
Vicenda
In entrambi i gradi di merito DLG è stata riconosciuta responsabile di concorso nel reato di furto (in forma tentata dal giudice di primo grado, in forma consumata, previa riqualificazione dell’imputazione, dal giudice di secondo grado) e condannata alla pena ritenuta congrua.
Il suo difensore ha proposto ricorso per cassazione per plurimi motivi.
Con il primo di essi ha denunciato vizi di inosservanza della legge penale e di motivazione riferiti all’asserita partecipazione concorsuale della sua assistita.
Il PG di udienza ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Decisione della Corte di cassazione
Il ricorso è stato trattato dalla quinta sezione penale che lo ha definito con la sentenza n. 45049/2022 emessa in esito all’udienza del 4 novembre 2022.
Il collegio di legittimità ha accolto, e considerato assorbente, il motivo suddetto.
Ha ricordato a tal fine che il giudice d’appello – come del resto anche quello di primo grado – ha attribuito a DLG un ruolo fondamentale nel tentativo di sottrarre i correi alle rispettive responsabilità.
E tuttavia – osservano i giudici di legittimità – questo giudizio risulta quanto mai generico.
Il giudice di merito ha infatti l’obbligo di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 cod. pen., con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà (in questi termini, Sezioni unite, sentenza n. 45276/2003, Rv. 226101).
A parte questo rilievo di ordine generale, la sentenza impugnata accredita un ruolo attivo della ricorrente nella fase della fuga dal locus commissi delicti.
La prima sentenza, invece, sottolineato che al momento dell’intervento della polizia giudiziaria DLG era seduta sul sedile posteriore dell’auto, ha evidenziato la collocazione della donna a bordo dell’auto in posizione certamente defilata rispetto al luogo di consumazione dell’operazione furtiva.
Questa collocazione è stata intesa in modo antitetico dai due giudici di merito: quello di primo grado sembra delineare un contributo concorsuale non collegato al momento della fuga e – diversamente dalla sentenza impugnata, che lo descriveva come fondamentale – caratterizzato da marginalità rispetto allo svolgimento dell’azione.
La sentenza impugnata non ha quindi dato conto, con la necessaria specificità, delle concrete forme del manifestarsi del contributo concorsuale della ricorrente, tanto più che, come puntualizzato dalla giurisprudenza di legittimità, la semplice condotta omissiva e connivente non è sufficiente a fondare un’affermazione di responsabilità a titolo di concorso nel reato, occorrendo, a tal fine, che sussista un contributo materiale o psicologico che abbia consentito una più agevole commissione del delitto, stimolando o rafforzando il proposito criminoso del concorrente (Sez. 6, sentenza n. 61 del 26/11/2002, dep. 2003, Rv. 222976).
Il collegio di legittimità ha pertanto accolto il ricordo di DLG, assorbendo nel primo motivo tutti gli altri e annullando con rinvio la decisione impugnata.
Massima
Il giudice di merito deve motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 c.p., con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà.

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