Bancarotta fraudolenta e bancarotta impropria: discrimine tra le due fattispecie (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 5991 depositata il 13 febbraio 2023 ha ricordato che i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale (artt. 216 e 223, comma primo, L.F.) e quello di bancarotta impropria di cui all’art. 223 comma secondo, n. 2, L.F. hanno ambiti diversi: il primo postula il compimento di atti di distrazione o dissipazione di beni societari ovvero di occultamento, distruzione o tenuta di libri e scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione delle vicende societarie, atti tali da creare pericolo per le ragioni creditorie, a prescindere dalla circostanza che abbiano prodotto il fallimento, essendo sufficiente che questo sia effettivamente intervenuto; il secondo concerne, invece, condotte dolose che non costituiscono distrazione o dissipazione di attività – né si risolvono in un pregiudizio per le verifiche concernenti il patrimonio sociale da operarsi tramite le scritture contabili – ma che devono porsi in nesso eziologico con il fallimento.

Fatto

La Corte di merito aveva affermato come la cessione dell’intera azienda avesse depauperato il patrimonio della società fallita, poiché, ceduta la stessa, l’attività non era più potuta proseguire, così determinandone il dissesto.

Solo che tale connessione causale descrive piuttosto un’ipotesi di bancarotta impropria, punita ai sensi dell’art. 223, comma 2 n. 2, legge fall., piuttosto che un fatto di bancarotta fraudolenta patrimoniale.

Per configurarsi, infatti, la diversa condotta contestata, la bancarotta patrimoniale, si sarebbe dovuto affermare che l’atto di cessione dell’azienda in sé aveva determinato un depauperamento del patrimonio sociale senza un adeguato corrispettivo.

Si sarebbe dovuto così accertare che il corrispettivo versato fosse talmente incongruo da determinare un intollerabile sacrificio del patrimonio della cedente, anche, eventualmente, considerando che i debiti fiscali, derivati dall’attività dell’azienda ceduta (e non, in ipotesi, aliunde generati), non sarebbero stati, come parrebbe dal contratto di cessione, anch’essi ceduti.

Di tali verifiche, invece, vi è traccia solo generica nella sentenza impugnata, proprio perché si preferito insistere sullo “svuotamento” della fallita, a seguito della cessione di azienda che però, nei termini descritti (la mera impossibilità di continuare l’attività economica della fallita piuttosto che l’incongruità del corrispettivo), configura diversa fattispecie di reato, la bancarotta impropria per avere cagionato il dissesto, andandosi ad aggiungere a quanto già ascritto al prevenuto nel reato contestatogli al capo 2 della rubrica.

Decisione

Si è infatti già avuto modo di precisare che i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale (artt. 216 e 223, comma primo, L.F.) e quello di bancarotta impropria di cui all’art. 223 comma secondo, n. 2, L.F. hanno ambiti diversi: il primo postula il compimento di atti di distrazione o dissipazione di beni societari ovvero di occultamento, distruzione o tenuta di libri e scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione delle vicende societarie, atti tali da creare pericolo per le ragioni creditorie, a prescindere dalla circostanza che abbiano prodotto il fallimento, essendo sufficiente che questo sia effettivamente intervenuto; il secondo concerne, invece, condotte dolose che non costituiscono distrazione o dissipazione di attività – né si risolvono in un pregiudizio per le verifiche concernenti il patrimonio sociale da operarsi tramite le scritture contabili – ma che devono porsi in nesso eziologico con il fallimento.

Ne consegue che, in relazione ai suddetti reati, mentre è da escludere il concorso formale è, invece, possibile il concorso materiale qualora, oltre ad azioni ricomprese nello specifico schema della bancarotta ex art. 216 L.F., si siano verificati differenti ed autonomi comportamenti dolosi i quali  concretandosi in abuso o infedeltà nell’esercizio della carica ricoperta o in un atto intrinsecamente pericoloso per l’andamento economico finanziario della società – siano stati causa del fallimento (Sez. 5, n. 533 del 14/10/2016, dep. 2017, Rv. 269019)

Né vale citare, per fondare in diritto il ragionamento della Corte d’appello, la sentenza Sez. 5, n. 29187 del 27/05/2021, Rv. 281818 posto che, in essa, si è certo affermato che integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la scissione di una società, successivamente dichiarata fallita, attuata mediante conferimento delle attività produttive economicamente più rilevanti, qualora tale operazione, in sé astrattamente lecita, alla luce della effettiva situazione debitoria della società scissa, rechi consapevole danno al patrimonio aziendale ed alla capacità di soddisfare le ragioni del ceto creditorio nella prospettiva della procedura concorsuale, ma lo si è fatto in una concreta fattispecie in cui si erano ceduti rami di azienda “in assenza di corrispettivo o trasferimento di posizioni debitorie” e, quindi, senza un adeguato nesso sinallagmatico (dell’atto di cessione in sé considerato).

Sul punto pertanto la sentenza impugnata deve essere annullata per difetto di motivazione.