
Tale VG ha chiesto la rimessione del processo in cui è imputato per una ragione davvero insolita.
Sebbene si trattasse di una vicenda priva di qualsiasi profilo d’urgenza, quindici mesi sono bastati per celebrare l’udienza preliminare ed entrambi i gradi di merito.
Tanto è bastato per indurlo a sospettare qualcosa di poco chiaro.
La questione è finita all’attenzione della Corte di cassazione ed è stata assegnata alla settima sezione penale, il che, come i lettori sanno e per dirla in modo letterario, equivale alla cronaca di una morte annunciata.
Il provvedimento di cui si parla è l’ordinanza n. 340/2023 (udienza del 19 dicembre 2022).
Il collegio ritiene sufficiente richiamare i sacri principi:
“l’istituto della rimessione ha carattere eccezionale perché deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge e quindi richiede un’interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo regolano, in esse comprese quelle che stabiliscono i presupposti per la translatio iudicii, con la conseguenza che, da un lato, per «gravi situazioni locali» devono intendersi fenomeni esterni alla dialettica processuale, riguardanti l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretati se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del giudice o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo e, dall’altro, che i «motivi di legittimo sospetto» possono configurarsi solo come conseguenza di questa grave situazione locale (Sez. 3, n. 23962 del 12/05/2015, Rv. 263952).
Pertanto, non ricorrono gli estremi per la rimessione del processo quando – come nella fattispecie – l’istante si limiti a prospettare soltanto un possibile rischio di turbamento della libertà valutativa e decisoria del giudice, fondato su illazioni o sull’adduzione di timori o sospetti, non espressi da fatti oggettivi né muniti di intrinseca capacità dimostrativa, senza indicare una situazione locale di una tale gravità e dotata di una oggettiva rilevanza da coinvolgere l’ordine processuale dell’ufficio giudiziario di cui sia espressione il giudice procedente (Sez. 3, n. 24050 del 18/12/2017, dep. 2018, Rv. 273115; Sez. 6, n. 22113 del 06/05/2013, Rv. 255375).
Nel caso in esame il ricorrente espone alcune circostanze vaghe e indeterminate, suscettibili di interpretazione non univoca, riferite a condizioni che consentono tutele nell’ambito dello stesso procedimento e comunque non tali da configurare una grave situazione locale idonea a turbare lo svolgimento del processo“.
Esito ampiamente prevedibile: inammissibilità del ricorso.
Non è di esso che vale la pena discutere, tuttavia, ma delle ragioni su cui era fondato il ricorso.
Concludere in poco più di un anno l’intera fase di merito di un processo è, se vogliamo, un’operazione meritoria.
Così dovrebbe essere sempre e se così fosse sempre non saremmo costantemente nel mirino UE perché, tanto per dirne una, i nostri appelli durano dieci volte la media dei nostri partner europei.
Ma così non è, appunto.
E se per una volta siamo veloci fa strano, direbbe Verdone.
Così strano che lo sventurato VG comincia a credere a un complotto in suo danno.
Che storia!

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