Benefici di legge: devono essere espressamente richiesti dalla parte interessata altrimenti la Corte di appello può non applicarli (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 3 con la sentenza numero 3299 depositata il 25 gennaio 2023 ha ricordato che  il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare di ufficio i benefici di legge ovvero una o più circostanze attenuanti, non accompagnato da alcuna motivazione, non può costituire motivo di ricorso per cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, se l’effettivo espletamento del medesimo potere-dovere non sia stato sollecitato da una delle parti, almeno in sede di conclusioni nel giudizio di appello.

Fatto

Con sentenza in data 6.6.2022 della Corte di Appello di Napoli ha confermato la penale responsabilità di N.L in relazione alla condotta di detenzione finalizzata allo spaccio, ma ha tuttavia a parziale modifica della pronuncia resa all’esito del primo grado di giudizio, riqualificato il fatto nella fattispecie di lieve entità ai sensi dell’art. 73 quinto comma d.P.R. 309/1990 e per l’effetto ridotto la pena ad un anno di reclusione ed euro 1.200 di multa.

Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione deducendo il vizio di violazione di legge e il vizio motivazionale per avere la Corte di appello, nel riqualificare il fatto in accoglimento del proprio motivo di gravame ai sensi dell’art. 73 quinto comma d.P.R.309/1990, omesso di provvedere alla sospensione condizionale della pena, quantunque la riduzione del trattamento sanzionatorio ad un anno di reclusione ed euro 1.200 di multa e la condizione di incensuratezza di cui dà conto la stessa sentenza impugnata consentisse a pieno titolo il riconoscimento del beneficio.

La difesa evidenzia come ai sensi dell’art. 597 cod. proc. pen. il giudice del gravame possa anche di ufficio applicare la sospensione condizionale della pena e come in ogni caso sia tenuto a motivare sul punto quando vi sia stata specifica richiesta della difesa che nella specie aveva invocato con l’atto di appello la rideterminazione della pena nel minimo edittale, locuzione nella quale doveva ritenersi implicita l’applicazione del beneficio, e che comunque aveva formulato la relativa istanza nella discussione finale.

Decisione

La Suprema Corte rileva che il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare di ufficio i benefici di legge ovvero una o più circostanze attenuanti, non accompagnato da alcuna motivazione, non può costituire motivo di ricorso per cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, se l’effettivo espletamento del medesimo potere-dovere non sia stato sollecitato da una delle parti, almeno in sede di conclusioni nel giudizio di appello (Sez. 4, n. 29538 del 28/05/2019 – dep. 08/07/2019, Rv. 276596 in una fattispecie in cui con la sentenza di condanna emessa in riforma di sentenza assolutoria di primo grado non era stata concessa la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e non era stata applicata la circostanza attenuante del risarcimento del danno).

Invero, sulla scorta del principio generale affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n.22533/2018, occorre ribadire che “la peculiarità della deroga prevista dall’art. 597, comma 5, cod. proc. pen. al principio devolutivo enunciato dal comma 1 dello stesso articolo risiede proprio nella sua eccezionalità, la quale si coniuga con la discrezionalità del giudice nell’ordinare i benefici previsti dagli artt. 163, 164 e 175 cod. pen. ovvero con lo scrutinio di merito postulato dal riconoscimento di nuove circostanze attenuanti – comuni, generiche, ad effetto speciale (artt. 62, 62-bis e 63, terzo comma, cod. pen.) – con eventuale giudizio di comparazione” e non, come in altre ipotesi, imposte dal rilievo ordinamentale e inderogabile delle norme da osservare, di talchè il mancato esercizio (con esito positivo o negativo) del potere dovere del giudice di appello di applicare di ufficio i benefici di legge, non accompagnato da alcuna motivazione che renda ragione di tale “non decisione”, non può costituire motivo di ricorso per cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, se l’effettivo espletamento del medesimo potere-dovere non sia stato sollecitato da una delle parti (Sez. U. n. 22533 del 25/10/2018, dep. il 22/05/2019, Rv. 275376).

Ne consegue che, in difetto di alcuna richiesta da parte della difesa della sospensione condizionale della pena, certamente non inclusa nel contenimento nel minimo edittale invocato con l’atto di appello trattandosi di istanza limitata alla quantificazione del trattamento sanzionatorio, né esplicitata in sede di discussione innanzi alla Corte territoriale, non contenendone il verbale di udienza alcuna traccia, la sentenza impugnata non possa ritenersi passibile di alcuna censura.