
La cassazione sezione 3 con la sentenza numero 45546 depositata il primo dicembre 2022 ha stabilito che ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, il richiamo contenuto all’art. 168-bis cod. pen. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le riduzioni dovute all’applicazioni delle circostanze attenuanti, comprese quelle ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato.
Fatto
Con ordinanza del 09/12/2021 il Gip presso il Tribunale di Rovereto ha sospeso il procedimento a carico di S.M. per i reati di cui all’art. 2 del d.lgs. 74 del 2000, disponendo ex art. 168-bis, cod. pen. la messa alla prova dell’imputato con le modalità ivi prescritte.
Avverso tale provvedimento la Procura ha proposto ricorso articolato in un unico motivo in cui deduce l’erroneità del provvedimento con il quale l’imputato è stato ammesso all’istituto della messa alla prova, non rientrando i reati a lui contestati nei limiti edittali previsti per la concessione del beneficio, essendo puniti con la pena edittale superiore nel massimo a quattro anni.
Nel medesimo motivo di ricorso il ricorrente censura l’erronea computazione nel calcolo, ai fini dell’ammissione alla messa alla prova, della riconosciuta circostanza attenuante prevista dall’art. 13 comma 1, d.lgs 74/2000.
Decisione
La Suprema Corte rileva che all’imputato è contestata la violazione, per due annualità di imposta, dell’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 che, all’epoca della commissione dei fatti era punito con la pena della reclusione da anni uno e mesi sei ad anni sei, e dunque superiore al limite edittale imposto dall’art. 168 bis cod. pen. per l’accesso al beneficio richiesto.
I Supremi Giudici ribadiscono l’irrilevanza di qualunque tipologia di circostanze trova conferma nell’interpretazione letterale dell’art. 168-bis, cod. pen., che pone in evidenza la mancanza di ogni riferimento agli accidentalia delicti, ma anche e soprattutto nell’intenzione del legislatore ricostruita attraverso i lavori parlamentari che hanno portato alla definitiva approvazione della legge.
Giova ricordare, infatti, che nella formulazione originaria della disposizione contenuta nel disegno di legge n. 111 di iniziativa del sen. Palma (art. 1, comma 1, lett. c), vi era l’esplicito riferimento alle circostanze speciali e ad effetto speciale, ma esso è stato successivamente soppresso nel testo congiunto approvato dal Senato e trasmesso alla Camera dei deputati (cfr. Dossier n. 89 della XVII Legislatura, a cura del Servizio Studi del Senato, 2013).
Tale eliminazione, posta in essere in maniera omnicomprensiva, senza alcuna distinzione tra circostanze attenuanti o aggravanti è chiara espressione della consapevole e chiara scelta in ordine alla irrilevanza delle stesse ai fini del computo dei limiti edittali previsti per l’ammissione del beneficio.
Può pertanto affermarsi il principio di diritto secondo il quale ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, il richiamo contenuto all’art. 168-bis cod. pen. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le riduzioni dovute all’applicazioni delle circostanze attenuanti, comprese quelle ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato.

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