Delitto consumato o tentato: il discrimine tra accidentalità e preordinazione dell’intervento delle forze dell’ordine (di Riccardo Radi)

Si segnala una interpretazione restrittiva dell’ipotesi del tentativo che distingue l’intervento delle forze dell’ordine, che ha interrotto la condotta criminosa, in accidentale o preordinato.

La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 47317 depositata il 14 dicembre 2022 ha stabilito che per una valutazione corretta della qualificazione tra delitto consumato o tentato è necessario effettuare una distinzione tra i casi in cui la polizia giudiziaria intervenga, del tutto accidentalmente, oppure in maniera estemporanea e non specificamente preordinata, e i casi in cui sia stata specificamente e preventivamente attuata una fase investigativa, propedeutica all’osservazione ed al monitoraggio dei soggetti nei confronti dei quali erano già in corso attività di indagine.

La Suprema Corte sottolinea che nel primo caso, nel quale l’intervento sopravvenuto e casuale della polizia giudiziaria, anche se preceduto da una osservazione dello svolgimento della condotta criminosa, resta caratterizzato da una connotazione di accidentalità e di contingenza che, sebbene consenta un intervento immediato delle Forze dell’Ordine, volto ad evitare il protrarsi delle conseguenze del reato, non impedisce l’apprensione del bene e lo spossamento, anche cronologicamente limitato, in danno della persona offesa, si configura il reato consumato (Sez. 4, n. 11683 del 27/11/2018, dep. 2019, Rv. 275278; Sez. 5, n. 28062 del 16/05/2013, Rv. 256369; Sez. 5, n. 37205 del 16/06/2010, Rv. 248423; Sez. 5, n. 21881 del 09/04/2010, Mezzasalma, Rv. 247311; Sez. 4, n. 1308 del 06/12/1995, dep. 1996, Rv. 204056).

Diversamente, nel secondo caso, nel quale la preordinazione di plurime modalità di accertamento del reato, in una fase investigativa già attivata e finalizzata a tale verifica, consente alla polizia giudiziaria non solo di poter preventivamente preordinare la modalità di osservazione e controllo, ma anche di pianificare gli interventi necessari a scongiurare la commissione di reati o la protrazione delle conseguenze che ne derivano (Sez. 5, n. 4868 del 25/11/2021, dep. 2022, Rv. 282969), si configura il reato tentato.

In riferimento alla differenza tra reato consumato e reato tentato, poi, non vanno sottaciuti i diversi livelli di offensività delle condotte, volti ad assicurare che la pena sia proporzionata al grado effettivo e concreto dell’offesa, ossia alle modalità dell’aggressione del bene protetto, in cui l’impossessamento ed il conseguimento della signoria autonoma sul bene costituiscono il cuore della fattispecie e ne rappresentano il disvalore tipico.

Nel caso in cui, dunque, sia possibile verificare come la sorveglianza della condotta illecita, predisposta attraverso modalità predeterminate, abbia consentito un costante ed ininterrotto monitoraggio dell’azione, inequivocabilmente caduta sotto la percezione ed il controllo della polizia giudiziaria, che ne abbia potuto apprezzare la valenza di illiceità, deve ritenersi (Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014, Rv. 261186) che le misure predisposte assumono indiscutibile rilevanza, minimizzando o escludendo del tutto l’incidenza dei fattori di rischio, così da escludere il conseguimento, da parte dell’agente, di una signoria autonoma sul bene, cristallizzando la condotta nella fase del tentativo.

Nel caso esaminato la cassazione rileva che come si evince dalla sentenza di primo grado – la cui motivazione costituisce parte integrante di quella impugnata, trattandosi di “doppia conforme” – che l’imputato, in maniera del tutto estemporanea e casuale, era stato notato dalle Forze dell’Ordine, in servizio di pattuglia, nel mentre apriva lo sportello di un veicolo, si introduceva all’interno dell’abitacolo dal quale, dopo aver rovistato, usciva per salire a bordo di un altro mezzo parcheggiato nelle immediate vicinanze.

Immediatamente raggiunto e bloccato, veniva trovato in possesso di un contenitore all’interno del quale erano riposte varie monete, nonché di una “chiave artefatta“.

Alla luce di dette circostanze e, dunque, dell’assenza di una preventiva attività di osservazione, controllo e monitoraggio da parte delle Forze dell’Ordine, correttamente i giudici di merito hanno ritenuto la condotta dell’imputato sussumibile nella ipotesi consumata del delitto di furto aggravato, così come contestato.