
Tutte le carte del processo risultano smarrite ed è rimasta solo la copertina cartonata, quali soluzioni prevede il nostro codice per “ricostruire” il fascicolo?
L’esame di un caso molto originale è stato risolto dalla cassazione sezione 1 con la sentenza numero 46497 depositata il 7 dicembre 2022 che ha stabilito che il potere del giudice di stabilire le modalità di ricostituzione degli atti mancanti non individua alcun vincolo di contenuto e non prevede alcuna sanzione per eventuali vizi dell’attività di formazione, purché la ricostituzione avvenga secondo le forme ritenute dal giudice conformi allo scopo per il quale la procedura è prevista.
Fatto
La Corte territoriale ha proceduto, in applicazione degli artt. 112 e 113 cod. proc. pen., alla surrogazione e alla ricostituzione degli atti contenuti nel fascicolo processuale risultato smarrito perché non rinvenuto negli archivi.
In particolare: – in esecuzione del provvedimento emesso ai sensi dell’art. 112, comma 2, cod. proc. pen. dal Presidente della Corte di appello, ha acquisito copia degli atti di indagine conservati presso il Comando Carabinieri e delle relazioni mediche conservate presso i sanitari che le avevano redatte è stata disposta; – ai sensi dell’art. 113 cod. proc. pen., ha ricostituito il contenuto del verbale di interrogatorio di garanzia, anche in considerazione della scelta della difesa dell’imputato, espressamente interpellata sul punto, di non chiederne la rinnovazione, sulla base delle indicazioni contenute nella sentenza appellata ed il contenuto dell’atto di appello il secondo attraverso una bozza non firmata consegnata dal difensore che l’aveva depositato.
Nel merito, la sentenza impugnata, aderendo alle valutazioni del G.i.p. e disattendendo i rilievi difensivi, ha ritenuto dimostrata la colpevolezza dell’imputato sulla scorta della piattaforma probatoria, costituita, oltre che dalle ammissioni dell’imputato fatte nell’immediatezza alla polizia giudiziaria e nel successivo interrogatorio, dalle convergenti dichiarazioni rese dalla persona offesa e da più testimoni nonché dai riscontri provenienti dai risultati dell’attività di indagine e dalla documentazione medica.
La difesa ha proposto ricorso per cassazione deducendo la nullità della sentenza impugnata per violazione della legge penale e con riferimento agli artt. 112 e 113 cod. proc. pen. e 111 Cost. nonché vizio di motivazione.
Lamenta che la Corte di appello, in palese violazione del principio del giusto processo e dei principi affermati dalla giurisprudenza ampiamente richiamata, non abbia dato atto della mancanza dei verbali delle udienze del primo grado, abbia considerato “surrogati” atti privi di conformità all’originale ed abbia ricostituito il determinato dalla pregressa conflittualità con M., nell’ambito di rapporti di vicinato, aveva compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di quest’ultimo, colpendolo ripetutamente con un bastone di legno sul volto, sulle braccia e sul dorso, così da cagionargli un trauma cranico e più fratture contenuto del verbale di interrogatorio e dell’atto di appello senza previo contraddittorio tra le parti ed in assenza di una formale ordinanza che desse analiticamente atto del tenore di tali atti, indicando, altresì, gli elementi su cui era fondato il giudizio di conformità all’originale.
La bozza utilizzata per ricostituire l’atto di appello non consente in alcun modo di escludere che quello originario contenesse ulteriori e differenti deduzioni e rilievi; il professionista che l’ha redatto non ha potuto confermare la corrispondenza della bozza con l’atto depositato.
L’assenza del verbale di interrogatorio e dei verbali di udienza ha in concreto fortemente limitato il diritto di difesa.
Dal verbale di udienza sarebbe potuto emergere il carattere specifico della richiesta di sottoporre a condizioni la richiesta di giudizio abbreviato, evitando al difensore di rinunciare a trattare la questione.
La decisione impugnata, in definitiva, risulta adottata in assenza del compendio probatorio sottoposto al vaglio del primo giudice.
L’imputato non ha, infatti, alcuna certezza in ordine alla corrispondenza tra gli atti utilizzati per la decisione quelli in base i quali aveva presto il consenso per il giudizio abbreviato.
Decisione
Le censure sono tutte incentrate alla surrogazione e alla ricostituzione degli atti contenuti nel fascicolo processuale e sono infondati.
La sentenza impugnata, facendo puntuale riferimento all’iter del processo (pagg. 4, 5 e 6), ha dato atto che nella fase di trasmissione degli atti processuali dal Tribunale alla Corte di appello o comunque durante la pendenza del giudizio di appello si è verificato lo smarrimento dell’intero incartamento processuale e che, pertanto, si è reso necessario procedere alla “surrogazione” degli atti mancanti con copie che, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. pen., hanno assunto valore di originale e, laddove non è stato possibile, alla “ricostituzione” del loro contenuto, previa richiesta alle parti di produrre la documentazione utile in loro possesso.
Il secondo rimedio è stato utilizzato per sopperire alla mancanza dell’atto di appello e del verbale dell’interrogatorio di garanzia reso dall’imputato nel corso dell’udienza di convalida.
La ricostituzione del contenuto dell’atto di appello ha avuto luogo mediante l’acquisizione della minuta redatta dallo stesso autore dell’originale, l’avv. G.D.P.
Una volta intervenuta la rinuncia alla rinnovazione, il verbale di interrogatorio è stato ricostituito sulla scorta delle indicazioni contenute nella sentenza.
L’iter prescelto dalla Corte di appello per procedere alla surrogazione e alla ricostituzione, incentrato sulla comunicazione a tutte le parti processuali della sopravvenuta esigenza e sull’invito a depositare gli atti andati smarriti, non può dirsi inficiato da vizi che ne comportino la nullità.
La procedura di cui all’art. 113 cod. proc. pen. consente di procedere alla ricostruzione del contenuto rappresentativo o decisionale di un atto del processo non più esistente. La procedura di surrogazione – di cui all’art. 112 cod. proc. pen. – presuppone, invece, la esistenza dell’atto (andato disperso) e la possibilità di ricostituirlo attraverso una copia.
E’ pacifico in giurisprudenza che la previsione normativa del potere del giudice di stabilire le modalità di ricostituzione degli atti mancanti non individua alcun vincolo di contenuto e non prevede alcuna sanzione per eventuali vizi dell’attività di formazione, purché la ricostituzione avvenga secondo le forme ritenute dal giudice conformi allo scopo per il quale la procedura è prevista (Sez. 6 -, n. 7252 del 04/12/2020, dep. 2021, Rv. 280634 – 01, Sez. 6, n. 48428 del 08/10/2014, Rv. 261249, Sez. 2, n. 1207 del 11/12/2008, dep. 2009, Rv. 242749 – 01).
Il giudice, nel disporre la surrogazione o la ricostituzione degli atti del procedimento mancanti aventi valenza probatoria, esercita un potere non finalizzato ad una integrazione del compendio probatorio ma volto ad evitare la sua dispersione, svolgendo un’attività di natura meramente ricognitiva.
Conseguentemente la procedura seguita non può dare luogo né ad atti abnormi (Sez. 2, n. 50406 del 13/11/2014, Rv. 261206) né, in caso di omessa richiesta della produzione di copia dei documenti dispersi, ad una ipotesi di nullità (Sez. 2, n. 15821 del 26/02/2019, Rv. 276555 – 01).
Altrettanto immune da vizi è l’apparato argomentativo posto a sostegno dell’accertamento di conformità del contenuto dell’atto di appello e del verbale di interrogatorio a quello originario sulla scorta del quale è stata disposta la ricostituzione.
La bozza consegnata dal difensore è stata ritenuta attendibile e quindi idonea a rappresentare fedelmente il contenuto dell’originario atto di appello non solo perché proveniente dall’autore ma anche per le precipue ragioni addotte da quest’ultimo per giustificare la perdita del possesso della copia dell’atto di appello tempestivamente depositato ed andato smarrito
In ogni caso, non è ravvisabile alcuna menomazione del diritto di difesa posto che ricorrente, reso edotto del contenuto dell’atto di appello ricostituito, avente ad oggetto tuti i capi e i punti della decisione, non ha esercitato la facoltà, riconosciutagli dall’art. 585, comma 4, cod. proc. pen. di presentare motivi nuovi e, anzi, in sede di conclusioni, si è riportato “totalmente” al contenuto dell’atto di appello come ricostituito.
Per il verbale di interrogatorio è decisivo osservare che la difesa del ricorrente, rinunziando espressamente alla rinnovazione dell’atto di cui all’art. 113, comma 3, cod. proc. pen., ha legittimato la disposta ricostituzione del suo contenuto, peraltro fondata su una fonte attendibile quale la sentenza appellata.
Né è di ostacolo alla legittimità della ricostituzione del verbale in esame il particolare tipo di rito in cui è stata disposta, ossia il giudizio abbreviato.
È stato, a tal proposito, osservato dalla Suprema Corte che ai sensi dell’art. 113 cod. proc. pen. gli atti ricostruiti tengono luogo a tutti gli effetti degli atti originali dispersi sicché la loro presenza nel fascicolo trae legittimazione dal titolo in base al quale l’originale avrebbe dovuto essere presente, senza che occorra una norma che determini le condizioni per l’acquisizione o delimiti uno specifico regime di utilizzabilità dell’atto ricostruito (Sez. 6, n. 4121 del 17/01/2007, Rv. 236571 – 01).
L’efficacia sostanziale della ricostruzione, in altri termini, opera ex tunc lasciando immodificato lo “stato degli atti” sulla base dei quali è stato richiesto ed ammesso il rito abbreviato, salva sempre la facoltà di rinnovare le prove non ricostituibili ai sensi dell’art. 113, comma 3, cod. proc. pen.

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