
Premessa
C’è stato un tempo in cui il dubbio era insieme un’arte e un canone e chi lo coltivava era apprezzato e considerato alla stregua di un saggio.
Oggi il dubbio sembra un segno di debolezza e di incapacità decisionale.
Ecco allora che proliferano attività e decisioni ed effetti che, in nome del nuovo mantra, producono effetti lesivi a livello individuale e destabilizzanti a livello sistemico.
Ce lo ricorda Cass, Pen., Sez. 6^, sentenza n. 48324/2022.
Vicenda
BC è indagato per il delitto di cessione di sostanze stupefacenti.
Secondo l’ipotesi d’accusa avrebbe ceduto più volte stupefacenti a ST.
In una di queste occasioni gli avrebbe consegnato 50 grammi di cocaina per un controvalore di € 3.500 euro.
Il GIP competente applica nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere.
BC chiede il riesame ma il tribunale conferma la misura.
Il suo difensore ricorre per cassazione.
Decisione
Il collegio di legittimità esclude la ricorrenza della gravità indiziaria., ritenendo che sia stata ricavata da presunzioni prive di adeguato riscontro nell’attività investigativa svolta.
Queste le ragioni del convincimento del collegio:
“L’ordinanza impugnata, nel condividere l’ipotesi accusatoria, ha ricostruito la cessione di cocaina in base alle intercettazioni della chat di WhatsApp di due sole conversazioni, rispettivamente del 18 giugno 2021 e del 7 luglio 2021 da cui aveva arguito l’utilizzo di un linguaggio criptico, per cui lì dove si parlava di “50 litri e 300” di “vino buono” si trattava di 50 g di cocaina e lì dove si parlava di “scatola dello sterzo” si trattava di altro stupefacente.
La conferma a detto assunto era data, secondo il provvedimento impugnato, dall’esito della perquisizione, avvenuta il 29 giugno 2021, a distanza di 11 giorni dalla prima conversazione menzionata, nell’abitazione di ST, in cui erano state trovate 13 dosi di cocaina.
Per comprovare il versamento del prezzo dello stupefacente da parte di ST, pari a € 3.500, il tribunale aveva valorizzato la contestuale vendita di questi della propria moto a tale SL, che non aveva preteso alcuna ricevuta da ciò desumendo che si trattasse di una vendita simulata, ad un prestanome del ricorrente, per pagare il prezzo della cessione di droga, visto che BC non solo aveva il possesso dei documenti del veicolo intestato ad altri, ma dopo pochi giorni lo aveva rivenduto ad un terzo, RL, ad ulteriore riprova della fittizietà dell’atto.
A detto episodio ne era seguito un altro in cui i due interlocutori, BC e ST, avevano parlato della “scatola dello sterzo” della moto venduta che, ancora una volta, doveva celare un linguaggio criptico poiché, secondo il provvedimento, il mezzo non avrebbe potuto essere ceduto senza un apparato indispensabile come lo sterzo.
Al di là del fatto che BC fosse dipendente di un’azienda agricola, la motivazione, volta a spiegare la compravendita della moto come contratto simulato per il pagamento della droga al ricorrente, è gravemente carente in quanto: a) la moto esiste ed è stata venduta alla cifra indicata di euro 3500; b) la sua consegna è avvenuta il 21 giugno 2021, cioè prima della perquisizione a casa di ST; c) la mancata intestazione a favore di BC è dipesa da una giustificazione, offerta da questi e del tutto plausibile, che egli fosse debitore di Equitalia e dunque temesse una rivalsa sul mezzo.
In sostanza la difesa ha prodotto documenti e argomenti tali da comprovare da un lato l’effettività della vendita della moto, così facendo venire meno il passaggio argomentativo che ha visto nella consegna di questa il pagamento della cocaina; dall’altro escludendo la cripticità del linguaggio connesso alla consegna dello sterzo, ovvero bloccasterzo, della moto“.
Il ricorso di BC è stato accolto e l’ordinanza impugnata è stata annullata senza rinvio.

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