
La cassazione sezione 1 con la sentenza numero 40185 ha stabilito che dalla violazione del regolamento interno di un istituto di pena non può discendere la responsabilità penale a norma dell’art. 650 cod. pen.
Nel caso esaminato si contestava l’introduzione clandestina e la detenzione e l’uso abusivo di apparecchio cellulari in carcere e la violazione del regolamento dell’istituto di pena.
La Suprema Corte ha indicato che per provvedimento dell’autorità, ai sensi dell’art. 650 cod. pen. “deve intendersi ogni atto con il quale l’autorità impone a una o più persone determinate una particolare condotta, omissiva o commissiva, ispirata da una contingenza presente e transeunte”.
Pertanto, poiché l’art. 650 cod. pen. contiene una norma esclusivamente sanzionatoria della inosservanza dei provvedimenti individuali esso non è applicabile alla inosservanza di leggi, regolamenti o ordinanza dell’autorità concernenti la generalità dei cittadini (nella fattispecie si trattava dell’inosservanza di un’ordinanza ministeriale concernente la “profilassi della peste suina africana”) (Sez. 1, n. 570 del 28/11/1995, dep 1996, Rv. 203461; Sez.1, n. 1599 del 28 novembre 1995, dep. 1996, non massimata).
L’integrazione del reato di cui all’art. 650 cod. pen. implica, dunque, che l’inosservanza abbia ad oggetto “un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta, ovvero si astenga da una certa condotta; e ciò per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, o di igiene o di giustizia; che l’inosservanza riguardi un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica previsione normativa che comporti una specifica ed autonoma sanzione”.
In tal senso si è stabilito che non ha le caratteristiche sopra indicate (e quindi la sua inosservanza non può integrare il reato di cui all’art. 650) una disposizione a carattere regolamentare e contenente una disposizione dettata in via preventiva ed indirizzata ad una generalità di soggetti. (Sez. 1, n. 5755 del 25/03/1999, Rv. 213241; Sez. 1, n. 15936 del 19/03/2013, Rv. 255636); Sez. F, n. 44238 del 01/08/2013, Rv. 257890).
In questa cornice, le necessarie caratteristiche di provvedimento contenente un ordine specifico impartito a un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta, mancano nel caso esaminato, per la natura generale dei precetti contenuti nel regolamento interno d’istituto di pena i cui destinatari non sono determinabili a priori, né può dirsi che il regolamento provveda a disciplinare una determinata vicenda destinata ad esaurirsi.
Dalla sua violazione, dunque, non può discendere la responsabilità penale a norma dell’art. 650 cod. pen.
La condotta è, invero, attualmente sanzionata dall’art. 391-ter cod. pen. introdotto al precipuo fine di contrastare l’introduzione clandestina, la detenzione e l’uso abusivi di apparecchi cellulari in carcere che, difatti, punisce “l’accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte dei detenuti” e che ha sostanzialmente recepito il divieto già contento nei regolamenti interni d’istituto.
Disposizione inapplicabile al caso in esame, siccome commesso anteriormente all’entrata in vigore della nuova norma penale incriminatrice.
La sentenza deve, pertanto essere annullata senza rinvio, per insussistenza del fatto tipico, conseguente alla carenza del necessario presupposto dell’ordine legalmente dato.

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