
La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 43984 depositata il 18 novembre 2022 ha stabilito che difetta il requisito della molteplicità degli elementi indiziari idonei a configurare il concorso di persona nel reato di detenzione di sostanze stupefacenti che ricorre nel caso in cui si offra un consapevole apporto – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente (Sez. 3, n. 41055 del 22/09/2015, Rv. 265167), concorso di persona che va tenuto distinto dalla ipotesi di connivenza, non punibile, in presenza di una condotta meramente passiva, consistente nell’assistenza inerte, inidonea ad apportare un contributo causale alla realizzazione dell’illecito, di cui pur si conosca la sussistenza.
Fatto
L’imputato, secondo la ricostruzione in fatto della sentenza impugnata, la sera del 24 aprile 2021 veniva notato all’interno di una vettura, da lui condotta, in compagnia di altra persona.
Alla vista degli agenti, i due avevano tentato di occultarsi nell’abitacolo e, quando gli agenti si erano avvicinati, il passeggero era sceso dall’auto e si era dato alla fuga disfacendosi dei pacchetti contenenti la droga che deteneva sulla persona.
S.L., invece, era rimasto a bordo dell’auto e veniva trovato in possesso della somma di euro 2.995.
L’imputato, nel corso dell’udienza di convalida, aveva sostenuto che la droga era di esclusiva proprietà del collega di lavoro, M.P., con il quale si era incontrato per trascorrere insieme la serata e che la somma detenuta gli era servita per l’acquisto di un’autovettura che, quel pomeriggio, aveva tentato di acquistare recandosi in compagnia del padre presso varie concessionarie.
Quali elementi sintomatici del concorso nella detenzione dello stupefacente, la sentenza impugnata – che ha richiamato quella di primo grado – ha valorizzato il contegno dell’imputato, che aveva tentato di nascondersi nell’abitacolo della vettura; la inverosimiglianza della tesi difensiva di non essersi accorto della presenza della droga, a causa del caratteristico odore che lo stupefacente sprigiona in un piccolo ambiente; la disponibilità, in quello specifico contesto, della somma di denaro.
I giudici di appello, con una motivazione davvero sintetica, si sono limitati a condividere le conclusioni del giudice di primo grado che aveva ritenuto non plausibile che l’imputato avesse portato con sé tale somma durante l’incontro con l’amico, piuttosto che consegnarla al padre con il quale nel .pomeriggio aveva visionato un’autovettura da acquistare per la famiglia e che le banconote, numerose di piccolo taglio, rinviavano ad un’attività di spaccio, tanto più che l’imputato aveva dato maldestre spiegazioni sia sulle modalità del controllo che sul comportamento dell’amico.
La Corte di appello di Milano ha confermato la condanna di S.L. rideterminando la pena inflittagli, con la diminuente. del rito abbreviato e con la recidiva contestata, in quella di anni due, mesi quattro e giorni sei di reclusione ed euro 6.830,00 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. 309/1990 perché, in concorso con persona non identificata, deteneva circa 497 grammi di hashish, suddivisi in cinque panetti e risultante avere principio attivo oscillate dal 36 al 41 sostanza da cui erano ricavabili oltre settemila dosi medie giornaliere.
Decisione
Ritiene il Collegio che la sentenza impugnata non ha fornito esaustiva motivazione ai rilievi dell’appellante che contestava la sussistenza di elementi idonei a configurare la prova del concorso dell’imputato nella condotta di detenzione dello stupefacente di cui, inequivocabilmente, si era disfatto, durante la fuga, la persona che si trovava in sua compagnia a bordo dell’auto e che l’imputato aveva indicato in un collega di lavoro (nominalmente indicato).
Come noto, l’art. 192 cod. proc. pen. detta i criteri di valutazione della prova indiziaria prevedendo che gli indizi devono essere gravi, ossia consistenti, resistenti alle obiezioni e capacità dimostrativa in relazione al “thema probandum”, precisi, ossia specifici, univoci e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto o più verosimile, nonché concordanti, ossia convergenti e non contrastanti tra loro e con gli altri dati e elementi certi.
Requisito indefettibile della prova indiziaria è quello della molteplicità degli indizi, requisito che consente di chiarire l’equivocità ontologica propria del dato indiziario di modo che il singolo elemento sia posto in rapporto di causalità, diretta o inversa, con il dato da provare sicché tutti gli elementi possano essere ricondotti a una sola causa o a un solo effetto.
Nel caso in esame difetta il requisito della molteplicità degli elementi indiziari idonei a configurare il concorso di persona nel reato di detenzione di sostanze stupefacenti che ricorre nel caso in cui si offra un consapevole apporto – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente (Sez. 3, n. 41055 del 22/09/2015, Rv. 265167), concorso di persona che va tenuto distinto dalla ipotesi di connivenza, non punibile, in presenza di una condotta meramente passiva, consistente nell’assistenza inerte, inidonea ad apportare un contributo causale alla realizzazione dell’illecito, di cui pur si conosca la sussistenza.
I giudici del merito hanno ritenuto accertato che l’imputato detenesse, in concorso con la persona datasi alla fuga, la droga caduta in sequestro valorizzando il tentativo dell’imputato di nascondersi nell’abitacolo dell’autovettura e la coeva presenza, a bordo dell’autovettura in un’ora notturna e in una zona isolata, di una persona – il ricorrente – che deteneva una somma di denaro e di altra persona, che deteneva la droga.
L’elemento indiziario di maggior rilievo a carico dell’imputato, costituito dal suo tentativo di nascondersi a bordo dell’auto alla vista degli agenti, è un dato che non è di per sè stesso espressivo né della disponibilità della droga né di un contributo idoneo ad agevolare o rafforzare il proposito criminoso del concorrente che si è dato alla fuga abbandonando lo stupefacente.
Si tratta, infatti, di un comportamento che non è univocamente dimostrativo del concorso nella detenzione potendo ricondursi sia alla mera consapevolezza di versare in una situazione di illegalità, perché l’imputato si trovava in compagnia di una persona che deteneva della droga, sia al tentativo di sottrarsi ad un controllo di polizia poiché l’imputato, come evidenziato nella sentenza di primo grado, è gravato di precedenti penali: per questa ragione il comportamento tenuto dall’imputato alla vista degli agenti deve necessariamente accompagnarsi ad elementi ulteriori. Strutturalmente inidonea a questo fine si rivela l’argomentazione svolta nella sentenza impugnata sulla consapevolezza del L. della detenzione della droga da parte del concorrente datosi alla fuga per il caratteristico odore che il quantitativo detenuto poteva sprigionare nel piccolo ambiente dell’autovettura: si tratta, infatti, di una circostanza, non evincibile neppure dalla sentenza di primo grado e che appare affidata ad una intuizione dei giudici di appello.
Né possiede univoca e risolutiva efficacia dimostrativa la disponibilità della somma di denaro da parte dell’imputato.
La sentenza di primo grado, benché avesse rilevato che il punto critico della ricostruzione difensiva non era quello di giustificare la provenienza del denaro, che poteva anche essere quella della restituzione di una somma in precedenza sequestrata e poi restituita, ha ritenuto che non fosse giustificata, secondo criteri di logica, la ragione per la quale l’imputato la portasse con sé in quel contesto, piuttosto che consegnarla al padre, ed aveva valorizzato come elementi significativi a carico dell’imputato sia le caratteristiche della banconote (97 costituite da banconote da cinque, dieci e venti euro, più trenta da 50 euro), in quanto presumibile provento di una pregressa attività di spaccio, che la contemporanea presenza, a bordo dell’auto, di droga e soldi, considerato che “non si porta con sé mezzo chilo di droga, né si va in giro con tremila euro in contanti, se ci si dive incontrare con una persona estranea al possesso della droga e del denaro“.
Si tratta di argomentazioni che non si confrontano con la giustificazione fornita dall’imputato, ritenuta verosimile, sulla provenienza lecita della somma, ma poi, contraddittoriamente, ricondotta, per le caratteristiche delle banconote, all’attività di (pregresso) spaccio e nell’ accostamento di circostanze di fatto – la coeva presenza di somma e droga – senza spiegare le ragioni che consentano di istituire un collegamento diretto fra possesso della droga e possesso del denaro, collegamento costituito, a ben vedere, dall’evocato contesto di spaccio che, con ragionamento circolare, viene tratto da un indizio, sicuro in fatto, ma equivoco nell’interpretazione (il possesso della somma di denaro) e così trasformando l’oggetto della prova indiziaria in criterio di inferenza.
Da tanto consegue che, nella impossibilità di valutare circostanze ulteriori, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché l’imputato non ha commesso il fatto.

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