Dichiarazione di assenza: non è idonea l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio (di Riccardo Radi)

L’elezione di domicilio deve essere seria e reale, dovendo essere apprezzabile un rapporto tra il soggetto ed il luogo dove dovrebbero essere indirizzati gli atti, onde evitare elezioni di domicilio “disattente” e “poco consapevoli”.

Si segnala la sentenza della cassazione sezione 2 numero 48030 depositata il 19 dicembre 2022 che è tornata ad occuparsi della questione relativa alla necessità di evitare interpretazioni che rendano di fatto inoperante la disposizione di cui all’art. 162, comma 4-bis cod. pen., occorrendo avere ben presente la sequenza di operazioni di notificazioni che consegue al rifiuto del difensore di ufficio.

La Suprema Corte ha ricordato che ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa. (Principio affermato in relazione a fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162, comma 4-bis, cod. proc. pen. adopera della legge 23 giugno 2017, n. 103). (Sez. U n. 23948 del 28/11/2019, Ismail, Rv. 279420-01).

Il principio in questione è stato poi ribadito e puntualizzato da altre decisioni, che hanno affermato che in tema di notificazioni, qualora l’indagato abbia eletto domicilio presso il difensore d’ufficio, e questi abbia rifiutato – a norma dell’art. 162, comma 4-bis, cod. proc. pen. – la veste di domiciliatario, l’avviso della conclusione delle indagini preliminari, non consegnatogli personalmente a cagione del mancato rintraccio nei luoghi risultanti dagli atti, deve essergli notificato a norma degli articoli 157 e, eventualmente, 159 cod. proc. pen., sicché è affetta da nullità assoluta la notifica effettuata al difensore di ufficio ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., trattandosi di forma diversa da quella prescritta dalla legge, del tutto inidonea ad assicurare la reale ed effettiva conoscenza dell’atto da parte dell’indagato (Sez. 5, n. 32586 del 14/06/2022, non massimata), chiarendo in modo esplicito come in caso di elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio e rifiuto dello stesso alla ricezione degli atti neanche la notifica ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen. rispetta i requisiti previsti dalla legge per come elaborati a seguito delle decisioni in sede europea.

In epoca di poco precedente la cassazione ha anche affermato, in senso conforme, che in tema di elezione di domicilio effettuata dall’imputato presso il difensore d’ufficio, qualora quest’ultimo non accetti la veste di domiciliatario, come consentito dal comma 4-bis dell’art. 162 cod. proc. pen., introdotto della legge 23 giugno 2017, n. 103, e l’imputato non provveda ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio, deve procedersi alla notificazione ai sensi degli artt. 157 ed eventualmente 159 cod. proc. pen., in quanto, se si effettuasse la notificazione allo stesso difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., ne risulterebbe frustrata la specifica finalità del comma 4-bis dell’art. 162 cit. di rendere reale ed effettiva la conoscenza del processo da parte di chi si trovi sottoposto a procedimento penale ed assistito da un difensore d’ufficio (Sez. 1, n. 17096 del 09/03/2021, Rv. 281198-01) sottolineando ancora una volta la necessità del riscontro di una reale ed effettiva conoscenza del processo.

In tal senso, si è in modo del tutto condivisibile affermato che: “L’evoluzione normativa sul tema delle garanzie di conoscenza e partecipazione del procedimento e la giurisprudenza della Corte EDU costituiscono i due fattori determinati che hanno portato le Sezioni Unite a ritenere l’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio non indicativa della concreta e reale conoscenza del procedimento, che sola potrebbe legittimare una notifica non a mani proprie del decreto di citazione a giudizio; a meno che, ovviamente, non emerga in concreto l’effettivo instaurarsi del rapporto professionale con il collegato passaggio di informazioni circa la data e il luogo di celebrazione del processo e l’accusa a carico, dal difensore di ufficio all’imputato.

Partendo dal presupposto logico-giuridico che il processo in assenza non nasce come forma di “sanzione” per l’imputato, le Sezioni Unite avvertono che le situazioni di cui all’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen. non rappresentano presunzioni di conoscenza del procedimento, pena la regressione dell’attuale sistema — a dispetto delle finalità che lo hanno ispirato e che hanno condotto ad una lunga evoluzione normativa e giurisprudenziale sul tema delle garanzie di partecipazione al procedimento — all’assetto antecedente all’entrata in vigore del nuovo codice di rito.

Pertanto, “alcun effetto conseguirà ad una impossibilità di regolare notifica: risultare sloggiato al domicilio eletto non consentirà di procedere in assenza sulla scorta della notifica quale soggetto irreperibile o presso la casa comunale; risultare irreperibile non consentirà che la pur valida notifica ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. prevalga sul dato sostanziale della non conoscenza; aver nominato un difensore di fiducia che ha poi rinunciato al mandato o che sia stato revocato parimenti non consentirà di procedere senza certezza della conoscenza”.

Ed in particolare, avuto riguardo alle elezioni di domicilio relative a soggetti stranieri più o meno precari in Italia, le Sezioni Unite hanno sostenuto che l’elezione di domicilio deve essere seria e reale, dovendo essere apprezzabile un rapporto tra il soggetto ed il luogo dove dovrebbero essere indirizzati gli atti, onde evitare elezioni di domicilio «disattente» e «poco consapevoli».

Nella fattispecie decisa (concernente fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162, comma 4- bis, cod. proc. pen. (ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103), le Sezioni Unite hanno ritenuto corretta la statuizione della Corte di appello che aveva rilevato, di ufficio, la nullità della sentenza di primo grado per essere stata preceduta da una dichiarazione di assenza fondata sull’elezione di domicilio presso un difensore di ufficio da parte di un soggetto straniero, avvenuta in una fase precoce dell’evoluzione procedimentale, ritenendo, altresì, che non vi fosse prova della conoscenza della chiamata in giudizio né di indicatori di una volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento da parte dell’imputato.

Da quanto sinora esposto, è evidente che il fondamento del sistema processuale di notifiche in vista della citazione in giudizio è incentrato sull’effettività della conoscenza; sull’accertamento che la parte sia personalmente informata del contenuto dell’accusa e del giorno e luogo della udienza e, quindi, il processo in assenza è ammesso solo quando sia raggiunta la certezza della conoscenza da parte dell’imputato (sicché, quando il giudice non abbia raggiunto la certezza della conoscenza della chiamata in giudizio da parte dell’imputato, deve disporre la notifica «personalmente ad opera della polizia giudiziaria»: così le Sezioni Unite, che richiamano l’art. 420-quater, cod. proc. pen.)

Come noto, poi, il percorso interpretativo del massimo collegio nomofilattico aveva già chiaramente indicato che l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di “vocatio in iudicium”, sicché tale non può ritenersi la conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, fermo restando che l’imputato non deve avere rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza (Sez. U, n. 28912 del 28/2/2019, Innaro, Rv. 275716).

Sulla base di tali premesse, la giurisprudenza delle Sezioni semplici ha richiamato la necessità dell’effettiva conoscenza del processo (intesa come vocatio in ius), a prescindere dall’esistenza di notifiche formalmente regolari attestanti la conoscenza del procedimento. Si è così condivisibilmente affermato che, nel giudizio in assenza, è affetta da nullità assoluta, deducibile in ogni stato e grado del procedimento, la notifica del decreto di citazione all’imputato eseguita presso il difensore d’ufficio domiciliatario, ove non sia stata accertata la sussistenza dell’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale e l’imputato o di altri elementi idonei a far ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento (Sez. 5, n. 22752 del 21/1/2021, Rv. 281315; vedi anche Sez. 3, n. 11813 del 24/11/2020, dep. 2021, Rv. 281483 in tema di rescissione del giudicato e notifica al difensore d’ufficio presso cui si sia eletto domicilio, nonché Sez. 5, n. 19949 del 6/4/2021, Rv. 281256, in tema di rescissione del giudicato e notifica al difensore di fiducia domiciliatario, successivamente cancellatosi dall’albo degli avvocati).

Nella fattispecie esaminata viene in risalto un’ulteriore questione, e cioè se sia corretta o meno la procedura di notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e, successivamente, del decreto di citazione a giudizio, al difensore d’ufficio indicato domiciliatario, il quale si sia rifiutato di ricevere gli atti a tale titolo, ai sensi dell’art. 162, comma 4-bis cod. proc. pen.

Ebbene, negli atteggiamenti ermeneutici antecedenti al consolidarsi della giurisprudenza delle Sezioni Unite Ismail ed Innaro, si era fatta strada la tesi secondo cui, in tema di elezione di domicilio effettuata dall’imputato presso il difensore d’ufficio, qualora quest’ultimo non accetti la veste di domiciliatario, come consentito dal comma 4- bis dell’art. 162 cod. proc. pen., introdotto della legge 23 giugno 2017, n. 103, e l’imputato non provveda ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio, si deve procedere comunque mediante notifica allo stesso difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., diversamente determinandosi una situazione di stallo non superabile.

Tale indirizzo non è condiviso dalla sentenza esaminata che precisa che l’attuale sistema processuale di garanzie di conoscenza effettiva del processo, disegnato dalle Sezioni Unite calibrandolo sulle modifiche del legislatore, lette nel prisma della giurisprudenza della Corte EDU (in particolare, le sentenze Somogyi c. Italia del 18 maggio 2004 e Sejdovic c. Italia del 10 novembre 2004, cfr. anche Corte EDU, Huzuneanu c. Italia, del 1 settembre 2016), non possa che portare al superamento di tale impostazione interpretativa, ispirato da considerazioni pratiche per la risoluzione di una situazione che obiettivamente determina dilatazione dei tempi e degli adempimenti procedimentali.

Ed infatti, già Sez. 1, n. 17096 del 9/3/2021, Rv. 281198 – richiamata la sentenza Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420 – ha affermato il principio, qui ribadito, secondo cui, in tema di elezione di domicilio effettuata dall’imputato presso il difensore d’ufficio, qualora quest’ultimo non accetti la veste di domiciliatario, come consentito dal Gomma 4-bis dell’art. 162 cod. proc. pen., introdotto della legge 23 giugno 2017, n. 103, e l’imputato non provveda ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio, deve procedersi alla notificazione ai sensi degli artt, 157 ed eventualmente 159 cod. proc. pen, in quanto se si effettuasse la notificazione ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., ne risulterebbe frustrata la specifica finalità del comma 4-bis dell’art. 162 cit. di rendere reale ed effettiva la conoscenza del processo da parti di chi si trovi sottoposto a procedimento penale ed assistito da un difensore d’ufficio”. (Sez. 5, n. 32586 del 14/06/2022, non massimata).

É stata, dunque, ben evidenziata la necessità di evitare interpretazioni che rendano di fatto inoperante la disposizione di cui all’art. 162, comma 4-bis cod. pen., occorrendo avere ben presente la sequenza di operazioni di notificazioni che consegue al rifiuto del difensore di ufficio.

Le alternative che si pongono sono evidentemente quelle relative al procedimento previsto dall’art. 161, comma 4, e 157, con i suoi criteri in sequenza per effettuare le ricerche del destinatario non detenuto, con eventuale conseguente declaratoria di irreperibilità ex art. 159 cod. proc. pen.

Occorrendo, dunque, garantire l’effettività della conoscenza della celebrazione del processo nei confronti dell’imputato, appare condivisibile l’opzione ermeneutica evidenziata dalle decisioni appena richiamate. (Sez. 5, n. 32586 del 14/06/2022, non massimata; Sez. 1, n. 17096 del 09/03/2021, Rv. 281198-01).

In tal senso è stato correttamente evidenziato che nel caso in cui un soggetto privo di difensore di fiducia, sia nell’impossibilità di indicare un luogo dove ricevere le notificazioni degli atti processuali, perché privo di fissa dimora, ipotesi spesso ricorrente per cittadini stranieri, deve essere ritenuto che l’inefficacia dell’elezione di domicilio vada interpretata come insussistenza di un domicilio da eleggere.

Ne consegue che l’assenza dal processo dell’imputato deve derivare realmente da una scelta volontaria dello stesso di sottrarsi al contraddittorio e non da eventuali conseguenze derivanti da un rapporto con un difensore di ufficio che con il rifiuto di elezione di domicilio evidenzia l’assenza dì consapevolezza e conoscenza da parte del proprio assistito.

Deve quindi essere rilevata la nullità assoluta della notifica effettuata al difensore d’ufficio dell’avviso di conclusione indagini preliminari e del decreto che dispone il giudizio, atteso che la notifica, eseguita in forme diverse da quelle prescritte, è risultata in concreto inidonea a realizzare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato (Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, Rv. 229541-01, nello stesso senso, con riferimento a caso specifico relativo all’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza per garantire rimedi restitutori, anche Sez. U, n. 15948 del 26/11/2021, Rv. 280931-01; Sez. 5, n. 32586 del 14/06/2022, non massimata; Sez. 1, n. 17096 del 09/03/2021, Rv. 281198-01).

Devono conseguentemente essere annullate la sentenza dì primo grado e quella di appello e gli atti trasmessi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ancona per l’ulteriore corso.