Termine a difesa al difensore nominato ex articolo 97 comma 4 c.p.p. (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 21938/2022 ha ribadito che in ipotesi di sostituzione del difensore ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen., trova applicazione il principio di diritto, in forza del quale al difensore, nominato ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen., non spetta alcun termine a difesa, che invece compete al difensore nominato a causa della cessazione definitiva dall’ufficio di quello precedente per rinuncia, revoca, incompatibilità o abbandono del mandato (ex multis: Sez. 2, n. 46047 del 23/11/2021, Rv. 282324; Sez. 4, n. 34786, del 20/3/2018; Sez. 5, n. 25487, del 13/3/2015, Rv. 265140; Sez. 5, n. 3558, del 19/11/2014, dep. 2015, Rv. 262847).

Il principio di diritto richiamato, del resto, è in linea con la giurisprudenza costituzionale (ord. n. 17 del 2006; ord. n. 162 del 1998; sent. n. 450 del 1997), che ha sottolineato come, nel disciplinare l’istituto del termine a difesa, l’art. 108 cod. proc. pen. si concentra su una tassativa elencazione di ipotesi (rinuncia, revoca, incompatibilità e abbandono di difesa), la cui ratio comune è rappresentata dalla circostanza che, in ognuna delle situazioni prese in considerazione, l’imputato rimane definitivamente privo di difensore: una condizione di fatto e di diritto, dunque, diversa da quella della semplice assenza del difensore, di fiducia o di ufficio, la quale “può risalire ai più diversi motivi ed essere espressiva di situazioni assai diverse tra loro” (sent. n. 450 del 1997).

Pertanto “l’avvocato che interviene come sostituto del difensore (di fiducia come d’ufficio) da questo nominato (ex art. 102) o immediatamente designato dal magistrato appena verificatasi l’assenza del difensore (art. 97, comma 4) è investito del compito di rappresentare colui che è e resta il difensore dell’imputato” ed è “figura del tutto diversa da quella del nuovo difensore designato nelle ipotesi di rinuncia, revoca, incompatibilità e abbandono di difesa”: con l’ovvia conseguenza che una proiezione, in capo al sostituto, del medesimo diritto di un termine a difesa specificamente attribuito a chi rivesta la qualità di “nuovo” (e stabile) difensore dell’imputato, finirebbe per costituire soluzione davvero eccentrica, perequando fra loro situazioni eterogenee.

D’altra parte —  essendo la presenza un diritto e non un obbligo del difensore, salvo le ipotesi  espressamente previste dalla legge, il mancato riconoscimento del termine a  difesa, per il difensore designato in sostituzione (estemporanea ed episodica, ha  sottolineato la sentenza n. 450 del 1997) di quello stabilmente officiato dall’imputato – o per l’imputato, appare conseguenza del – tutto ragionevole nel – quadro di un sistema che necessariamente mira a bilanciare le contrapposte  esigenze di prevedere comunque una presenza difensiva, ma di non  compromettere al tempo stesso la indispensabile funzionalità del processo e la  relativa ragionevole durata, altrimenti perturbata da differimenti reiterati per  ciascuno dei difensori che intervengano come sostituti e che ne facciano richiesta  (Corte costituzionale, ordinanza n. 17 del 2006).