Sanzione disciplinare avvocato: le principali cause attenuanti (di Riccardo Radi)

La decisione esaminata ci permette di gettare un focus sulle principali cause attenuanti previste nel procedimento disciplinare.

Al momento dell’applicazione della sanzione disciplinare rilevano:

le circostanze della vita professionale ante e post factum;

il grado non particolarmente elevato della colpa e l’assenza di dolo o intento fraudolento;

le vicende personali e professionali dell’incolpato nel periodo considerato;

la ridotta gravità o l’assenza del danno per l’esponente;

l’intervenuto risarcimento del danno;

l’ammissione di responsabilità e il rammarico espresso per l’accaduto;

il ravvedimento operoso;

la mancata compromissione dell’immagine della professione forense;

la commendevole vita professionale;

l’insussistenza di precedenti disciplinari.

La vicenda narrata riguarda una collega inizialmente sospesa per 2 mesi dal Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense di appartenenza che non aveva considerato minimamente la particolare situazione familiare e professionale in cui era avvenuto il fatto esposto e la correttezza del comportamento precedente e successivo ai fatti.

In particolare la collega nel ricorso al CNF evidenziava:

il comportamento leale e collaborativo tenuto nel corso del procedimento disciplinare e confermato le enunciazioni fattuali dell’esponente in definitiva ammettendo gli addebiti di cui ai capi di incolpazione – ribadisce a sua discolpa che le condotte alla stessa ascritte si sono inserite in periodo drammatico della sua vita personale (acuitosi proprio nel mese di febbraio del 2016), che si era ripercosso sulla sua attività professionale con l’interruzione delle comunicazioni in àmbito professionale e con l’esigenza di demandare ad altri colleghi la gestione delle pratiche, e ciò a causa della grave patologia che aveva improvvisamente colpito il marito (e delle conseguenti terapie) nonché della situazione familiare divenuta per tale motivo molto problematica anche per le esigenze di accudimento del figlio, all’epoca di appena 4 anni.

La ricorrente lamenta che tale contesto eccezionale ed emergenziale non sia stato adeguatamente considerato dal CDD di Venezia, il quale si sarebbe limitato a stabilire sic et simpliciter che “le giustificazioni addotte dall’incolpata a sostegno del proprio comportamento non possono trovare accoglimento”.

 Il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza numero 111 del 25 giugno 2022 ha stabilito che:

Per la giusta dosimetria della sanzione, e in particolare ai fini di un’eventuale mitigazione della stessa, tra le altre cose rilevano il grado non particolarmente elevato della colpa e l’assenza di dolo o intento fraudolento, la correttezza del comportamento precedente e successivo ai fatti, le vicende personali e professionali dell’incolpato nel periodo considerato, la ridotta gravità o l’assenza del danno per l’esponente, l’intervenuto risarcimento del danno, l’ammissione di responsabilità e il rammarico espresso per l’accaduto, il ravvedimento operoso, la mancata compromissione dell’immagine della professione forense, la commendevole vita professionale, l’insussistenza di precedenti disciplinari”.

Infatti, vanno debitamente valorizzate a favore della ricorrente, per la giusta dosimetria della sanzione, le circostanze dalla stessa dedotte o comunque riscontrabili nella fattispecie (fatto non grave; grado non particolarmente elevato della colpa e assenza di dolo o intento fraudolento; correttezza del comportamento precedente e successivo ai fatti; vicende personali e professionali dell’incolpata nel periodo considerato; difetto di pregiudizio per l’esponente; intervenuto risarcimento del danno; ammissione di responsabilità e rammarico espresso per l’accaduto; ravvedimento operoso; mancata compromissione dell’immagine della professione forense; commendevole vita professionale; insussistenza di precedenti disciplinari).

A ciò si aggiunge il comportamento leale e collaborativo tenuto dall’incolpata in tutto il corso del procedimento disciplinare.

In definitiva e nello specifico, ritiene il Collegio, nell’ambito della valutazione del comportamento complessivo dell’incolpata sulla scorta dei criteri di cui all’art. 21 C.D.F., che sanzione disciplinare adeguata e proporzionata alle violazioni deontologiche commesse dall’avv. [RICORRENTE], così come accertate e ammesse, sia la censura, comminabile – ai sensi dell’art. 53, comma 2, della l. 31.12.2012 n. 247 e dell’art. 22, comma 1 lett. b, del C.D.F. – quando la gravità dell’infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti dell’incolpato e il suo comportamento successivo al fatto inducono a ritenere che non incorrerà in un’altra infrazione.