Citazione responsabile civile derivante dallo svolgimento di attività sanitaria: in attesa della decisione della Corte Costituzionale (di Riccardo Radi)

Si segnala che è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale nella parte in cui tale disposizione non prevede che – nei casi di responsabilità civile derivante dallo svolgimento di attività sanitaria per la quale è prevista a carico del professionista dalla legge n. 24/2017 l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile – l’assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato.

La figura del responsabile civile è delineata dall’art. 185, secondo comma, del codice penale, in forza del quale ogni reato, che abbia cagionato un danno, patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento non solo “il colpevole”, ma anche “le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui”.

Responsabile civile è, dunque, il soggetto (persona fisica o giuridica, ovvero ente collettivo non personificato) che, pur non avendo commesso il fatto, è obbligato, in base a una disposizione di legge, a risarcire i danni derivanti dal reato in solido con l’imputato.

Fatto

Con decreto della Procura in sede del 19 gennaio 2022 il dott. … è stato citato a giudizio all’udienza del 1° giugno 2022 per rispondere del reato di cui all’art. 590 -sexies del codice penale, in relazione all’art. 590 del codice penale, per non avere, nella qualità di ginecologo che assisteva la partoriente …, anticipato il parto, nonostante già fossero presenti da 50 circa minuti segni di sofferenza del feto, che avrebbero imposto un’anticipazione del parto.

Dichiarata alla prima udienza l’assenza dell’imputato, si sono costituite come parti civili i coniugi … e …, sia in proprio che quali genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio minore …, e gli stessi hanno chiesto, da un lato, la condanna dell’imputato al risarcimento dei danni patiti dal minore e dai genitori a causa della ritardata esecuzione delle operazioni di parto cesareo che ha provocato al piccolo … danni cerebrali e, dall’altra, la citazione in giudizio ai sensi dell’art. 83 del codice di procedura penale, quale responsabile civile, della Casa di cura … S.p.a., presso la quale il dott. … lavorava, come dipendente, all’epoca dei fatti.

Rinviato il processo all’udienza del 29 giugno 2022 al fine di consentire al Tribunale di pronunciarsi sulla chiamata del terzo responsabile civile, a tale udienza il difensore dell’imputato ha chiesto di essere autorizzato a citare in giudizio la società assicurativa … con sede in …, con la quale il dott. … ha stipulato apposita polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dall’esercizio della professione medica; nel caso in cui il Tribunale ritenga non accoglibile detta istanza ai sensi della normativa vigente, il difensore dell’imputato ha sollevato in subordine questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale, per violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui, in caso di costituzione di parte civile, non prevede in materia di responsabilità medica la facoltà per l’imputato di chiedere la citazione nel processo penale della propria compagnia assicurativa quale terzo responsabile civile.

Decisione

Orbene, va rilevato che l’art. 83 del codice di procedura penale prevede la citazione del responsabile civile per il fatto dell’imputato soltanto a richiesta della parte civile ovvero del Pubblico Ministero nel caso di cui all’art. 77, comma 4 del codice di procedure penale; al contrario, la suddetta disposizione non prevede che la citazione del responsabile civile per fatto dell’imputato possa essere disposta a richiesta dell’imputato medesimo.

La norma è dunque chiara nell’attribuire soltanto alla parte civile ed al Pubblico Ministero tale potere processuale e, così facendo, esclude in maniera implicita, ma univoca, che la citazione del responsabile civile possa avvenire ad istanza dell’imputato.

Alla luce del chiaro tenore letterale della norma, la stessa non appare suscettibile di interpretazione estensiva; a conferma di ciò, al di fuori dei casi specifici in cui l’art. 83 del codice di procedura penale è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzione, non si rilevano in giurisprudenza casi di autorizzazione alla citazione del responsabile civile da parte dell’imputato.

Non è inoltre possibile applicare in via analogica il principio generale espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 112/1998 ostandovi il principio per cui «gli effetti delle pronunce dichiarative dell’illegittimità costituzionale (…) non possono essere estesi, sulla base degli argomenti esposti in motivazione dalla Corte costituzionale, a previsioni diverse da quelle indicate nel dispositivo di tali pronunce»; ciò tanto più in una materia, come quella di specie, in cui viene richiesto «particolare rigore» nel valutare l’ingresso nel processo penale di parti non necessarie ( cfr. Corte costituzionale n. 34/2018).

Chiarito che sulla base della normativa vigente l’istanza proposta dall’imputato andrebbe rigettata e che non è inoltre possibile giungere ad un’interpretazione costituzionalmente orientata di tale normativa nel senso di estendere, rispetto a quelli già previsti, i casi di citazione nel processo penale del responsabile civile da parte dell’imputato, la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa dell’imputato è rilevante in quanto, al fine di pronunciarsi sull’istanza presentata dall’imputato, lo scrivente giudicante deve fare comunque applicazione della disposizione contenuta nell’art. 83 del codice di procedura penale la quale, come innanzi detto, allo stato non consente all’imputato di citare il responsabile civile, salvo che nelle ipotesi tassative in cui la norma è stata dichiarata costituzionalmente illegittima.

In caso di accertata responsabilità penale del dott. …, la mancata partecipazione della sua compagnia assicurativa al processo non consentirebbe pertanto, all’esito del processo, di estendere alla compagnia assicurativa la condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in favore delle parti civili.

L’eventuale condanna del solo imputato al risarcimento del danno cagionato alle parti civili determinerebbe inoltre indubbie conseguenze economiche negative a carico dell’imputato, ancor più evidenti in caso di provvisionale immediatamente esecutiva.

Nonostante il professionista abbia stipulato apposita polizza assicurativa volta a coprite i rischi derivanti da responsabilità civile verso terzi e nonostante il costo economico del ristoro cui le parti civili hanno diritto debba essere sopportato in ultima istanza dalla compagnia assicurativa, l’imputato, per non esporsi ad un’esecuzione forzata, sarebbe costretto a pagare immediatamente la provvisionale e ad attendere i tempi di un autonomo giudizio civile per vedersi rimborsare dalla propria compagnia le somme anticipate.

Ove non abbia l’immediata disponibilità di liquidità sufficienti a pagare la provvisionale, il professionista subirebbe invece le ben immaginabili conseguenze negative di un’esecuzione forzata a suo carico sia in termini patrimoniali che di immagine.

Al contrario la citazione ad istanza dell’imputato in sede penale della propria compagnia assicurativa, quale terzo responsabile civile per fatto dell’imputato, avrebbe l’indubbio vantaggio di consentite al giudicante, in caso di accertata responsabilità dell’imputato, di condannare in solido l’imputato e la compagnia assicurativa al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Ragionamento del giudice rimettente

La questione di legittimità costituzionale sollevata non appare inoltre manifestamente infondata.

La disposizione contenuta nell’art. 83 del codice di procedura penale è stata dalla Corte costituzionale dichiarata costituzionalmente illegittima una prima volta con sentenza n. 112 del 1998 nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall’assicurazione obbligatoria prevista dalla legge 24 dicembre 1969, n. 990, l’assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato.

Con la suddetta pronuncia la Corte costituzionale ha posto a fondamento della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale, da un lato, la previsione contenuta nell’art. 18 della legge n. 990/1969 di un’apposita azione diretta del danneggiato nei confronti della compagnia assicurativa dell’autovettura alla guida della quale è stato cagionato il danno e, dall’altro, la previsione contenuta nell’art. 23 della suddetta legge di un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra compagnia assicurativa e responsabile civile in caso di domanda di risarcimento danni proposta dal danneggiato nei confronti della compagnia assicurativa.

Da ultimo la Corte costituzionale con sentenza n. 159 depositata il 24 giugno 2022, ha nuovamente dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile obbligatoria in materia di caccia prevista dall’art. 12, comma 8 della legge n. 157/1992, l’assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato.

Con tale ultima pronuncia la Corte costituzionale ha in particolare richiamato i principi già espressi con la sentenza n. 112 del 1998 e, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale, ha valorizzato soprattutto la previsione contenuta nell’art. 12, comma 10 della legge n. 157/1992 di un’azione diretta che consente al terzo danneggiato in conseguenza di attività venatoria di agire direttamente nei confronti della compagnia assicurativa per ottenere la condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni patiti per effetto dell’attività venatoria.

Al contrario, in altri settori in cui pure sono previste ipotesi di assicurazione obbligatoria a carico degli esercenti la relativa attività, la Corte costituzionale ha invece rigettato le questioni di illegittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale sollevate, valorizzando la mancata previsione di un’azione diretta del terzo danneggiato nei confronti della compagnia assicurativa che assicura l’agente che ha provocato il danno al terzo.

Ciò è avvenuto in particolare con sentenza n. 34/2018, con la quale la Corte costituzionale ha rigettato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che la compagnia assicurativa possa essere citata nel processo penale a richiesta del notaio che abbia assunto la veste di imputato in conseguenza della propria attività professionale dalla quale siano derivati danni a terzi che si siano costituiti parte civile, ciò nonostante per tale tipo di attività professionale sia previsto a carico del professionista l’obbligo legale di copertura assicurativa per il risarcimento dei danni arrecati a terzi per effetto del decreto legislativo 4 maggio 2006, n. 182, analogamente a quanto previsto in materia di circolazione stradale.

In tale ultima pronuncia la Corte ha rilevato in particolare che, sebbene gli articoli 19 e 20 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, come sostituiti dagli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 4 maggio 2006, n. 182, prevedano a carico del notaio obbligo di stipula di apposita polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dalla propria attività, tale normativa di settore non prevede un’azione diretta del terzo danneggiato nei confronti della compagnia assicurativa del notaio, a differenza di quanto previsto in caso di assicurazione obbligatoria in materia di circolazione stradale.

In ultima analisi, nonostante per tutti e tre i tipi di attività (circolazione stradale, caccia e attività professionale notarile) sia previsto dalla normativa di settore a carico del soggetto che svolge le relative attività un apposito obbligo giuridico di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi, il dato dirimente che in materia di responsabilità civile derivante da circolazione stradale e in materia di responsabilità civile derivante dallo svolgimento dell’attività venatoria ha portato la Corte costituzionale a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che l’assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato, e che, al contrario, in materia di responsabilità civile derivante dallo svolgimento dell’attività notarile ha portato la Corte costituzionale a rigettare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale è stata la previsione normativa nei primi due casi e non anche nel terzo caso di un’azione diretta del terzo danneggiato nei confronti della compagnia assicurativa.

E difatti è proprio la previsione di un’azione diretta in favore del terzo danneggiato nei confronti della compagnia assicurativa che fa sì che quest’ultima, a seguito della sua chiamata nel processo a richiesta dell’imputato, assume dal punto di vista processuale (oltre che sostanziale) la veste giuridica di soggetto responsabile civile per fatto dell’imputato ex art. 185 del codice penale il quale, in caso di condanna penale dell’imputato, viene condannato a pagare, in solido all’imputato, i danni arrecati alle parti civili.

Tanto chiarito, nel caso di specie non appare manifestamente infondata la sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale nella parte in cui tale disposizione non prevede che – nei casi di responsabilità civile derivante dallo svolgimento di attività sanitaria per la quale è prevista a carico del professionista dalla legge n. 24/2017 l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile – l’assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato.

Il caso oggetto nel presente processo è del tutto sovrapponibile al caso esaminato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 112 del 1998 in materia di responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale.

Così come in caso di responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale, anche in materia di responsabilità civile derivante dall’esercizio delle professioni sanitarie l’art. 12 della legge n. 24/2017 prevede sia l’azione diretta del soggetto danneggiato nei confronti dell’impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa per la responsabilità civile dell’esercente la professione sanitaria, sia il litisconsorzio necessario tra compagnia assicurativa ed esercente la professione sanitaria nel giudizio promosso dal soggetto danneggiato nei confronti della compagnia.

Tenuto conto di quella che è la disciplina sostanziale e processuale della responsabilità civile derivante dall’esercizio delle professioni sanitarie contenuta nella legge n. 24/2017, la questione sollevata non appare dunque manifestamente infondata in primo luogo in relazione all’art. 3, comma 1 della Costituzione: sulla base della normativa attualmente vigente sussiste un’evidente ed ingiustificata disparità di trattamento della posizione dell’imputato esercente attività medico-sanitaria assoggettato all’azione di risarcimento del danno nel processo penale rispetto alla posizione del medesimo professionista nei cui confronti venga esercitata la stessa azione risarcitoria in sede civile, nel qual caso è riconosciuto al professionista convenuto in giudizio il diritto di chiamare in garanzia il proprio assicuratore ex art. 1917 del codice civile con azione di manleva.

In presenza di una polizza assicurativa tra professionista e compagnia assicurativa avente ad oggetto la responsabilità civile del primo derivanti dall’attività medico-sanitaria è difatti fuori discussione l’esistenza di un rapporto di garanzia tra assicurato ed assicuratore che consentirebbe al professionista citato in sede civile dal terzo danneggiato di chiamare in causa la compagnia assicurativa.

In presenza di tale tipo di polizza assicurativa, è indubbia inoltre l’esistenza di un rapporto di garanzia tra professionista assicurato ed assicuratore.

Non vi è inoltre dubbio alcuno che, in caso di citazione nel processo penale della compagnia assicuratrice da parte del medico imputato, la compagnia verrebbe ad assumere sia dal punto di vista sostanziale che processuale la posizione tipica del responsabile civile per fatto dell’imputato così come tratteggiata dall’art. 185 del codice penale, stante l’esistenza di un rapporto obbligatorio diretto tra danneggiato e compagnia assicurativa che consente di non snaturare ed ampliare a dismisura l’oggetto del processo penale – caratterizzato a differenza del processo civile da un principio di tipicità delle azioni civili giustiziabili in seno al giudizio penale – con il pericolo di compromissione delle esigenze cli celerità e di semplificazione delle forme processuali proprie del processo penale.

La questione di legittimità costituzionale sollevata non appare manifestamente infondata anche in relazione all’art. 24 della Costituzione, sotto il profilo del diritto di difesa inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.

A fronte della normativa del settore innanzi richiamata prevista in materia di responsabilità medica, la normativa processuale prevista dall’art. 83 del codice di procedura penale finisce per comprimere in maniera irragionevole quelle che sono le facoltà processuali dell’imputato, con lesione del diritto di difesa: in ultima analisi l’imputato nel processo penale nei cui confronti è proposta domanda risarcitoria da parte del danneggiato è in particolare privato del diritto di difendersi in quella sede nelle medesime forme e con le stesse garanzie che la normativa civilistica stabilisce per il convenuto per la stessa azione in sede civile.

                                                               P. Q. M.

Visti gli articoli 23 e ss. legge n. 87/1953, solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall’assicurazione obbligatoria prevista dalla legge n. 24/2017, l’assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato.

Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Sospende il processo.

Per l’attività venatoria si e per l’attività medica no?