L’improcedibilità ex art. 34 d. lgs. n. 274 del 2000 non può essere dichiarata d’ufficio dal giudice di pace (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 1 con la sentenza numero 2 depositata il 2 gennaio 2023 ha stabilito che l’improcedibilità di cui all’art. 34 d. lgs. n. 274 del 2000 non può essere dichiarata d’ufficio dal giudice di pace, in assenza di deduzione specifica della difesa, richiedendosi ai fini del decisum di improcedibilità la mancata opposizione dell’imputato e della persona offesa e, pertanto, una partecipazione non compatibile con la pronuncia officiosa.

La Suprema Corte riconosce il profilo dell’astratta applicabilità della causa di esclusione della procedibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 34 d.lgs. n. 34 del 2000, anche al reato di ingresso e soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato (Sez. 1, n. 28077 del 15/09/2020, Rv. 279642).

La cassazione osserva che l’istituto in questione ha natura di condizione di improcedibilità dinanzi al giudice di pace, con la previsione della preventiva non opposizione della parte lesa e dell’imputato (Sez. F, 6/08/2015, n. 34672, Rv. 264702, Sez. 6, n. 44683 del 15/09/ 2015, Rv. 265114).

In questo caso è stato rilevato che è lo stesso legislatore ad aver indicato l’istituto come causa di improcedibilità anche se, per alcuni commentatori, detta terminologia non appare corretta.

Invero, è stato evidenziato, pur a fronte della diversa lettera della norma, che sarebbe preferibile inserire l’istituto tra le cause di non punibilità, posto che la tenuità del fatto, in questo caso, implica una verifica della fondatezza dell’accusa da ancorarsi anche a precisi parametri soggettivi.

L’istituto, poi, dal punto di vista dei presupposti necessita dell’occasionalità della condotta (e non della mera non abitualità), oltre alla verifica del pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento possa recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell’imputato o dell’indagato (Sez. 6, 14/07/2015 n. 31920, Rv. 264420; Sez. F, 20/08/2015, n. 38876, Rv. 264700).

Per l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, poi, qualora sia stata esercitata l’azione penale, viene riconosciuto alla persona offesa un vero e proprio un potere di interdizione (Sez. U, 16/07/2015, n. 43264, Rv. 264547).

Infine, si rileva che, a fronte di un fatto particolarmente tenue, non è richiesta, per l’operatività dell’istituto, la previa definizione del merito della regiudicanda, come si evince dalla lettera della norma che, ai commi 2 e 3, subordina la pronuncia soltanto alla mancanza di opposizione da parte dei soggetti legittimati a formularla.

Si tratta, quindi, di una pronuncia di improcedibilità con una decisione di absolutio ab istantia, adottata senza preventivo accertamento probatorio circa la fondatezza dell’accusa.

Il giudice pertanto ove ricorrano, sulla base degli atti in suo possesso, i presupposti per reputare di scarsa valenza offensiva l’accaduto, provvede immediatamente a pronunciare l’improcedibilità dell’azione promossa con l’unico limite rappresentato dalla manifestazione contraria formulata dagli interessati (imputato e parte lesa), tenendo conto che essa ricorre quando sussista l’esiguità del danno o del pericolo, l’occasionalità della condotta antigiuridica ed il modesto grado di colpevolezza, indici che devono essere congiuntamente considerati in riferimento al fatto concreto nelle sue caratteristiche oggettive e soggettive.

La cassazione in più pronunce ha enunciato l’indirizzo relativo specificamente all’improcedibilità di cui all’art. 34 d. lgs. n. 274 del 2000 (Sez. 1, n. 49171 del 28/09/2016, Rv. 268458), che questa non può essere dichiarata d’ufficio dal giudice di pace, in assenza di deduzione specifica della difesa, richiedendosi ai fini del decisum di improcedibilità la mancata opposizione dell’imputato e della persona offesa e, pertanto, una partecipazione non compatibile con la pronuncia officiosa.

Del resto, si è osservato che l’improcedibilità prevista dall’art. 34, comma 3, d.lgs. n, 274 del 2000 è introdotta da disposizione in rito, posta esclusivamente a tutela dell’interesse delle parti private, la cui violazione non determina una nullità assoluta (Sez. 5, n. 20595 del 15/02/2021, Rv. 281180).

Si tratta di pronuncia che rappresenta esercizio del potere discrezionale del giudice, rispetto al quale questi non deve esporre un’espressa motivazione quando l’applicabilità dell’istituto non sia stata invocata dall’interessato (Sez. 5, n. 3784 del 28/11/2017, dep. 2018, Rv. 272442 Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, Rv. 230277).

Orbene, a fronte della indicata pluralità di presupposti necessari per l’operatività dell’istituto invocato, il ricorso, è generico posto che, rispetto alla dedotta operatività in astratto di questo, ricorrendone i presupposti, non indica, nel caso concreto, da quali elementi fattuali, trascurati indebitamente dal giudice di merito, tale particolare tenuità dell’offesa dovrebbe trarsi, né si deduce o risulta che la richiesta in tal senso sia stata avanzata dall’interessato.