Ricognizione fotografica: non è inficiata dalla mancata descrizione preventiva delle fattezze della persona indagata e dalla mancanza, nelle persone raffigurate, di caratteri omogenei all’indagato (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 2 con la sentenza 45264 depositata il 29 novembre 2022 ha stabilito che la ricognizione fotografica non deve essere preceduta da una descrizione delle caratteristiche fisiche della persona indagata e tantomeno è necessario che le fotografie esibite siano di persone che presentino caratteri omogenei o particolari simili all’indagato.

La Suprema Corte ha premesso che secondo la costante giurisprudenza di legittimità, i riconoscimenti fotografici effettuati durante le indagini di polizia giudiziaria costituiscono accertamenti di fatto utilizzabili nel giudizio in base ai principi della non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice (artt. 189 e 192, comma 1, cod. proc. pen.): l’individuazione di un soggetto, personale o fotografica, costituisce una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, cosicché la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale (v., ad es., Sez. 2, n. 23090 del 20/07/2020, Rv. 279437; Sez. 6, n. 17103 del 31/10/2018, Rv. 275548; Sez. 4, n. 47262 del 13/09/2017, Rv. 271041; Sez. 2, n. 28391 del 27/04/2017, Rv. 270181; Sez. 5, n. 9505 del 24/11/2015, dep. 2016, Rv. 267562).

Inoltre, l’individuazione fotografica non deve essere preceduta dalla descrizione delle fattezze fisiche della persona indagata, trattandosi di adempimento preliminare richiesto solo per la ricognizione di persona (Sez. 4, n. 7287 del 09/12/2020, dep. 2021, Rv. 280598; Sez. 2, n. 9380 del 20/02/2015, Rv. 263302; Sez. 1, n. 47937 del 09/11/2012, Rv. 253885).

Priva di rilievo è altresì l’asserzione difensiva secondo la quale “le persone raffigurate nelle varie effigi non presentano caratteri omogenei o particolari simili“, se solo si considera che neppure con riguardo all’atto tipico della ricognizione personale, la inosservanza delle formalità previste dagli artt. 213 e 214 cod. proc. pen., relative alla partecipazione di persone il più possibile somiglianti a quella sottoposta a ricognizione, costituisce causa di nullità o inutilizzabilità dell’atto, come statuito anche da ultimo da questa Corte (Sez. 2, n. 35425 del 13/07/2022, Rv. 283537; in precedenza, in senso conforme, cfr., ad es., Sez. 2, n. 40081 del 04/07/2013, Rv. 257069; Sez. 6, n. 44595 del 08/10/2008, Piazza, Rv. 241655; Sez. 2 n. 38619 del 26/09/2007, Rv. 238166).

L’uso nell’art. 214 codice di rito della locuzione “il più possibile somiglianti” integra, infatti, una prescrizione, sprovvista di sanzione, diretta ad assicurare il controllo della genuinità ed attendibilità del riconoscimento operato.

Possiamo chiosare constatando che di fatto la ricognizione fotografica non deve svolgersi rispettando delle modalità di svolgimento (descrizione e omogeneità delle fotografie poste in visione) che garantiscano una linearità del riconoscimento dell’indagato ma soprattutto una verifica della genuinità e attendibilità dell’individuante.