Reato di evasione: confini dell’abitazione secondo la Cassazione (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 44425 depositata il 22 novembre 2022 ha definito che agli effetti dell’art. 385 cp. deve intendersi per abitazione lo spazio fisico delimitato dall’unità abitativa in cui la persona conduce la propria vita domestica con esclusione di ogni altra pertinenza, ad eccezione di quegli ambiti parzialmente aperti (balconi, terrazzi) o scoperti (cortili interni, chiostrine) che costituiscano parte integrante dell’unità immobiliare.

Fatto

Il ricorrente invoca l’applicazione del principio giurisprudenziale secondo cui, nell’ordinanza con la quale si applicano gli arresti domiciliari, il giudice può circoscrivere la nozione di abitazione, inibendo l’accesso a pertinenze della stessa, altrimenti fruibili.

Si assume che in difetto di tale delimitazione, il soggetto ristretto in detenzione domiciliare legittimamente potrebbe intrattenersi anche in zone pertinenziali dell’abitazione.

Decisione

La tesi difensiva non si confronta con la descrizione del fatto contenuta nella sentenza impugnata, nella quale si specifica che il C. si trovava lungo una stradina posta a cica 30 metri dalla sua abitazione, senza indicare in alcun modo che tale luogo fosse una pertinenza esclusiva dell’immobile nel quale il ricorrente era in stato di detenzione.

In ogni caso, la Suprema Corte rileva come per consolidata giurisprudenza si ritiene che agli effetti dell’art. 385 cod. pen. deve intendersi per abitazione lo spazio fisico delimitato dall’unità abitativa in cui la persona conduce la propria vita domestica, con esclusione di ogni altra pertinenza, ad eccezione di quegli ambiti parzialmente aperti (balconi, terrazzi) o scoperti (cortili interni, chiostrine) che costituiscano parte integrante dell’unità immobiliare, in quanto la detenzione domiciliare deve svolgersi secondo modalità analoghe a quelle della misura intra muraria.

Tale principio è stato affermato in un caso di condanna emessa nei confronti di soggetto sorpreso in abbigliamento casalingo, sulla strada adiacente l’abitazione ed all’esterno della recinzione che delimitava l’immobile, intento a spazzare il cancello ed a liberare il binario di scorrimento che ne impediva la chiusura. (Sez. 6, n. 47317 del 28/10/2016, Rv. 268500).

Né ha pregio il richiamo difensivo al principio affermato dalla cassazione secondo cui è consentito al giudice di “circoscrivere” la nozione di abitazione inibendo l’accesso alle pertinenze, altrimenti fruibili, qualora la stessa, genericamente intesa, non sia idonea, per le caratteristiche logistiche, a salvaguardare le esigenze cautelari del caso concreto (Sez.6, n. 32371 del 27/3/2019, Rv. 276800).

Si tratta, invero, di un principio che risente della fattispecie concreta oggetto della pronuncia, relativa ad un caso in cui gli arresti domiciliari erano stati disposti all’interno di una villa recintata con giardino di esclusiva pertinenza.

La pronuncia richiamata non ha affatto affermato che, nel disporre la detenzione domiciliare, il giudice sia tenuto a specificare l’ambito della abitazione, né, tanto meno, è sempre necessario indicare se e quali luoghi pertinenziali siano liberamente fruibili dal detenuto.

La misura restrittiva domiciliare, infatti, va riferita all’abitazione in quanto tale, comprensiva di quelle pertinenze (balconi, terrazzi) che presentino una intrinseca separazione verso l’esterno, non occorrendo che nel divieto di allontanamento siano specificamente indicati quei luoghi che, pur potendo costituire pertinenze dell’immobile in senso civilistico, rappresentano comunque luoghi aperti e strutturalmente distinti dall’abitazione intesa in senso proprio.