La cassazione sezione 4 con la sentenza numero 6579 depositata il 16 febbraio 2023 ha ribadito che in tema di messa alla prova deve escludersi che durante il termine assegnato all’Uepe per predisporre il trattamento per la probation possa essere sospeso il decorso del termine della prescrizione, la prescrizione è sospesa soltanto dopo che l’imputato è ammesso alla probation.
La Suprema Corte è tornata ad occuparsi del decorso della prescrizione nella fase necessaria per l’elaborazione del programma da parte dell’Uepe, sappiamo che i tempi si sono dilatati ed è sempre più frequente che nei reati di guida in stato di ebbrezza si maturi la prescrizione nella fase di attesa del deposito del programma.
La cassazione nel caso esaminato ha ritenuto erronea la sospensione della prescrizione disposta dal giudice procedente al di fuori dell’ipotesi che la regolano (articolo 168-ter c.p.p.), in base alla quale, durante il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova (ossia a seguito dell’ammissione della probation, e non nella fase antecedente il provvedimento ammissivo) il corso della prescrizione del reato è sospeso.
Il punto è che mentre l’Uepe provvede il termine corre: la legge, infatti, prevede lo stop alla prescrizione soltanto dopo che l’imputato risulta ammesso alla probation e il procedimento è dunque sospeso.
Non è possibile fare ricorso analogicamente all’art. 159, comma 1, n. 3 c.p. ciò non solo per gli evidenti profili in malam partem connessi alla sospensione del corso del termine di prescrizione, ma anche perchè, non è il difensore dell’imputato a chiedere un rinvio del procedimento ma è lo stesso organo giudicante che rivolgendosi all’Uepe, dispone che lo stesso ufficio elabori il programma di trattamento necessario per l’ammissione alla messa alla prova.
Ricordiamo che inizialmente la legge 28 aprile 2014, n. 67 ha introdotto l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova (ora ampliato dalla Riforma Cartabia) attraverso la novellazione di quattro contesti normativi: – il codice penale, modificato dall’art.3, mediante l’inserzione degli artt. 168-bis, 168-ter, e 168-quater; – il codice di procedura penale nel quale l’art. 4 ha inserito le disposizioni dall’art. 464-bis all’art. 464-nonies; – le norme di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale nel quale sono inseriti gli artt. 141-bis e 141- ter; – il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti (d.p.r. 14 novembre 2002, n. 313).
Tale istituto soddisfa istanze special-preventive e risocializzatrici mediante l’incentivazione di comportamenti riparativi indirizzati alla persona offesa dal reato, presentando, al contempo, una componente afflittiva che ne salvaguardia la funzione punitiva.
Le finalità perseguite dal legislatore consistono nell’offerta di un percorso di reinserimento alternativo ai soggetti imputati di reati di minore allarme sociale, accompagnata da una funzione deflattiva che viene attuata, in caso di esito positivo della messa alla prova, con la declaratoria di estinzione del reato da parte del giudice.
Il procedimento di messa alla prova ha inizio con la proposizione della istanza da parte dell’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, che deve soddisfare i requisiti formali e sostanziali previsti dagli artt. 464-bis e segg. cod. proc. pen.
Ad essa va allegato un programma di trattamento elaborato d’intesa con l’Ufficio di esecuzione penale esterna che prevede: le modalità di coinvolgimento dell’imputato nonché del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale; le prescrizioni comportamentali e gli altri impegni specifici che l’imputato assume anche al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato, considerando a tal fine il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni.
Altro presupposto indefettibile è costituito dall’inserimento delle prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità o all’attività di volontariato di rilievo sociale che rappresentano il nucleo sanzionatorio dell’istituto.
La fase decisoria è disciplinata dall’art. 464 quater cod. proc. pen. che prevede che il giudice, verificata la mancanza dei presupposti per una pronuncia ex art. 129 cod. proc. pen., decide con ordinanza nel corso della stessa udienza, sentite le parti nonché la persona offesa, oppure in apposita udienza in camera di consiglio della cui fissazione è dato contestale avviso alle parti.
Il giudice, nel valutare l’idoneità del programma di trattamento presentato dal richiedente, è tenuto a compiere un vaglio di congruità sulla durata complessiva del lavoro di pubblica utilità applicando, in via analogica, gli indici di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez.6, n. 44646 dell’01/10/2019, Rv. 277216 Sez. 5, n. 48258 del 04/11/2018, Rv. 277551; Sez. 3, n. 55511 del 19/09/2017, Rv. 272066), e deve altresì ritenere che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati.
L’art. 168-ter cod. pen., introdotto dall’art. 3 della legge 28 aprile 2014, n. 67, stabilisce che durante il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova il corso della prescrizione del reato è sospeso.
Il momento iniziale della sospensione del corso della prescrizione viene, dunque, a coincidere con la pronuncia dell’ordinanza ad opera del giudice ai sensi dell’art. 464 quater cod. proc. pen. mentre quello finale è rappresentato dalla pronuncia della sentenza dichiarativa di estinzione del reato a norma dell’art. 464 septies cod. proc. pen. oppure dalla emissione della ordinanza che dichiari l’esito negativo della messa alla prova e disponga la ripresa del processo a norma dell’art. 464 septies, comma 2, cod. proc. pen. o, ancora, a seguito del provvedimento di revoca ex art. 464-octies e 141-ter disp. att. cod. proc. pen.
Nel caso in cui l’imputato non abbia avuto la possibilità di allegare, all’istanza di cui all’art. 464 bis cod. proc. pen., il programma di trattamento deve comunque comprovare l’invio della richiesta della relativa elaborazione all’Ufficio per l’esecuzione penale esterna e, in tal caso, il giudice dovrà differire l’udienza non avendo gli elementi necessari per decidere sulla richiesta.
Orbene, tenuto conto del predetto quadro normativo, ricordiamo che, poiché le cause di sospensione della prescrizione sono di stretta interpretazione, nel caso di concomitante presenza di due fatti legittimanti il rinvio del dibattimento, l’una riferibile all’imputato o al difensore, l’altra al giudice, la predominante valenza di quest’ultima preclude l’operatività del disposto di tale disposizione e la conseguente sospensione del corso della prescrizione (Sez. 5 n. 36990 del 24/06/2019, Rv. 277533).
