Bancarotta “riparata” ed altro ancora: i chiarimenti della Cassazione penale (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 5^, sentenza n. 2502/2023 (udienza del 16 dicembre 2022) propone molteplici principi di diritto rilevanti riguardo al delitto di bancarotta, in questi termini:

  • In tema di bancarotta fraudolenta, la qualifica di amministratore di fatto di una società richiede l’individuazione di prove significative e concludenti dello svolgimento delle funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività imprenditoriale (Sez. 5^, sentenza n. 4865 del 25/11/2021, dep. 2022, Rv. 282775).
  • La bancarotta documentale è un reato proprio dell’amministratore di diritto, il quale non può, in ragione della qualifica ricoperta in un periodo precedente, rispondere anche della tenuta della contabilità in quello successivo alla dismissione della carica, a meno che non venga provato che egli abbia continuato ad ingerirsi di fatto nell’amministrazione della società ovvero, quale extraneus, sia in qualche modo concorso nelle condotte illecite di cui deve rispondere il nuovo amministratore (Sez. 5^, sentenza n. 15988 dell’11/03/2019, non massimata).
  • In materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società, dichiarata fallita, è desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione (ex multis Sez. 5^, sentenza n. 17228 del 17/01/2020, Costantino, Rv. 279204). L’imposizione di un onere della prova nei termini sopra illustrati a carico dell’amministratore si giustifica a tutela del ceto creditorio, perché è l’imprenditore/amministratore responsabile della gestione dei beni sociali e risponde nei confronti dei creditori della conservazione della garanzia dei loro crediti, con la conseguenza che solo lo stesso può chiarire, proprio in quanto artefice della gestione, quale destinazione effettiva abbiano avuto i beni sociali. Siffatto onere dimostrativo presuppone, comunque, la prova dell’esistenza dei beni non rinvenuti dagli organi della curatela. Sul punto, si è affermato come siffatta esistenza (e consistenza) possa essere desunta, in via indiretta, anche dagli ultimi documenti attendibili, pur risalenti nel tempo, redatti prima di interrompere l’esatto adempimento degli obblighi di tenuta dei libri contabili (Sez. 5^, sentenza n. 6548 del 10/12/2018 -dep. 2019-, Rv. 275499).
  • La bancarotta cosiddetta “riparata” si configura, determinando l’insussistenza dell’elemento materiale del reato, quando la sottrazione dei beni venga annullata da un’attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento, così annullando il pregiudizio per i creditori, sicché è onere dell’amministratore, che si è reso responsabile di atti di distrazione e sul quale grava una posizione di garanzia rispetto al patrimonio sociale, provare l’esatta corrispondenza tra i versamenti compiuti e gli atti distrattivi precedentemente perpetrati (Sez. 5^, Sentenza n. 57759 del 24/11/2017, Rv. 271922).