L’espressione “doppia conforme” è adoperata quando la sentenza di secondo grado conferma quella di primo grado.
Gli avvocati cassazionisti sanno bene le difficoltà di chi ricorre per cassazione contro una doppia conforme di condanna.
Esiste infatti un consolidato orientamento per il quale “In presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità, va, peraltro, ritenuta l’ammissibilità della motivazione della sentenza d’appello per relationem a quella della decisione impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello, nell’effettuazione del controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è tenuto a riesaminare questioni sommariamente riferite dall’appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermato il primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate.
In tal caso, infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicché le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (Cass. pen., Sez. II, sentenza n. 1309 del 22 novembre 1993 – 4 febbraio 1994, CED Cass. n. 197250; Sez. III, sentenza n. 13926 del 10 dicembre 2011 – 12 aprile 2012, CED Cass. n. 252615)”.
Si comprende dopo la lettura di queste parole quanto sia grave il compito professionale di chi provi a contrastare una doppia conforme.
È verosimile che proprio la consapevolezza del percorso di guerra che segue a questa situazione processuale abbia indotto la Corte di cassazione ad un controllo più rigoroso su ciò che deve avvenire e non deve avvenire prima della sua formazione.
Il riferimento è a Cass. Pen., Sez. 3^, sentenza n. 43240/2022, udienza del 30 settembre 2022.
Vi si leggono questi passaggi:
“È pacifico, innanzitutto, che, nell’ipotesi di conferma della sentenza di primo grado, le due motivazioni si integrino a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre far riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Allorché, quindi, le due sentenze concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv.257595; Sez. 2 n. 34891 del 16.05.2013, Rv. 256096, non massimata sul punto; Sez. 3, n. 13926 del 1.12.2011, dep. 12.4.2012, Rv. 252615)“.
“Ed è altrettanto pacifico che se l’appellante “si limita alla mera riproposizione di questioni di fatto già adeguatamente esaminate e risolte dal primo giudice oppure di questioni generiche, superflue o palesemente inconsistenti, il giudice dell’impugnazione ben può motivare per relationem e trascurare di esaminare argomenti superflui, non pertinenti, generici o manifestamente infondati“.
“Quando, invece, le soluzioni adottate dal giudice di primo grado siano state specificamente censurate dall’appellante sussiste il vizio di motivazione, sindacabile ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. se il giudice del gravame si limita a respingere tali censure e a richiamare la contestata motivazione in termini apodittici o meramente ripetitivi senza farsi carico di argomentare sulla fallacia o inadeguatezza o non consistenza dei motivi di impugnazione”, (cfr. ex multis Sez. 3, n. 27416 del 01/04/2014, Rv. 259666; Sez. 4, n. 6779 del 18/12/2013, dep.12/02/2014, Rv. 259316; Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Rv. 241188)“.
“Il Giudice di appello, quindi, nella ipotesi in cui l’imputato, con precise considerazioni, svolga specifiche censure su uno o più punti della pronuncia di primo grado, non può limitarsi a richiamarla, ma deve rispondere alle singole doglianze prospettate. In caso contrario, viene meno la funzione del doppio grado di giurisdizione ed è privo di ogni concreto contenuto il secondo controllo giurisdizionale (cfr. Sez. 3, n. 24252 del 13/05/2010, Rv. 247287)“.
“Deve, quindi essere ribadito il principio più volte espresso da questa Corte regolatrice, alla stregua dei quali la sentenza di appello confermativa della decisione di primo grado è viziata per carenza di motivazione, e si pone dunque fuori dal pur legittimo ambito del ricorso alla motivazione “per relationem”, se si limita a riprodurre la decisione confermata, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione che censurino in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado, e senza argomentare sull’inconsistenza o sulla non pertinenza di detti motivi (Sez. 6, n. 49754 del 21/11/2012, Rv. 254102; Sez. 6, n. 6221 del 20/04/2005, Rv. 233082)“.
