
La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 220 depositata il 9 gennaio 2023 ha stabilito che le attenuanti generiche non possono essere negate perché l’imputato ha scelto di rimanere in silenzio o di non collaborare con l’autorità giudiziaria.
La scelta di rimanere in silenzio o di non collaborare con l’autorità giudiziaria non può infatti essere assunta come elemento decisivo sfavorevole.
Lo ha ricordato la Cassazione che ha accolto il ricorso di un uomo condannato per lesioni.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la corte di merito avrebbe errato nel non concedere le attenuanti generiche basando il proprio convincimento esclusivamente sulla mancata ammissione degli addebiti da parte dell’imputato.
La Suprema corte, nell’accogliere il ricorso, ha chiarito che in tema di circostanze attenuanti generiche, se la confessione dell’imputato, tanto più se spontanea e indicativa di uno stato di resipiscenza, può essere valutata come elemento favorevole ai fini della concessione del beneficio, di contro la protesta d’innocenza o la scelta di rimanere in silenzio o non collaborare con l’autorità giudiziaria, pur di fronte all’evidenza delle prove di colpevolezza, non può essere assunta, da sola, come elemento decisivo sfavorevole, non esistendo nel vigente ordinamento un principio giuridico per cui le attenuanti generiche debbano essere negate all’imputato che non confessi di aver commesso il fatto, quale che sia l’efficacia delle prove di reità (Cassazione sezione 5, numero 32422 del 24 settembre 2022, rv 279778)

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