Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e i suoi capi (di Vincenzo Giglio)

Oggi parliamo del DAP, delle sue competenze e dei suoi capi nel corso del tempo.

In sintesi il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, istituito dall’art. 30 della Legge 395/1990, nell’ambito del Ministero della Giustizia, ha le seguenti competenze:

• attuazione della politica dell’ordine e della sicurezza negli istituti e servizi penitenziari e del trattamento dei detenuti e degli internati, nonché dei condannati ed internati ammessi a fruire delle misure alternative alla detenzione

• coordinamento tecnico operativo, direzione ed amministrazione del personale e dei collaboratori esterni dell’amministrazione

• direzione e gestione dei supporti tecnici, per le esigenze generali del dipartimento.

Una descrizione assai vaga e generica ma, per chi volesse saperne di più, basta scaricare la nota allegata in calce che consente di apprezzare nel dettaglio l’importanza di questa articolazione ministeriale, la vastità dei compiti che le sono affidati, la dimensione quantitativa del personale in pianta organica e, in ultima analisi, l’elevatissima capacità manageriale necessaria per gestire con efficacia una struttura così imponente.

Secondo l’art. 30, comma 2, della citata Legge 395, il capo del DAP può essere scelto esclusivamente all’interno di due categorie: magistrati di cassazione con funzioni direttive superiori o dirigenti generali di pari qualifica.

Vediamo adesso la lista storica dei capi del DAP in carica dall’entrata in vigore della L. 395 e le loro funzioni precedenti all’incarico.

  1. Nicolò Amato (1983-1993): sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma.
  2. Adalberto Capriotti (1993-1995): procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Trento.
  3. Salvatore Cianci (1995-1996): procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catanzaro.
  4. Michele Coiro: (1996-1997): procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma.
  5. Alessandro Margara (1997-1999): presidente del tribunale di sorveglianza di Firenze.
  6. Giancarlo Caselli (1999-2000): procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo.
  7. Paolo Mancuso (2000-2001): coordinatore della direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli.
  8. Giovanni Tinebra (2001-2006): procuratore della Repubblica presso il tribunale di Caltanissetta.
  9. Ettore Ferrara (2006-2008): consigliere della Corte di cassazione (addetto alla sezione tributaria).
  10. Franco Ionta (2008-2012): procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma.
  11. Giovanni Tamburino (2012-2014): presidente del tribunale di sorveglianza di Roma.
  12. Santi Consolo (2014-2018): sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione.
  13. Francesco Basentini (2018-2020): procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Potenza.
  14. Bernardo Petralia (2020-2022): procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Reggio Calabria.
  15. Carlo Renoldi (2022): consigliere della Corte di cassazione.

Va sottolineato che molti di costoro hanno fatto parte del CSM: ne sono stati componenti Cianci, Coiro, Caselli, Tinebra, Ferrara, Tamburino, Consolo e Petralia.

Si può a questo punto trarre qualche dato d’insieme.

A capo del DAP sono stati scelti sempre e solo magistrati, nonostante la possibilità di nomina di dirigenti pubblici non appartenenti all’ordine giudiziario.

La gran parte di costoro provengono dai ranghi della magistratura requirente e si sono per lo più distinti in indagini su fenomeni mafiosi o terroristici.

La maggioranza ha fatto parte del CSM e una maggioranza ancora più alta ha avuto incarichi fuori ruolo e/o di rappresentanza associativa.

Per contro, solo una sparuta minoranza di essi ha prestato servizio nella magistratura di sorveglianza e solo uno, Margara, ha dedicato pressoché interamente la sua vita professionale a quella branca.

Se sulla base di questi dati, assai grezzi ma comunque tali da rappresentare un trentennio, si tracciasse il profilo del candidato più probabile alla direzione del DAP, corrisponderebbe a queste caratteristiche: magistrato, pubblico ministero (meglio se antimafia), esperienza nel CSM, militanza associativa, estraneità ai temi della questione carceraria.

E la dimostrata capacità direttiva di strutture iper-complesse come il DAP? Sembrerebbe non richiesta.

E la conoscenza dei meccanismi dell’amministrazione pubblica? Sembrerebbe non richiesta.

E chi tra tutti i capi del DAP sembra avere lasciato il ricordo migliore? A detta di molti Margara che non era PM, non è stato membro del CSM, ma ai detenuti ha dedicato la vita professionale e non solo.