La cassazione è granitica nel ritenere che in tema di riesame, l’omesso deposito del cosiddetto “brogliaccio” di ascolto e dei “files” audio delle registrazioni di conversazioni oggetto di intercettazione non è sanzionato da nullità o inutilizzabilità, dovendosi ritenere sufficiente la trasmissione, da parte del P.M., di una documentazione anche sommaria ed informale, che dia conto sinteticamente del contenuto delle conversazioni riferite negli atti della polizia giudiziaria, fatto salvo l’obbligo del Tribunale di fornire congrua motivazione in ordine alle difformità specificamente indicate dalla parte fra i testi delle conversazioni telefoniche richiamati negli atti e quelli risultanti dall’ascolto in forma privata dei relativi “files” audio (Cass. Sez. 1 sent. n. 45199/2022, Cass. Sez. 6 sent. n. 32829/2022, Cass. sez. 6, sent. n. 22570 dell’11/04/2017 – dep. 09/05/2017 – Rv. 270036).
La Suprema Corte ricorda che “la fonte di prova non è costituita dalle trascrizioni delle conversazioni ma dalle registrazioni stesse, la cui esistenza non risulta specificamente contestata dal ricorrente il quale si è limitato a porre a fondamento della censura la tesi, destituita di fondamento giuridico, in forza della quale l’assenza delle trascrizioni renderebbe prive di valore indiziario le conversazioni captate ed ascoltate dalla Polizia Giudiziaria” (Cass. Sez. 6 n. 32829/2022 cit.).
Va, infatti, considerato che, ai sensi dell’art. 291 cod. proc. pen., unitamente alla richiesta cautelare vanno depositati gli elementi su cui questa si fonda e, per quel che rileva, i verbali di cui all’art. 268, comma 2, cod. proc. pen. limitatamente alle comunicazioni e conversazioni rilevanti, e comunque conferiti nell’archivio di cui all’articolo 269.
Nella fattispecie in esame, il ricorrente si è limitato a censurare l’omesso deposito dei relativi “brogliacci“.
Nessuna specifica censura è stata, invece, dedotta in relazione al conferimento delle registrazioni nell’apposito archivio di cui all’art. 269 cod. proc. pen., né alla violazione dei diritti di esame, copia e trasposizione su idoneo supporto, riconosciuti dall’art. 293, comma 3, cod. proc. pen., come modificato per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 1997, né, infine, alla eventuale difformità tra il contenuto delle registrazioni e quello riportato nell’ordinanza impugnata.
In assenza di tali specifiche censure, poiché ciò che rileva ai fini del pieno esercizio dei diritti di difesa è la possibilità di esame diretto e di estrarre copia del contenuto delle conversazioni poste a fondamento dell’ordinanza cautelare, va ribadito che, in tema di riesame, l’omesso deposito del cosiddetto “brogliaccio” di ascolto e dei “files” audio delle registrazioni di conversazioni oggetto di intercettazione non è sanzionato da nullità o inutilizzabilità.
Quindi la difesa è onerata di procedere, nei tempi contingentati del riesame, all’ascolto delle intercettazioni (alle volte migliaia e migliaia) per verificare incongruenze o errori di ascolto da indicare specificamente negli atti difensivi davanti al tribunale della Libertà.
Impresa non di poco conto.
