
La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 2597 depositata il 20 gennaio 2023 ha stabilito che il reato di cessione di sostanze stupefacenti è configurabile anche in relazione a dosi inferiori a quella media singola di cui al D.M. 11 aprile 2006, con esclusione soltanto di quelle condotte afferenti a quantitativi di stupefacente talmente tenui da non poter indurre, neppure in maniera trascurabile, la modificazione dell’assetto neuropsichico dell’utilizzatore.
La Suprema Corte ha ricordato che nell’analisi chimica, presente agli atti, si afferma, che una dose tipica è pari a circa 100-250 mg, dal che è stata ritenuta la capacità drogante della sostanza rinvenuta.
Il fatto che non sia stata accertata la quantità di principio attivo costituente la dose singola non è dirimente, posto che il reato di cessione di sostanze stupefacenti è configurabile anche in relazione a dosi inferiori a quella media singola di cui al D.M. 11 aprile 2006, con esclusione soltanto di quelle condotte afferenti a quantitativi di stupefacente talmente tenui da non poter indurre, neppure in maniera trascurabile, la modificazione dell’assetto neuropsichico dell’utilizzatore (Sez.6, n. 51600 del 11/12/2019, Rv. 277574).
In una recente sentenza adottata in materia le Sezioni Unite hanno stabilito che, in tema di stupefacenti, la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa L., quali foglie, inflorescenze, olio e resina, integrano il reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7, legge n. 242 del 2016, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività (Sez. U, n. 30475 del 30/05/2019, Castignani, Rv. 275956).
Alla luce di tale principio di diritto – che, pur riguardando la peculiare fattispecie nella quale si era posto il problema di qualificare le condotte come lecite in base alla suddetta legge n. 242 del 2016, che autorizza la coltivazione di particolari tipi di canapa per le finalità indicate dalla stessa legge – è possibile rilevare come sia stato ribadito così un criterio interpretativo di carattere più generale, rienunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, nella valutazione della rilevanza penale delle condotte aventi ad oggetto stupefacenti, occorre sempre verificare, nel rispetto del principio di offensività, che in concreto la sostanza oggetto di cessione abbia una reale efficacia drogante, vale a dire una effettiva attitudine a produrre effetti psicotropi.
In tale ottica, pure richiamato quanto già sottolineato dalle Sezioni Unite, per le quali ai fini della configurabilità del reato di cui al citato art. 73 non rileva il superamento della dose media giornaliera ma la circostanza che la sostanza ceduta abbia effetto drogante per la singola assunzione dello stupefacente (Sez. U, n. 47472 del 29/11/2007, Di Rocco, Rv. 237856; e, in senso conforme, con riferimento alla coltivazione domestica, Sez. U, n. 28605 del 24/04/2008, Di Salvia, Rv. 239920), si è sostenuto che, nell’ambito delle condotte di cessione di sostanze stupefacenti, rilevanti ai sensi dell’art. 73, d.P.R. cit., ciò che occorre verificare non è solo la percentuale di principio attivo contenuto nella sostanza ceduta, bensì l’idoneità della medesima sostanza a produrre, in concreto, un effetto drogante (in questo senso Sez. 4, n. 4324 del 27/10/2015, dep. 2016, Rv. 265976): con la conseguenza che il reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 è configurabile anche in relazione a dosi inferiori a quella media singola di cui al D.M. 11 aprile 2006, con esclusione però di quelle condotte afferenti a quantitativi di sostanze stupefacenti talmente minimi da non poter modificare, neppure in maniera trascurabile, l’assetto neuropsichico dell’utilizzatore (Sez. 3, n. 47670 del 09/10/2014, Rv. 261160).
Infine, occorre ribadire che la nozione di sostanza stupefacente ha natura legale, nel senso che sono soggette alla normativa che ne vieta la circolazione solo le sostanze indicate nelle tabelle allegate al T.U. sugli stupefacenti (Sez. U, n. 29316 del 26/2/2015, De Costanzo, Rv. 264263).
La sostanza sequestrata rientra sicuramente nella tabella I allegata al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sicché non può dubitarsi della sua idoneità a produrre alterazioni psicomotorie, né gli elementi acquisiti sulla base dell’analisi chimica inducono a ritenere – sia pur sulla base della regola del ragionevole dubbio – che la sostanza fosse in concreto priva di efficacia drogante.

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