È noto che la sessione 2022 dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato consisterà di due prove orali.
Parliamo oggi della prima di esse.
Consisterà nell’esame e nella discussione di una questione pratico-applicativa, vale a dire la soluzione di un caso concreto, che richieda conoscenze di diritto sostanziale e processuale.
La prova, una volta dettato il quesito, dura complessivamente un’ora: i primi trenta minuti sono concessi al candidato, che può avvalersi di codici annotati con la giurisprudenza, per l’analisi della questione e l’individuazione dei riferimenti normativi e giurisprudenziali utili per risolverla; la seconda mezz’ora è destinata alla discussione.
Come da prassi, il candidato assume le vesti del legale chiamato da un cliente ad occuparsi della questione posta.
Gli spetterà partire dalla parte sostanziale e indicare a tal fine gli istituti rilevanti per poi pervenire alla soluzione del caso anche attraverso i profili procedurali utilmente attivabili in chiave difensiva a favore dell’assistito.
Nelle linee guida diffuse dal Ministero della Giustizia (allegate in calce al post) sono contenuti alcuni esempi di possibili quesiti.
Ho scelto il primo che è così congegnato:
“Tizio, ristoratore, si reca da un legale per rappresentare quanto segue. A seguito di un controllo effettuato dalla polizia giudiziaria presso il proprio ristorante venivano rinvenuti diversi alimenti surgelati, presenti nella cucina. Gli operanti contestavano che nei menù presenti nella sala del ristorante non erano indicati gli alimenti surgelati, che venivano quindi posti sotto sequestro. Venivano altresì rinvenuti e posti in sequestro alcuni granchi, aragoste ed astici detenuti vivi all’interno di un frigorifero a temperature prossime agli zero gradi centigradi. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, esamini e illustri i profili di possibile rilevanza penale che emergono nel caso concreto e prospetti una linea difensiva, comprensiva delle iniziative che possono essere assunte“.
Assumo con qualche preoccupazione il ruolo del candidato medio e, coerentemente alle istruzioni ministeriali, mi servirò solo di quello che so e capisco per conto mio e di quello che non so e non capisco ma posso trovare in un codice annotato.
Comincio ad appuntare le parole che mi sembrano importanti sul piano del diritto sostanziale
- ristorante
- alimenti surgelati
- cucina
- menu
- crostacei vivi conservati in frigo a circa zero gradi.
Da queste parole chiave mi sforzo di ricavare dei concetti, in forma sia assertiva che dubitativa:
- ristorante =somministrazione di alimenti per fini commerciali
- surgelati = prodotti non freschi
- menu = mezzo di comunicazione delle proposte gastronomiche
- crostacei vivi in frigo = perché conservarli in questo modo? Sono per caso esseri senzienti?
Mi pongo quindi alcune domande e provo a darmi le prime risposte:
- il ristoratore può somministrare alimenti surgelati? Credo di sì, tutti surgelano roba nei freezer di casa, perché non dovrebbero poterlo fare i ristoratori?
- Ok, probabilmente può farlo. Visto che può, è sufficiente che lo sappia solo lui o deve farlo presente ai clienti? Penso che sia onesto dirglielo ma è solo una regola deontologica o un obbligo?
- Se è un obbligo, come lo adempie? Credo nel menu, io stesso ho notato spesso che i ristoranti indicano nei loro menu il possibile uso di alimenti surgelati.
- E i crostacei a zero gradi? C’è una ragione per conservarli in questo modo? Francamente non lo so, mi sembra una crudeltà inaudita.
Sintetizzo questi primi risultati e le possibili prospettive:
- il ristoratore che usa alimenti surgelati senza dirlo ai clienti potrebbe starli ingannando;
- tenere crostacei vivi in frigo potrebbe equivalere a maltrattarli.
Apro il codice annotato.
Scorro il secondo libro e i gruppi di reati che mi sembrano più promettenti sono quelli contro la fede pubblica (titolo VII) e gli altri contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio (titolo VIII).
Mi pare giusto iniziare da questi ultimi, visto che il ristoratore è un commerciante.
Ci entro e scelgo il capo II (delitti contro l’industria e il commercio) perché mi sembra un pizzico esagerato scegliere il capo I (delitti contro l’economia pubblica), alla fine di un ristoratore si parla, non è che possiamo incollargli responsabilità da finanziere internazionale.
Faccio un giro e, ragionando a spanne, noto che potrebbero interessarmi l’art. 515 (frode nell’esercizio del commercio) e l’art. 516 (vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine).
So che dovrei ragionarci sopra ma non ho tanto tempo e passo direttamente alle massime giurisprudenziali.
Il mio cuore si apre quando leggo queste due massime:
“La detenzione di alimenti congelati o surgelati all’interno di un locale di somministrazione, senza che nella lista delle vivande sia indicata tale caratteristica, integra il reato di tentativo di frode in commercio, trattandosi di condotta univocamente idonea a consegnare ai clienti un prodotto diverso, per qualità, da quello dichiarato. Può, infatti, concretizzare la fattispecie di reato in esame anche il semplice fatto di non indicare nella lista delle vivande, posta sui tavoli di un ristorante, che determinati prodotti sono congelati, in quanto l’esercizio di ristorazione ha l’obbligo di dichiarare la qualità della merce offerta ai consumatori, di tal che la mancata specificazione della qualità del prodotto (naturale o congelato) integra il reato di tentata frode nell’esercizio del commercio, perché la stessa proposta di vendita non veritiera, insita nella lista vivande (la presenza della lista delle vivande equivale ad una proposta contrattuale nei confronti dei potenziali clienti e manifesta l’intenzione di offrire i prodotti indicati nella lista stessa), costituisce un atto diretto in modo non equivoco a commettere il delitto di cui all’art. 515 (Cass. pen., Sez. 3^, sentenza n.9698/2019)“.
“Integra il reato tentato di frode in commercio la mera disponibilità, nella cucina di un ristorante, di alimenti surgelati, seppure non indicati come tali nel menu, indipendentemente dall’inizio di una concreta contrattazione con il singolo avventore (Cass. pen., Sez. 3^, sentenza n. 39082/2017)“.
Mi pare di avere risolto il primo problema ma per sicurezza, non essendo certo di cosa voglia dire genuino e non genuino, controllo anche le massime relative all’art. 516.
Leggo questa:
“La fattispecie incriminatrice prevista dall’art. 516 copre l’area della semplice immissione sul mercato ed è sussidiaria rispetto a quello di cui all’art. 515, atteso che nell’ipotesi di materiale consegna della merce all’acquirente, o di atti univocamente diretti a tale fine, il reato è quello di cui al citato art. 515, rispettivamente nella forma consumata o tentata, assorbente rispetto a quello di cui all’art. 516 (Cass. pen., Sez. 3^, sentenza n. 8292/2006)“.
Posso adesso sostenere ragionevolmente che il mio cliente dovrà rispondere solo di tentata frode in commercio, visto che l’art. 516 ha natura sussidiaria.
Passo alla seconda questione, quella dei crostacei vivi.
Qui la scelta è apparentemente più facile.
Apro velocemente il codice al titolo IX BIS che contiene i delitti contro il sentimento per gli animali e seleziono l’art. 544-ter (Maltrattamento di animali).
Leggo l’articolo e mi accorgo di alcune differenze tra l’ipotesi del primo comma e quella del secondo.
Ancora una volta rinuncio a ragionarci sopra perché il tempo sta passando velocemente, troppo velocemente.
Leggo subito le massime.
La prima è questa:
“Il delitto previsto dall’art. 544-ter è delineato come reato a forma libera, e dà rilievo a due distinte condotte, ugualmente offensive del medesimo bene giuridico (il sentimento per gli animali), ossia il cagionare una lesione a un animale, ovvero il sottoporlo a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili, condotte che, in entrambi i casi, devono essere realizzate “per crudeltà o senza necessità” (Cass. pen., Sez. 3^, sentenza n. 38409/2018)“.
Mi sembra non male e penso che potrei sostenere con un fondo di verità la tesi che il ristoratore non agisce per crudeltà e può legittimamente scegliere di conservare vivi i crostacei in uno stato di semi-incoscienza prima di calarli nell’acqua bollente, in modo da ridurre i loro patimenti.
Ce ne è un’altra però:
“Il criterio discretivo fra le fattispecie di cui agli artt. 544-ter e 727 comma 2 appare essere riconducibile al diverso atteggiamento soggettivo dell’agente nelle due diverse fattispecie criminose, essendo la prima connotata dalla necessaria sussistenza del dolo, persino nella forma specifica ove la condotta sia posta in essere per crudeltà o, comunque, nelle sue ordinarie forme ove la condotta sia realizzata senza necessità, mentre nel caso del reato di cui all’art. 727 la produzione delle gravi sofferenze, quale conseguenza della detenzione dell’animale secondo modalità improprie, deve essere evento non voluto dall’agente come contrario alle caratteristiche etologiche della bestia, ma derivante solo da una condotta colposa dell’agente (Cass. pen., Sez. 3^, sentenza n. 8036/2018)“.
Recupero in extremis l’art. 727 comma 2 di cui ignoravo l’esistenza che punisce chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze, e decido di giocarmelo come linea difensiva secondaria, casomai non passasse la prima.
Per onestà, metto in chiaro che, fosse per me, proibirei tutte queste pratiche e lascerei i crostacei liberi in mare ma questa è un’altra storia.
Mi rimane il problema del sequestro.
Non ho la minima idea di cosa dire. Zero idee.
Abbozzo comunque un piano d’azione.
Consiglio al mio assistito di modificare immediatamente il menu e indicare che si serve di alimenti surgelati: cambio di passo per il futuro.
Spero possa bastare ad eliminare i presupposti del sequestro preventivo.
Sosterrò anche la tesi, se si trattasse di sequestro probatorio, che i verbali di descrizione degli alimenti e delle modalità della loro conservazione redatti dalla polizia giudiziaria sono più che adeguati a scopo di prova.
Mi gioco quindi la carte del riesame e che Dio me la mandi buona.
In caso contrario mi riservo una successiva istanza di restituzione.
Sono pronto adesso a discutere. O meglio, ho qualcosa da dire, se poi funzionerà davvero lo sanno solo le stelle.
Ho detto sciocchezze? Quasi sicuramente. Ho impersonato un candidato medio, una persona comune ed è nelle cose che gli esseri umani normali possano commettere errori. Importante è provarci e dare il meglio di sé. Questo conta più di ogni altra cosa.
