
La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 46476 depositata il 7 dicembre 2022 ha stabilito che reagire con schiaffi a frasi minacciose non esclude l’attenuante della provocazione.
La Suprema Corte ha ribadito che ai fini della integrazione del “fatto ingiusto altrui”, costitutivo dell’attenuante della provocazione, è necessario che esso rivesta carattere di ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non valutate con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale (Sez. 5, n. 23031 del 03/03/2021, Rv. 281377 – 01).
D’altra parte, la circostanza attenuante della provocazione, pur non richiedendo i requisiti di adeguatezza e proporzionalità, non è configurabile laddove la sproporzione fra il fatto ingiusto altrui e il reato commesso sia talmente grave e macroscopica da escludere lo stato d’ira o il nesso causale fra il fatto ingiusto e l’ira (Sez. 5, n. 8945 del 19/01/2022, Rv. 282823 – 01). In tale contesto, del tutto contraddittoriamente la sentenza in esame, pur esplicitamente ravvisando il fatto ingiusto della I., che aveva pronunciato parole minacciose nei confronti dell’imputata, ha escluso la sussistenza di un nesso di causalità psicologica tra le stesse e l’aggressione ad opera della E., che ha colpito con uno schiaffo l’antagonista e le ha tirato i capelli (con la conseguenza di una lieve algia al cuoio capelluto e alla guancia destra), serbando una condotta che, pur non essendo penalmente scriminata, non appare dotata di quei caratteri di manifesta sproporzione che valgono a fare del fatto ingiusto una semplice occasione per realizzare illeciti fondati su diverse motivazioni.

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