LE GUIDE DI TERZULTIMA FERMATA

Le intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni (Parte 8)

L’esportazione dei risultati delle intercettazioni

  Art. 270

1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza e dei reati di cui all’articolo 266, comma 1.

1-bis. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile possono essere utilizzati anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione qualora risultino indispensabili per l’accertamento dei delitti indicati dall’articolo 266, comma 2-bis.

2. Ai fini della utilizzazione prevista dal comma 1, i verbali e le registrazioni delle intercettazioni sono depositati presso l’autorità competente per il diverso procedimento. Si applicano le disposizioni dell’articolo 268, commi 6, 7 e 8.

3. Il pubblico ministero e i difensori delle parti hanno altresì facoltà di esaminare i verbali e le registrazioni in precedenza depositati nel procedimento in cui le intercettazioni furono autorizzate.

Art. 270 Il procedimento penale diverso (1)

Il primo ed essenziale problema posto dalla norma è la corretta identificazione del concetto di procedimento diverso.

È stato anzitutto escluso che il frazionamento di un procedimento originariamente unitario, dovuto all’eterogeneità delle ipotesi di reato e degli indagati, dia luogo a diversità di procedimenti sicché l’ipotesi è estranea alla disciplina dell’art. 270 c.p.p. che invece richiede procedimenti distinti ab origine (Cass. Pen. Sez. 5^, 43977/2017). Lo stesso vale ovviamente nei casi di distinzione solo fisica degli incartamenti tra due procedimenti in realtà unitari e nel caso che, per eventi di natura meramente procedimentale, il procedimento iniziale sia stato scomposto in più procedimenti ad ognuno dei quali sia stato assegnato un diverso numero di iscrizione nel registro delle notizie di reato (Cass. Pen. Sez. 1^, 29421/2006).

La medesima soluzione giuridica si estende al caso del mutamento dell’iniziale qualificazione giuridica del fatto (Cass. Pen. Sez. 6^, 9247/1994 e, più di recente, Cass. Pen., Sez. 6^, 50072/2009). Il medesimo principio si applica al caso in cui in un procedimento archiviato venga autorizzata la riapertura delle indagini in conseguenza del rinvenimento di nuovi elementi di prova (Cass. Pen. Sez. 6^, 1626/1996).

Si è precisato inoltre che l’espressione “diverso procedimento” ha un significato sostanziale e non riguarda i casi in cui sia presente una connessione rilevante secondo l’art. 12 c.p.p. di tipo investigativo (Cass. Pen. Sez. 6^, 41771/2017). Questa connessione può essere di tipo oggettivo, probatorio o finalistico e quando è presente non si applica la disciplina prevista per i procedimenti diversi (Sez. 5^, 45535/2016). Sul punto si segnala la sentenza Cavallo delle Sezioni unite (n. 51/2020) secondo cui «Il divieto di cui all’art. 270 di utilizzazione dei risultati di intercettazioni di conversazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali siano state autorizzate le intercettazioni – salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza – non opera con riferimento ai risultati relativi a reati che risultino connessi ex art. 12 a quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era stata ab origine disposta, sempre che rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dalla legge».

Art. 270

Il procedimento penale diverso (2)

L’emersione di più reati nell’ambito del medesimo procedimento è una situazione estranea a quella regolata dall’art. 270 c.p.p. e consente la piena utilizzazione dei risultati delle intercettazioni per tutti i reati ipotizzati dall’accusa, anche per quelli che da soli non avrebbero consentito le intercettazioni stesse (Cass. Pen. Sez. 6^, 41768/2017).

L’esportazione delle intercettazioni da un procedimento a un altro non è condizionata da alcun limite soggettivo e il loro contenuto può essere quindi utilizzato nei confronti di qualsiasi individuo nei cui confronti quel contenuto evidenzi elementi di responsabilità (Cass. Pen. Sez. 6^, 9822/1992).

Si segnala infine un’interessante questione circa l’utilizzabilità delle intercettazioni ai fini dell’accertamento della responsabilità amministrativa dell’ente prevista dal D. Lgs. 231/2001. Cass. Pen. Sez. 6^, 41768/2017, ha chiarito al riguardo che «I risultati desumibili dalle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni ordinate per il reato presupposto sono comunque utilizzabili anche per accertare la responsabilità dell’ente, ed anche se il procedimento relativo a quest’ultimo sia stato formalmente separato per vicende successive».

                                                              Art. 270

Indispensabilità per l’accertamento di delitti per i quali sia obbligatorio l’arresto in flagranza

Il concetto di indispensabilità comprende l’accertamento non solo del fatto reato ma dell’intera imputazione e dunque anche i fatti inerenti la punibilità, la determinazione della pena e le circostanze del reato (Cass. Pen. Sez. 2^, 2809/2016).

L’indispensabilità ricorre anche quando le captazioni servano solamente come riscontri per il rafforzamento di dichiarazioni accusatorie (Cass. Pen. Sez. 2^, 12625/2015).

                                                           Art. 270

                                                Divieto di utilizzazione

Il divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni telefoniche in procedimenti diversi di cui all’art. 270 c.p.p. riguarda solo la valutazione degli stessi come elementi di prova e non anche la possibilità di utilizzarli come notizia di reato ai fini dell’avvio di nuove indagini e dell’acquisizione di ulteriori fonti probatorie (Cass. Pen. Sez. 3^, 12536/2015).

Sullo stesso tema, sia pure diversamente declinato, Cass. Pen. Sez. 2^, 17759/2017, ha ritenuto legittima la traslazione di intercettazioni che sono state utilizzate nel procedimento ad quem al solo fine dell’accertamento della capacità di stare in giudizio dell’imputato, ovviando in tal modo al problema posto dal costante rifiuto di costui di sottoporsi a un colloquio clinico psichiatrico. La conclusione dei giudici di legittimità è stata fondata sull’equiparazione ad una notizia di reato della registrazione da cui risultava che l’imputato aveva fraudolentemente simulato o enfatizzato disturbi psichiatrici con l’obiettivo evidente di paralizzare la celebrazione del giudizio.

A sua volta, Cass. Pen. Sez. 4^, 5306/2017, ha escluso che il divieto possa riguardare le intercettazioni consentite dall’art. 295 comma 3 c.p.p. per la ricerca dei latitanti. Ciò per via dell’espresso rinvio che tale norma fa all’art. 270 c.p.p. e del convincimento che esso non possa avere l’unica funzione di richiamare le garanzie difensive previste dai commi 2 e 3 di quest’ultima norma, dal momento che tali garanzie hanno senso solo in relazione all’applicabilità del primo comma e, dunque, alla utilizzabilità probatoria dei risultati delle intercettazioni nel diverso procedimento.

La dichiarata inutilizzabilità delle intercettazioni nel procedimento a quo non impedisce che le stesse, una volta acquisite nel procedimento ad quem, siano riconosciute invece utilizzabili dal giudice competente (Cass. Pen. Sez. 1^, 2599/2003). L’autonomia del secondo giudice è stata recentemente ribadita da Cass. Pen. Sez. 6^, 36874/2017 anche in senso contrario, potendo cioè il giudice ad quem ritenere inutilizzabili intercettazioni considerate utilizzabili nel procedimento a quo.

Cass. Pen. Sez. 1^, 4048/1998, afferma che non è vietato acquisire in un procedimento penale italiano i risultati delle intercettazioni svolte in un procedimento penale estero che siano stati acquisiti mediante rogatoria. La legittimità di quest’operazione è tuttavia subordinata ad alcune condizioni: l’utilizzazione concreta non può eccedere i limiti eventualmente posti dall’autorità straniera; le intercettazioni devono essere state condotte nel rispetto della legge nazionale dello Stato straniero; le stesse devono rispettare i principi fondamentali di garanzia propri del nostro ordinamento costituzionale. Al contrario, nei casi di palese inutilizzabilità della traslazione delle intercettazioni, non si può surrettiziamente recuperarne il contenuto con la deposizione degli addetti di PG che hanno proceduto all’ascolto (Cass. Pen. Sez. 6^, 4136/1996).

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Deposito degli atti presso l’autorità competente per il diverso procedimento

In via generale, la giurisprudenza di legittimità afferma che l’obbligo di deposito sancito dall’art. 270 comma 2 riguarda esclusivamente gli atti ivi specificamente menzionati, cioè i verbali e le registrazioni. Non comprende invece i decreti autorizzativi sicché la loro mancata inclusione nel compendio depositato nel procedimento ad quem non determina alcuna sanzione (Cass. Pen. Sez. unite, 45189/2004).

Merita di essere segnalata la distinzione operata nell’occasione dalle Sezioni unite tra il procedimento per l’ammissione delle intercettazioni e quello per la selezione delle prove acquisite per loro tramite. Il massimo collegio di legittimità ha ritenuto che l’art. 270 incorpora soltanto il secondo dei due e quindi, essendogli funzionalmente estranea la verifica dell’ammissibilità dell’intercettazione, il deposito dei provvedimenti autorizzativi non gli è indispensabile. Ha però contestualmente riconosciuto che se nel giudizio a quo vi sono state violazioni tali da rendere la prova inutilizzabile, gli effetti della inutilizzabilità non possono non riverberarsi anche nel procedimento ad quem. Perché questo accada, tuttavia, occorre l’attivazione di chi vi abbia interesse, nel senso che ha l’onere di produrre, ove chieda il riconoscimento dell’inutilizzabilità per vizi propri del procedimento a quo, i decreti autorizzativi idonei a dimostrare la fondatezza della sua tesi. Specularmente, il giudice del procedimento ad quem è tenuto a dichiarare anche d’ufficio l’inutilizzabilità che risulti per tabulas ma non ha invece l’obbligo di controllare gli atti che gli sono stati sottoposti alla ricerca di eventuali violazioni normative. La dichiarazione di inutilizzabilità, beninteso, produce effetti limitatamente al procedimento ad quem e non vincola in alcun modo le valutazioni del procedimento a quo. Come si vedrà immediatamente di seguito, la giurisprudenza di legittimità successiva all’intervento delle Sezioni unite si è in più di un caso discostata, sebbene non in modo esplicito, dai principi che queste avevano affermato.

Cass. Pen. Sez. 7^, 46147/2017 ha affermato che l’omissione del deposito degli atti non determina, anche quando comprenda i nastri su cui sono impresse le registrazioni, l’inutilizzabilità degli stessi poiché l’art. 270 non prevede questa sanzione. Questo principio rimane valido anche dopo la sentenza 336/2008 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 268 c.p.p., per contrasto con gli artt. 3, 24, comma 2 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate. La decisione della Consulta ha indubbiamente ampliato i diritti della difesa, incidendo sulle forme e sulle modalità di deposito delle bobine, ma senza incidere sul regime delle sanzioni processuali in materia di inutilizzabilità delle intercettazioni di cui all’art. 271 c.p.p.

Ugualmente, Cass. Pen. Sez. 1^, 18876/2017 ha ritenuto utilizzabili, ai fini cautelari, i risultati delle intercettazioni telefoniche, disposte a seguito di captazione eseguita in diverso procedimento, di cui non sia stato acquisito l’originario provvedimento autorizzativo né sia stato effettuato alcun deposito ai sensi dell’art. 270. La decisione ha chiarito che i risultati dell’intercettazione del procedimento a quo influiscono sulle autorizzazioni relative al procedimento ad quem come mero presupposto di fatto, incidente sulla motivazione dei successivi, autonomi provvedimenti autorizzativi solo sotto il profilo della loro rilevanza ai fini della verifica dei “gravi indizi di reato”, richiesta dall’art. 267, comma 1, c.p.p., mentre il deposito di cui all’art. 270, comma 2, c.p.p. – da effettuarsi con le modalità previste dall’art. 268, commi 6 e 8, cod. proc. pen. – non rileva, a pena di inutilizzabilità, nel corso delle indagini preliminari, trattandosi di adempimento che può essere legittimamente procrastinato per esigenze investigative, non oltre il termine delle indagini stesse, ex art. 268, comma 5, c.p.p. fermo restando che, ove la parte richieda una verifica al riguardo, il giudice di merito è tenuto ad effettuarla in via incidentale.

Nel caso in cui i risultati intercettivi siano prodotti in un diverso procedimento per essere valutati ai fini dell’eventuale emissione di una misura cautelare, è sufficiente il loro inserimento tra gli atti depositati a sostegno della richiesta e non è quindi indispensabile il loro recepimento formale nel procedimento ad quem (Cass. Pen. Sez. 6^, 14246/2007).

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Competenza a riconoscere la violazione dell’art. 270 comma 1 e dichiarare l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni illegittime

Cass. Pen. Sez. 6^, 52603/2016, ha affermato che , in sede di udienza preliminare, è corretto il comportamento del giudice che, essendogli stato chiesto di dichiarare l’inutilizzabilità di intercettazioni acquisite in violazione dell’art. 270, abbia declinato la competenza a favore del giudice della successiva fase di merito. Ciò perché solo una valutazione complessiva del materiale probatorio al momento della definizione delle diverse posizioni processuali può consentire al giudice di esaminare le eccezioni rilevanti ai fini della decisione resa all’esito della discussione delle parti.

A sua volta, Cass. Pen. Sez. 3^, 40209/2014, ha ritenuto che il GIP non è tenuto a decidere anticipatamente, rispetto alla trattazione del merito, le questioni riguardanti l’utilizzabilità degli atti processuali al fine di consentire all’imputato di valutare l’opportunità di accedere a rito abbreviato nella piena conoscenza delle prove utilizzabili, in quanto nessun obbligo in tal senso è contemplato dalle disposizioni processuali. Un’anticipazione della pronuncia sulla utilizzabilità della prova nel corso dell’udienza preliminare è irrituale in mancanza di un sistema di decisione graduale sul merito della richiesta di rinvio a giudizio, oltre che inutile. La disciplina in rito dell’udienza (art. 421 c.p.p.) non contempla alcun momento in cui il Gip sia chiamato a statuire sulla utilizzabilità delle prove e non vi è sanzione per una siffatta mancanza e la stessa struttura e finalità del giudizio abbreviato preclude al giudice di statuire, a mezzo di ordinanza, sull’ammissione delle prove ai sensi dell’art. 190 comma 1, c.p.p., momento, questo, che appartiene invece al giudizio come dibattimento.

Diverso e più pregnante è invece, secondo Cass. Pen. Sez. 6^, 36874/2017, l’onere valutativo che spetta al GIP cui sia chiesta l’emissione di una misura cautelare che si fondi su intercettazioni provenienti da un diverso procedimento. In tal caso, infatti, tale giudice, come si è già detto, ha il potere/dovere di compiere un autonomo apprezzamento sul materiale intercettivo che si deve estendere non solo al significato probatorio ma, prima ancora, alla sua utilizzabilità. Lo stesso onere spetta di seguito al Tribunale del Riesame, tanto più a fronte di specifiche censure sul punto.