Divieto di reformatio in pejus: la Cassazione ne definisce i confini di operatività (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., sez. 6^, sentenza n. 46935/2022 (udienza del 3 novembre 2022) offre una precisa ed apprezzabile ricognizione dei confini di operatività del divieto di reformatio in pejus nel caso in cui l’impugnazione sia stata proposta solo dall’imputato.

Nella vicenda giudiziaria sottostante al ricorso il giudice di appello, benché la recidiva infraquinquennale contestata non fosse stata riconosciuta in primo grado e la sentenza fosse stata appellata solo dall’imputato, l’aveva ugualmente applicata e ritenuta equivalente nel giudizio di comparazione con le circostanze attenuanti generiche.

Il collegio decidente ha ricordato in proposito che il divieto di “reformatio in peius” non riguarda solo l’entità complessiva della pena (Sez. U, n. 40910 del 27/09/2005, William Morales, Rv. 232066; Sez. 6, n. 41388 del 08/10/2009, Rv. 245018, con riferimento ad un aumento operato a titolo di recidiva; Sez. 2, n. 42403 del 22/09/2016, Rv. 267970, con riferimento ad un aumento operato a titolo di continuazione), ma tutti gli elementi che concorrono alla sua determinazione, con la conseguenza che, in caso di impugnazione proposta dal solo imputato, viola il divieto di cui all’art. 597, comma 4, cod. proc. pen., il giudice di appello che, nel rideterminare la pena, pur complessivamente diminuendola, ne operi un diverso computo tenendo conto della contestata recidiva, nonostante la stessa fosse stata esclusa dal giudice di primo grado.

Ne consegue che il giudice d’appello non può rideterminare la pena sulla base di una componente del quadro sanzionatorio – nel caso di specie la recidiva – che non era stata sotto alcun profilo riconosciuta ed applicata dal giudice di primo grado, a nulla rilevando, in contrario, che la pena complessiva risulti determinata in misura inferiore a quella irrogata all’esito del primo giudizio.

Massima

Il divieto di “reformatio in peius” riguarda non solo l’entità complessiva della pena ma anche tutti gli elementi che concorrono alla sua determinazione, con la conseguenza che, in caso di impugnazione proposta dal solo imputato, viola il divieto di cui all’art. 597, comma 4, c.p.p., il giudice di appello che, nel rideterminare la pena, pur complessivamente diminuendola, ne operi un diverso computo tenendo conto della contestata recidiva, nonostante la stessa fosse stata esclusa dal giudice di primo grado (fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto errata la sentenza di secondo grado poiché la contestata recidiva infraquinquennale, pur non riconosciuta in primo grado, era stata applicata nel giudizio di appello e ritenuta equivalente ai fini del giudizio di comparazione con le circostanze attenuanti generiche, sia pure pervenendo ad una pena finale inferiore a quella irrogata in primo grado).