
Vicenda
LAV subisce il sequestro preventivo, disposto ai sensi dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000, di una somma di denaro tratta da conti correnti a lei intestati in esclusiva o cointestati con il marito indagato SQ.
Il tribunale competente accoglie parzialmente la sua istanza di restituzione in quanto nei conti correnti sottoposti a sequestro erano confluiti i pagamenti di crediti non pignorabili ai sensi dell’art. 545 cod. proc. civ., relativi a emolumenti, ratei pensionistici e trattamento di fine rapporto disposti in favore della ricorrente.
Il tribunale applica tuttavia la norma citata solo con riferimento agli emolumenti o al trattamento di fine rapporto accreditati anteriormente alla data del sequestro preventivo, con esclusione di quelli corrisposti contestualmente o successivamente al sequestro, ritenendo che l’istanza non comprenda una specifica richiesta di restituzione anche rispetto a tali somme, che non sia corredata da documentazione e che non sia comunque possibile disporre perizia contabile.
Il difensore di LAV ricorre per cassazione, lamentando la violazione del menzionato art. 545. Afferma che il tribunale ha sbagliato ad applicare solo parzialmente tale norma nel senso di limitarne l’ambito applicativo ai soli crediti corrisposti antecedentemente alla data del sequestro, ed escludendo i crediti lavorativi e pensionistici maturati contestualmente o successivamente al sequestro.
Deduce in sostanza la violazione del comma 8 dell’art. 545, che espressamente regola i limiti di pignorabilità (da applicare anche in caso di sequestro preventivo alla luce della giurisprudenza di legittimità) delle somme accreditate contestualmente e successivamente alla data del pignoramento o del sequestro, facendo richiamo al terzo, quarto, quinto e settimo comma.
Rappresenta a tal fine di aver fatto una istanza di restituzione e di aver prodotto contestualmente all’istanza l’estratto conto relativo a tutta l’annualità del 2016.
Considera pertanto erronea la motivazione del giudice laddove riferisce che “nessuna indicazione nell’istanza e nessun riferimento documentale” concerne gli accrediti avvenuti alla data del pignoramento o successivamente.
Ritiene inoltre che l’affermazione secondo la quale la richiesta sarebbe generica e necessiterebbe di una perizia contabile risulta sconfessata dalla documentazione agli atti che consente facilmente e senza nessuna difficoltà di ricostruire la provenienza e la causale degli accrediti avvenuti contestualmente e successivamente al sequestro.
Decisione della Corte di cassazione
Il ricorso è assegnato alla terza sezione penale che lo definisce con la sentenza n. 47677/2022 emessa in esito all’udienza del 23 settembre 2022.
Il collegio decidente ricorda che, secondo quanto chiarito dalle Sezioni unite con la sentenza n. 38068/2021, i limiti di pignorabilità delle somme spettanti a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a titolo di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengano luogo di pensione o di assegno di quiescenza, previsti dall’art. 545 cod. proc. civ., si applicano anche alla confisca per equivalente ed al sequestro ad essa finalizzato.
Nella stessa decisione è ulteriormente chiarito che l’applicabilità della norma processual-civilistica anche nel campo cautelare penale è condizionata all’attestazione della causale dei versamenti così come occorre che gli importi da sequestrare siano imputabili con certezza a detti titoli (Sez. 6, n. 13422 del 13/3/2019 e Sez. 6, n. 8822 del 08/01/2020, Rv. 278560).
Tale aspetto inevitabilmente si riflette sugli oneri di allegazione incombenti sul soggetto interessato, sicché la mancata emersione della natura qualificata dei crediti oggetto del sequestro implica la inoperatività della norma. Pertanto, si è statuito il seguente principio: “in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, non possono essere vincolati emolumenti retributivi o pensionistici che siano stati accreditati su conto bancario o postale, se non per gli importi eccedenti il triplo della pensione sociale, quale limite generale stabilito in materia di pignorabilità dall’art. 545 cod. proc. civ. senza che possa ostarvi la confusione di tali somme con il restante patrimonio mobiliare del soggetto, quando sia attestata la causale dei versamenti“.
Il collegio ha inoltre osservato che la normativa in esame differenzia la rilevanza del momento in cui è avvenuto l’accreditamento delle somme solo su un piano di mera gradazione della pignorabilità. Infatti, l’art. 545, comma 8, cod. proc. civ., ha superato anche con riferimento a tali specifici crediti qualificati, il principio di “confusione” conseguente all’accredito in conto corrente bancario o postale delle somme corrisposte dal datore di lavoro o dall’istituto previdenziale ed ha previsto un regime di parziale impignorabilità, differenziato proprio in base al momento dell’accredito: se anteriore al pignoramento, dette somme possono essere pignorate solo per l’importo eccedente il triplo della pensione sociale; se, invece, l’accredito avvenga alla data del pignoramento o in data successiva, dette somme possono essere pignorate entro i limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge.
Ne consegue, dunque, che è la stessa disciplina normativa a considerare non dirimente, ai fini dell’applicabilità dei limiti di pignorabilità, il momento dell’accredito delle somme, idoneo invece solo a differenziare l’entità delle predette limitazioni.
Sulla base di queste premesse, il collegio ha ritenuto infondato il convincimento espresso nell’ordinanza impugnata circa la genericità e la mancanza di idonea documentazione dell’istanza della ricorrente ed ha, al contrario, riconosciuto che la domanda dell’istante fosse adeguatamente specifica ed accompagnata da documentazione pertinente.
Hanno osservato infine i giudici di legittimità che, pendente il ricorso, la disciplina dell’art. 545 cod. proc. civ. è stata modificata dal d.l. n. 115/2022, coordinato con la legge di conversione 21 settembre 2022, n. 142, recante: «Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali», il quale all’art. 21-bis ha modificato il settimo comma della norma, inserendo una soglia minima di impignorabilità. Pertanto, anche in ragione di tale ius superveniens, concernente una norma che stabilisce un principio generale con effetto più favorevole, si impone un giudizio rescindente con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Milano.
L’esito, a questo punto scontato, è stato l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

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