
Ieri, mentre passeggiavo, il mio sguardo curioso è stato attirato da un cartello affisso accanto al portone di ingresso di un austero palazzo.
Questo il suo contenuto letterale: “AFFITTASI – Inaffermato prestigioso studio legale ampia camera dotata di tutti i comfort anche a ore”.
Dopo qualche secondo di stupore, ho cominciato a riflettere.
Ho cominciato a farlo da linguista dilettante.
Quell’”inaffermato”, evidentemente dovuto a mancanza di spazio, sembrava comunque contenere una sua verità, cioè che nessuno avesse mai affermato che quello studio avesse alcunché di prestigioso.
Una verità confermata dal resto dell’annuncio che contraddice platealmente l’inizio roboante: si affitta una camera anche a ore e l’unico presupposto logico è che chi affitta cerca un’entrata extra.
Ho continuato a riflettere ma questa volta da avvocato che in trent’anni di mestiere ha conosciuto ogni forma della miseria e della nobiltà della professione legale.
Quell’annuncio è un indizio di uno stato di precarietà individuale ma anche generale.
Noi avvocati, i tanti di noi che non hanno mai emesso una parcella milionaria e che vivono degli onorari pagati da clienti sempre più in difficoltà, proprio noi non dovremmo né ridere né sorridere a leggere quel cartello “AFFITTASI”.
Perché chi l’ha messo è uno di noi, uno come noi, uno che prova a sopravvivere in una stagione difficile.
Spero che ci riesca e proprio per questo e per allontanare l’imbarazzante risolino, consiglio al collega di procedere ad una immediata rivisitazione dell’annuncio, magari con un più semplice e consono: “Studio Legale affitta ampia camera con tutti i comfort, dati i tempi, anche a ore”.
Altrimenti, come diceva Ennio Flaiano: “Deve esserci qualcuno che continua a spostare la soglia del ridicolo”.

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