
La cassazione sezione 3 con la sentenza numero 44661/2022 ha stabilito che il potere del giudice di disporre anche di ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., sussiste anche nel caso in cui non vi sia stata in precedenza alcuna “acquisizione delle prove“, dovendo la locuzione “terminata l’acquisizione delle prove”, con cui esordisce l’art. 507 cod. proc. pen. essere intesa come il momento dell’istruzione dibattimentale in cui può avvenire l’ammissione delle nuove prove, ma non anche come il presupposto del potere attribuito al giudice, che può peraltro essere esercitato in ogni tempo anche con riferimento a quelle prove che le parti avrebbero potuto richiedere e non hanno richiesto.
La vicenda esaminata scaturisce dal ricorso della difesa che lamentava la violazione dell’art. 507 cod. proc. pen. per avere il Tribunale ammesso ex officio la teste R. nella fase dell’inizio dell’istruttoria dibattimentale, e dunque in assenza dei presupposti di legge, costituiti dalla terminata acquisizione delle prove, essendo l’esercizio del potere officioso giustificato solo da situazioni di incompletezza istruttoria, la quale non può che essere valutata dal giudicante al termine del dibattimento.
Decisione
La Suprema Corte ha rilevato che, sulla scia di quanto a suo tempo chiarito dalle Sezioni Unite, il potere del giudice di disporre anche di ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen. sussiste anche nel caso in cui non vi sia stata in precedenza alcuna “acquisizione delle prove”, dovendo la locuzione “terminata l’acquisizione delle prove“, con cui esordisce l’art. 507 cod. proc. pen. essere intesa come il momento dell’istruzione dibattimentale in cui può avvenire l’ammissione delle nuove prove, ma non anche come il presupposto del potere attribuito al giudice, che può peraltro essere esercitato in ogni tempo anche con riferimento a quelle prove che le parti avrebbero potuto richiedere e non hanno richiesto in ragione del suo dovere di accertamento della verità sostanziale (Sez. U, Sentenza n. 11227 del 06/11/1992, Martin, Rv. 191607 – 01).
Principio questo che, declinato dalle pronunce successive delle Sezioni semplici, ha portato ad affermare, ad esempio che il potere officioso può essere espletato ab initio in assenza di deposito della lista testimoniale o di mancata indicazione delle circostanze su cui avrebbe dovuto vertere la prova (Sez. 1, Sentenza n. 5549 del 12/10/1999, Rv. 215016), così come in caso di decadenza delle parti (Sez. 3, Sentenza n. 38222 del 25/05/2017, Rv. 270802), riposando la ratio sottesa alla suddetta interpretazione ad esigenze di economia processuale, senza che possa ritenersi pregiudicato il contraddittorio, comunque assicurato al momento dell’assunzione della prova.
E se è vero che in taluni arresti si è successivamente sostenuto che il ricorso all’integrazione probatoria d’ufficio, ex art. 507 cod. proc. pen., effettuato prima che sia terminata l’acquisizione delle prove costituisce una irregolarità procedimentale, fermo è ciò nondimeno il principio secondo il quale la stessa, in mancanza di una specifica previsione, non determina alcuna sanzione di nullità o inutilizzabilità, non potendo l’escussione di un teste, “anticipata” rispetto al termine di acquisizione delle prove, incidere sull’assistenza, sulla rappresentanza o sull’intervento dell’imputato ricollegabili all’art. 178, lett. c), cod. proc. pen. (Sez. 5, Sentenza n. 26163 del 11/05/2010, Rv. 247896; Sez. 3, Sentenza n. 45931 del 09/10/2014, Rv. 260871).

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