
Lo studio delle carte processuali dovrebbe seguire la regola ma poi ci sono le scorciatoie.
Giulia Bongiorno segue la regola del cinque:
“Sono la donna degli eccessi.
Ho adottato la regola del cinque.
Vede quelle carte?
Bisogna leggerle cinque volte.
La prima volta rapidamente,
la seconda con attenzione,
la terza sottolineando con evidenziatori di colori diversi,
la quarta attaccando i post-it,
la quinta volta si può dire di conoscerle se un attimo prima di leggere il rigo già lo si sa a memoria“.
Anche Calamandrei ricordava, a modo suo, la regola dello studio e sottolineava che: “ognuno ha il suo metodo. Io sono uno di quelli che continuano a credere che per farsi dar ragione dal gudice non ci sia altro da fare che rispettare le regole della procedura: indossare la toga e rivolgersi a lui a voce alta, in udienza, in modo che tutti sentano; e non andare a trovarlo a casa per parlargli a quattr’occhi, o attenderlo nel corridoio per bisbigliargli quattro parolette all’orecchio”.
Da Calamandrei alla Bongiorno rimane la regola aurea dello studio che in primis dovrebbe riguardare anche i magistrati che sicuramente dovrebbero seguire la regola del cinque se non del sei.

Devi effettuare l'accesso per postare un commento.