La prova scientifica e il suo statuto nell’attuale giurisprudenza di legittimità (di Vincenzo Giglio)

La recentissima decisione che si commenta offre l’opportunità di dare uno sguardo allo stato dell’arte giurisprudenziale in tema di prova scientifica.

È tale la prova che, partendo da un fatto conosciuto, utilizza una legge della scienza per arrivare alla dimostrazione di un fatto da provare.

Così si legge – e si tratta di affermazioni condivisibili – nel vocabolario Treccani: “Il contraddittorio su questo genere di prova verte sull’individuazione della legge scientifica cui si deve far ricorso, sul modo con il quale deve essere usata e sui fatti specifici ai quali va applicata. Va sottolineato che, accanto a leggi scientifiche universali, che permettono di pervenire a giudizi di certezza, ve ne sono molte altre che conducono a una valutazione di più o meno elevata probabilità statistica. Anche queste sono adoperate nel processo penale, per es. per l’accertamento della responsabilità del medico. Il confronto dialettico tra le argomentazioni del perito e quelle dei consulenti permette di verificare, nelle circostanze concrete, la validità della regola tecnica richiamata. La valutazione della p. s. presenta due pericoli opposti. Da una parte, il giudice potrebbe sottrarsi alla sua funzione tipica, rimettendosi integralmente alle determinazioni del perito; dall’altra, potrebbe ignorare gli accertamenti tecnici, pretendendo di esprimere giudizi risolutivi in materie in cui non ha conoscenze specialistiche. Come avviene per l’apprezzamento delle altre prove, invece, il giudice deve applicare il modello della motivazione legale e razionale accolto dal processo penale“.

Fatto

In entrambi i gradi di merito AA viene riconosciuto responsabile, nella qualità di dirigente dell’Italsider, di omicidio colposo plurimo in danno di sei lavoratori esposti per anni al contatto con fibre di amianto e ammalatisi di mesotelioma pleurico che li ha portati alla morte.

L’imputato ricorre per cassazione contro la sentenza di secondo grado e i giudici di legittimità l’annullano con rinvio.

In nuova composizione la corte territoriale conferma la condanna e AA ricorre nuovamente per cassazione.

Decisione della Corte di cassazione

Il ricorso è stato trattato e deciso, nel senso del rigetto (fatta eccezione per la constatazione della prescrizione di taluni reati che ha provocato il relativo annullamento senza rinvio), dalla terza sezione penale con la sentenza n. 382/2023 (udienza del 15 dicembre 2022).

L’oggetto centrale del ricorso era costituito dalle censure difensive rivolte alla metodica di accertamento della validità della teoria scientifica sulla cui base era stato edificato il nesso causale tra la condotta omissiva del ricorrente, l’esposizione delle vittime al contatto con l’amianto e l’insorgenza della malattia asbesto-correlata (il mesotelioma pleurico) che ne ha provocato la morte.

Chiarito il contesto, è possibile adesso il confronto con la decisione del collegio di legittimità di cui si propongono ampi passaggi testuali, così da coglierne il percorso argomentativo e la visione di cui è espressione.

…Riassunzione del contenuto della decisione impugnata

La sentenza [il riferimento è ovviamente alla decisione impugnata, NDA] – ancora in ottemperanza al contenuto della pronuncia rescindente – ha poi verificato questa tesi alla luce dei criteri di attendibilità scientifica fissati dalla giurisprudenza di questa Corte, a muover dalla sentenza Cozzini (Sez. 4, n. 43786 del 17/9/2010, Rv. 248943). Con questa pronuncia, in particolare, si è affermato che “per valutare l’attendibilità di una teoria occorre esaminare gli studi che la sorreggono. Le basi fattuali sui quali essi sono condotti. L’ampiezza, la rigorosità, l’oggettività della ricerca. Il grado di sostegno che i fatti accordano alla tesi. La discussione critica che ha accompagnato l’elaborazione dello studio, focalizzata sia sui fatti che mettono in discussione l’ipotesi sia sulle diverse opinioni che nel corso della discussione si sono formate. L’attitudine esplicativa dell’elaborazione teorica. Ancora, rileva il grado di consenso che la tesi raccoglie nella comunità scientifica. Infine, dal punto di vista del giudice, che risolve casi ed esamina conflitti aspri, è di preminente rilievo l’identità, l’autorità indiscussa, l’indipendenza del soggetto che gestisce la ricerca, le finalità per le quali si muove“. Si è, poi, aggiunto che “il primo e più indiscusso strumento per determinare il grado di affidabilità delle informazioni scientifiche che vengono utilizzate nel processo è costituito dall’apprezzamento in ordine alla qualificazione professionale ed all’indipendenza di giudizio dell’esperto” (successivamente, tra le altre, Sez. 4. n. 44943 dell’8/7/2021, Rv. 282717).

Ebbene, proprio con riguardo a questi criteri, la Corte di appello ha sottolineato: 1) la “certa risonanza internazionale” degli studi citati, che avevano individuato formule poi solo “messe in ordine” dal perito; 2) la conferma che il principio della dose cumulativa aveva trovato riscontro a livello nazionale, nella Seconda e Terza Consensus Conference organizzate dalla Associazione Italiana di Oncologia Medica (“massima espressione dell’oncologia medica in Italia”), ossia nei contesti che riassumono, in un certo momento storico, i risultati raggiunti dal consesso degli scienziati che vi partecipano, conseguente ad un’analisi dei problemi e delle soluzioni proposte, come riportate in autorevoli pubblicazioni scientifiche, formulando, per l’appunto, il “consenso” raggiunto; 3) il fatto che il prof. P. [è il consulente della difesa, NDA] si era isolatamente dissociato da queste conclusioni “per un profondo dissenso sulla questione della c.d. dose cumulativa, ma anche per questioni forse meno nobili legate alla mancata valorizzazione nelle Consensus Conference di lavori della propria scuola accademica”.

Con maggior precisione, la sentenza di appello ha evidenziato che tali consessi scientifici “si erano espressi sulla relazione dose-risposta, privilegiando  chiaramente la teoria della dose cumulativa rispetto a quella della dose grilletto, di cui era stato escluso il fondamento scientifico”. Questa conclusione – ha ancora sottolineato la Corte di appello – si riversava poi, evidentemente, sulla causalità della condotta del soggetto detentore della posizione di garanzia, essendo nel secondo caso (cd. trigger dose) rilevante solo il contributo di colui cui compete la prevenzione nel momento dell’assunzione dell’unica dose considerata fatale, in quanto autonomamente innescante la patologia; nel primo caso, invece, rilevando la condotta di tutti i soggetti succedutisi nel periodo dell’esposizione quantomeno sino al termine della fase di induzione, essendo tutte le esposizioni successive alla prima aggressione cellulare concausa dell’evento.

Ancora in punto di attendibilità della tesi proposta, la sentenza ha poi rilevato che il perito era studioso di “indiscutibile autorevolezza quantomeno a livello nazionale”; che lo stesso professionista era dotato di assoluta indipendenza di giudizio, poiché attualmente in quiescenza, senza peraltro aver mai mostrato, neppure in passato, interessi confliggenti con un approccio scientifico obbiettivo; che la tesi sostenuta “soddisfa anche la logica, apparendo decisamente più convincente che esposizioni reiterate e continuative all’amianto accrescano il rischio di contrarre il mesotelioma fino a quando ulteriori esposizioni appaiono ormai neutre.” Fino a concludere, dunque, che la tesi della dose cumulativa “soddisfa tutti o gran parte dei criteri indicati dal Supremo Collegio”, sopra riportati.

Così richiamata per punti la sentenza impugnata, questa Corte rileva che il vizio motivazionale denunciato – nei termini dell’apparenza e della manifesta illogicità – non è, in realtà, ravvisabile“.

…Condivisione della decisione impugnata

Il Giudice di appello, infatti, si è adeguatamente conformato alle prescrizioni contenute nella sentenza rescindente ed ha, in primo luogo, citato in modo ampio le posizioni scientifiche del prof. P., critico già con riguardo alla tematica della cd. dose cumulativa; queste posizioni dissonanti sono state poi superate con un argomento non manifestamente illogico, in favore della teoria sostenuta dal prof. M. [è il perito d’ufficio, NDA] (che ha fatto propri gli studi già richiamati e le  Consensus Conference citate), sul presupposto che il primo si sarebbe limitato a contestare le conclusioni dell’altro, senza offrire soluzioni alternative. Si tratta, all’evidenza, di una valutazione in fatto, criticata nel ricorso ma che questa Corte non è ammessa a sindacare, specie mediante la lettura dell’esame del consulente e del confronto con il perito (le cui trascrizioni sono allegate all’atto).

A ciò si aggiunga che il giudice, nell’individuare la legge scientifica di copertura da porre a base del ragionamento inferenziale, può discostarsi dalle conclusioni raggiunte da una “conferenza di consenso”, che segna il grado di convergenza della comunità scientifica in un dato momento storico, solo mediante un’approfondita analisi degli studi e delle basi fattuali su cui si fonda la tesi dell’accordo, l’indipendenza dei soggetti che hanno contribuito alla ricerca e l’eventuale diffusa condivisione scientifica susseguente alla sua enunciazione (Sez. 4, n. 44943 del 2021, cit., con cui la Corte ha ritenuto insufficiente a smentire le conclusioni raggiunte da una conferenza di consenso, che ha validato la tesi della “dose correlata” quale causa di insorgenza del mesotelioma pleurico, la formulazione di una isolata opinione difforme, espressa all’interno del consesso da uno dei suoi partecipanti, che ricollegava l’innesco irreversibile della malattia alla inalazione in un determinato momento della “trigger dose”, quantità non definibile di fibra di asbesto, ricollegando solo un effetto acceleratore alla successiva esposizione alle polveri nocive). Ebbene, il ricorso non sostiene affatto di aver sottoposto alla Corte di appello elementi in tal senso, a validazione della tesi sostenuta dal prof. P., né che questi siano comunque emersi, ma si limita a ribadire in sé le posizioni del consulente, già adeguatamente valutate dalla Corte di merito nel raffronto con le altre, di differente tenore.

Ancora con riguardo alla teoria ritenuta affidabile, peraltro, non può trovare accoglimento neppure l’affermazione – espressamente indicata nel ricorso – secondo la quale la Corte di appello avrebbe voluto comunque individuare una legge di copertura nel rapporto tra esposizione all’amianto e mesotelioma pleurico, pur in un contesto scientifico ancora pacificamente incerto e del tutto privo di apporti condivisi; in senso contrario, infatti, con la motivazione impugnata la sentenza ha dimostrato di non voler accogliere in ogni caso una tesi che affermasse l’esistenza di una legge di copertura, quand’anche incerta, ma ha individuato la legge medesima con un argomento rigoroso, rilevando ed argomentando la maggiore affidabilità scientifica degli studi che sono giunti a sostenere la natura dose-correlata della malattia in esame, così da concludere per un giudizio di responsabilità penale.

D’altronde, ed ancora in tema di attendibilità della teoria oggetto di censura, occorre ribadire – con la sentenza rescindente n. 45935/2019 – che il giudice, quale peritus peritorum, è tenuto a verificare, per l’appunto, l’attendibilità della teoria avanzata rispetto alle altre emerse dagli atti, non avendo egli l’autorità – né la competenza – per assegnare patenti di fondatezza scientifica all’una o all’altra, né tantomeno per creare lui stesso una legge scientifica; ebbene, una tale valutazione di attendibilità della tesi sostenuta dal M. (mancante nella prima decisione di appello) è stata compiuta dalla Corte in sede di rinvio, nei termini appena richiamati, facendo adeguata applicazione dei criteri della sentenza “Cozzini”, affermati già in sede rescindente e ritenuti qui riscontrati in misura adeguata e con solido argomento in fatto, proprio della sola fase di cognizione e che a questo Collegio non è consentito censurare. Senza alcuna necessità, dunque, di nominare un collegio di periti, come sollecitato dal ricorso, dato che la sentenza non risulta affatto aver scelto “la soluzione che ha ritenuto più comoda e che, a differenza di quanto sostenuto, non gode dell’ampio consenso che le si vuole attribuire”.

A queste considerazioni si aggiunga poi, ancora in tema di causalità alternativa, che la citata pronuncia “Cozzini” afferma con chiarezza che il ragionamento esplicativo che riconduce l’evento ad uno piuttosto che ad un altro fattore eziologico risulta concludente quando è possibile attribuire, sulla base di affidabili informazioni scientifiche, rilevanza causale al fattore considerato; e non vi sono elementi concreti che consentano di ipotizzare plausibilmente, ragionevolmente, la riconducibilità dell’evento stesso ad un distinto fattore oncogeno“.

…Qualificazione del ricorso in termini di genericità

Ebbene, proprio a quest’ultimo riguardo, oggetto di censura, il ricorso di AA risulta generico, non indicando neppure un elemento – eventualmente provato, offerto ai Giudici di merito e non valutato – che consentisse di sostenere che i decessi dei singoli lavoratori fossero, in realtà, da attribuire a cause differenti dalla inalazione di fibre di amianto, con un giudizio di attendibilità scientifica tale anche solo da consentirne un raffronto con la tesi accolta dal Tribunale e dalla Corte di appello. La censura sollevata, in particolare, si limita a lamentare il totale difetto di motivazione con riguardo non già all’esistenza di specifici fattori causali alternativi, di cui l’istruttoria avrebbe dato conto, ma alla possibile esistenza di astratti fattori causali alternativi, neppure ipotizzati (con riferimento alle varie persone offese) in alcun termine, fattuale o scientifico. D’altronde, affermare – come si legge nel ricorso – che neppure il perito M. avrebbe escluso “in termini assoluti decorsi causali alternativi” comporta, per un verso, l’introduzione di un elemento di merito che questa Corte non è ammessa a verificare, e, per altro verso, la prospettazione di un elemento talmente congetturale (oltre che privo di ogni individuazione e riscontro) da non potersi confrontare con la tesi scientifica accolta dalla sentenza in oggetto“.

…Principio di diritto

Deve essere qui confermato, dunque, il principio in forza del quale in tema di rapporto di causalità tra esposizione ad amianto e morte del lavoratore, in mancanza di una legge scientifica di copertura universale, la legge di copertura statistica in base alla quale taluni eventi possono essere ricondotti, con elevata probabilità, a determinati antecedenti causali, rappresenta un grave indizio a sostegno del nesso eziologico, la cui rilevanza è rapportata alla significatività dei dati e alla persuasività degli studi su cui si fonda e la cui ricorrenza va verificata dal giudice nel caso concreto, mediante l’esclusione, con alta probabilità logica, dell’esistenza di fattori causali alternativi (tra le altre, Sez. 3, n. 32860 del 7/4/2021, Rv. 282081); ebbene, proprio in questi termini si è espressa la sentenza impugnata, valorizzando con adeguato argomento la legge di copertura scientifica individuata, ampiamente motivata, anche in ragione dell’assenza di fattori eziologici alternativi, dei quali l’istruttoria – si ribadisce – non ha espresso alcun segno, per quanto si ricava dallo stesso ricorso in esame“.