è stato rispettato perché è stato logicamente giudicato impossibile dedurre, anche solo per relationem alle imputazioni, che i soggetti indicati nella lista della difesa fossero in grado di riferire sui singoli fatti di reato articolati nei capi di imputazione e su quali circostanze fossero chiamati a deporre, stante la finalità del citato art. 468 cod. proc. pen. di impedire la introduzione di prove a sorpresa consentendo alle altre parti la tempestiva predisposizione di proprie controdeduzioni (Sez. 3, n. 41691 del 19/10/2005, Rv. 232369; Sez. 5, n. 43361 del 05/10/2005, Rv. 232978; Sez. 4, n. 25523 del 10/05/2007, Rv. 236990; Sez. 2, n. 38526 del 23/09/2008, Rv. 241114).
Peraltro, la presenza di una leale discovery, costituita dalla tempestiva e precisa indicazione delle circostanze oggetto di esame, si parametra alla possibilità, riconosciuta alle controparti processuali, di avanzare la richiesta di prova contraria ex art. 468, comma 4, cod. proc. pen.
Tale possibilità, però, può essere esercitata soltanto qualora siano state adeguatamente indicate le circostanze su cui si fonda la prova principale, perché, diversamente, la prova contraria sarebbe, a sua volta, generica e perciò non introducibile, con conseguente lesione della parità delle armi.
Quindi riassumendo sembrerebbe emergere un distinguo tra i procedimenti con singoli imputati e circoscritti capi di imputazione ove è sufficiente il richiamo generico “ai fatti di causa” e procedimenti con più imputati e contestazioni complesse ove non è sufficiente il richiamo generico ai fatti in contestazione.
Sembrerebbe tutto chiaro, non è così?
La riprova alla prossima eccezione difensiva sulla lista testi del pubblico ministero.
