Avvertenza preliminare
L’elevata notorietà dei protagonisti della vicenda oggetto di questo post rende impossibile e inutile l’anonimizzazione dei riferimenti nominativi.
Premessa
Da tempo il Senatore Matteo Renzi ha ingaggiato un’aspra battaglia contro alcuni magistrati in servizio presso la Procura della Repubblica di Firenze.
Proprio in questi ultimi giorni la contesa è stata punteggiata da nuovi e significativi episodi.
La vicenda va ben al di là della posizione e degli obiettivi dei protagonisti e riporta a temi assai più ampi di indubbio interesse penalistico.
Racconteremo quindi le tappe più significative dello scontro.
Sebbene la storia comprenda vari rivoli nei quali sono stati coinvolti anche congiunti di Renzi, ci concentreremo sul suo asse principale che ruota attorno alla Fondazione Open, nata a sostegno dell’attività politica del parlamentare fiorentino.
È la parte che meglio consente di capire gli interessi e i principi in gioco.
La vicenda giudiziaria
A novembre del 2019 la Procura di Firenze ha emesso un decreto di sequestro probatorio nei confronti di Marco Carrai.
L’accusa a suo carico derivava dalla partecipazione al consiglio direttivo della fondazione Open, un’articolazione politico-organizzativa del Partito Democratico (PD) riferibile a Matteo Renzi e da cospicue contribuzioni in denaro ricevute dalla stessa che si sarebbero tradotte nel delitto di illecito finanziamento dei partiti in forma continuata.
La difesa dell’indagato ha presentato istanza di riesame al tribunale competente e ne ha successivamente impugnato per cassazione l’ordinanza di rigetto.
Con la sentenza n. 29409/2020 la sesta sezione penale della Suprema Corte ha annullato con rinvio il provvedimento impugnato.
Il tribunale fiorentino si è nuovamente pronunciato confermando il sequestro e anche questa ordinanza è stata annullata con rinvio dalla sentenza n. 29409/2021 della seconda sezione.
Il tribunale ha nuovamente confermato il decreto di sequestro e, come nei casi precedenti, la difesa lo ha impugnato per cassazione.
La decisione conclusiva della Corte di cassazione
Il ricorso è stato assegnato alla sesta sezione penale che lo ha deciso con la sentenza n. 11835/2022, emessa in esito all’udienza del 18 febbraio 2022 (si rinvia, per un commento più articolato della decisione di cui si parla, a V. Giglio, Il caso della fondazione Open: nota a Cass. pen., sez. VI, sentenza n. 11835/2022 (udienza del 18 febbraio 2022), in Filodiritto, 15 maggio 2022, a questo link).
I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso e annullato questa volta senza rinvio l’ordinanza impugnata.
La motivazione della decisione ripercorre inizialmente gli eventi da cui è scaturito il ricorso.
Risulta anzitutto che, dopo l’emissione del decreto di sequestro probatorio di vari dispositivi informatici e del loro contenuto digitale e la relativa richiesta di riesame, la difesa di Carrai ha dovuto presentare ben tre ricorsi per cassazione, aggiungendo ai motivi iniziali la ripetuta elusione da parte dei collegi del riesame delle necessità di integrazione motivazionale indicate dai giudici di legittimità.
Dopo questa premessa, la decisione contiene un ampio approfondimento dell’ambito applicativo del reato di illecito finanziamento dei partiti e della disciplina normativa delle fondazioni di partito e un riepilogo delle precedenti decisioni di legittimità.
Il collegio decidente osserva che nella terza ordinanza di conferma del decreto di sequestro probatorio il tribunale fiorentino considera la Open una fondazione non politica ma di partito e dunque una articolazione politico-organizzativa del Pd ed in particolare della corrente capeggiata da Matteo Renzi, avendo operato «in una posizione di strumentalità alla realizzazione del suo progetto politico».
Sempre secondo il tribunale, «tutti i prospetti di spesa inerenti agli anni 2012-2018 appaiono indicativi che la Fondazione Big Bang prima e la Fondazione Open dopo hanno seguito le iniziative politiche e le strategie di Matteo Renzi per proporsi alla guida del Partito Democratico, della coalizione di centrosinistra, del governo nazionale, modulando i propri interventi e le proprie spese sulla base delle esigenze dei diritti dello stesso Renzi. Nello stesso tempo non sono emersi impegni per convegni, tavole rotonde, dibattiti, proposte editoriali, videografiche che non fossero finalizzate al buon esito di una delle campagne elettorali nelle quali si impegnava il leader. Di per sé non c’è nulla di illegittimo e si rientra nell’auspicare dialettica costituzionale, ma espone la Fondazione Open ad essere una creatura veramente simbiotica con Matteo Renzi e col raggruppamento interno al P.D. a lui facente capo».
Queste conclusioni, secondo i giudici di legittimità, denotano l’omessa conformazione dell’ordinanza impugnata ai principi di diritto affermati dalla Corte di cassazione in occasione dei due precedenti annullamenti con rinvio.
Era stato chiesto al tribunale fiorentino di analizzare compiutamente l’operatività della fondazione Open così da rendere possibile capire se il dimostrato sostegno alle iniziative della corrente renziana e dei suoi esponenti corrispondesse oppure no all’ordinaria attività di una fondazione politica e se si fosse trasformato oppure no in un mero strumento nelle mani del partito.
Il compito non è stato tuttavia adempiuto dal tribunale che si è limitato a rimarcare la funzione servente della fondazione Open rispetto alla corrente renziana senza indicare alcun ulteriore profilo di straripamento.
Questa tecnica argomentativa ha comportato un’inversione dei poli logici della verifica giudiziale e il mancato confronto col modello di fondazione politica delineato dal legislatore.
Di più: «L’erogazione di finanziamenti e di servizi a titolo gratuito nei confronti di un partito o di un parlamentare è, tuttavia, espressamente contemplata dall’art. 5, comma 4, del d.l. n. 149 del 2013 e, dunque, non può essere invocata per dimostrare che una fondazione politica abbia esondato dall’ambito fisiologico della propria attività».
Ed ancora: «Il Tribunale del riesame ha, inoltre, ritenuto che gli scopi statutari della Fondazione Open fossero stati «in qualche modo sviliti», in quanto la stessa si sarebbe limitata unicamente a finanziare e a supportare «le iniziative concepite dalle personalità politiche di riferimento» in luogo di «autonome iniziative di natura politico-culturale» […] tuttavia […] la distinzione tra perseguimento di uno scopo politico e di uno scopo partitico nell’attività della fondazione politica si rivela concettualmente esile [ed è] stata affermata dal Tribunale del riesame sulla base di argomenti che non rinvengono fondamento nella disciplina di legge».
Ancora: «Il Tribunale del riesame ha, inoltre, affermato la sussistenza del fumus del delitto di cui all’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, valorizzando il dato probatorio del finanziamento percepito dalla Fondazione Open, senza dimostrarne il carattere illecito. Il giudice del rinvio ha, infatti, considerato unitariamente il coacervo dei contributi raccolti dalla Fondazione Open e destinati al finanziamento della corrente renziana anno per anno, senza distinguere le varie tipologie di contributori considerati dalla fattispecie incriminatrice. Il Tribunale del riesame ha, dunque, obliterato che nel delitto di illecito finanziamento ai partiti il perimetro dell’area del penalmente rilevante muta a seconda della natura del soggetto contributore e, segnatamente, a seconda che sia un soggetto pubblico (o a partecipazione pubblica) o una società privata e che in tal caso illecito non è l’erogazione del contributo in sé considerato ma l’inosservanza all’obbligo di trasparenza sub specie di adozione di una delibera assembleare e di iscrizione del finanziamento in bilancio. Nell’ordinanza impugnata, peraltro, vengono anche richiamati finanziamenti di privati o degli stessi parlamentari alla fondazione politica, che, tuttavia, sono espressamente leciti».
Ed infine: «È, inoltre, indubbio che la perquisizione domiciliare e il sequestro probatorio siano atti specificamente volti ad acquisire la prova, ma nel caso di specie è stato posto a fondamento degli stessi un reato incentrato sulla inosservanza di obblighi di trasparenza. La generalizzata acquisizione del materiale informatico del [ricorrente] pare, dunque, irrelata rispetto alle verifiche documentali necessarie per affermare la sussistenza del reato di finanziamento illecito dei partiti, tanto da fare assumere al vincolo cautelare reale carattere esplorativo e sproporzionato».
Per l’effetto l’ordinanza impugnata è stata annullata senza rinvio così come il decreto di perquisizione e sequestro emesso nei confronti del ricorrente con la restituzione in suo favore di quanto sequestrato e senza trattenimento di copia di dati.
Considerazioni sulla vicenda cautelare
…Le fondazioni politiche
Il primo tema degno di nota attiene alla natura delle fondazioni politiche e alla possibilità di coinvolgerne gli esponenti nel delitto di finanziamento illecito.
Rinviando ancora allo scritto indicato in precedenza per un esame più approfondito, si deve senz’altro riconoscere che fondazioni, associazioni e think tank si siano prepotentemente inseriti tra i luoghi e le forme del potere del nostro Paese.
Sono piuttosto comprensibili a questo punto la cautela e la lentezza che hanno caratterizzato gli interventi legislativi volti ad accentuare la loro trasparenza e quindi la possibilità di accedere agevolmente ai loro interna corporis, a cominciare dalle fonti di finanziamento.
È certo comunque – e lo hanno ben chiarito i giudici di legittimità nelle tre decisioni emesse in questa vicenda – che, pur a fronte della progressiva assimilazione ai partiti delle fondazioni e degli enti similari quanto ad obblighi di pubblicità e di trasparenza, iniziata dalla Legge n. 13/2014 e accentuata dalla Legge n. 3/2019, nessuna disposizione normativa vigente consente automatismi in forza dei quali si possa pretendere che eventuali violazioni di quegli obblighi, se compiute da individui che agiscono come componenti di fondazioni e simili, si traducano ipso facto in finanziamento illecito.
…L’omessa conformazione dei provvedimenti del tribunale del riesame ai principi di diritto affermati dalla Corte di cassazione
Il complesso delle decisioni adottate dal tribunale del riesame fiorentino e delle correlate sentenze di annullamento emessa dalla Corte di cassazione compone una situazione piuttosto singolare e anomala. Basterà elencare alcune delle più significative espressioni usate nelle motivazioni dei provvedimenti dei giudici di legittimità:
- «il Tribunale [ha] elencato una serie di elementi probatori, riferiti a contribuzioni della Fondazione a sostegno di iniziative di un partito o di suoi esponenti, ma [ha] erroneamente data per scontata una sorta di autoevidenza, in assenza di un loro coerente e convergente inquadramento e di una verifica effettiva del fumus del reato, posto alla base della perquisizione e del sequestro, fumus che non può risolversi in una solo asserita ed unilaterale prospettazione» (sentenza n. 28796/2020);
- «Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la carenza di motivazione con riguardo alle deduzioni difensive formulate con la memoria depositata davanti al Tribunale del riesame; in particolare, la difesa ha censurato la tecnica argomentativa del provvedimento che d’un lato avrebbe riprodotto il contenuto di una memoria depositata dall’Ufficio del P.m. prima dell’udienza, dall’altro non avrebbe preso in considerazione alcuno dei profili critici evidenziati dalla difesa con la memoria depositata il giorno dell’udienza camerale. La lettura dell’ordinanza fornisce letterale conferma alle deduzioni del ricorrente (essendo sufficiente porre a raffronto il testo della memoria dell’Ufficio del P.M. in data 27 novembre 2020 e il testo del provvedimento del Tribunale del riesame), anche per quanto concerne il contenuto delle argomentazioni sviluppate con la memoria difensiva che, pur esposte nella parte introduttiva (pag. 2-8), non erano state in alcun modo valutate dal Tribunale» (sentenza n. 29409/2021);
- «il provvedimento impugnato – nell’affermare che la fondazione Open avrebbe svolto la funzione di strumento per la raccolta del denaro da destinare a supporto delle attività politiche di Matteo Renzi, dovendosi escludere che la fondazione avesse avuto una diversa operatività – non si confronta con le deduzioni difensive che avevano messo in rilievo, al contrario, il costante impegno, organizzativo e finanziario, profuso dalla fondazione nel sostenere annualmente gli eventi della Leopolda, incontri a carattere eminentemente politico con programmazione di numerosi laboratori, eventi di discussione, occasioni di partecipazione della società civile, diretti a stimolare il confronto su temi oggetto delle attività espressamente previste dallo statuto della fondazione, senza peraltro alcun collegamento con le attività del Partito democratico. Il provvedimento non si è fatto carico di valutare questo dato storico, ampiamente documentato dalla difesa» (sentenza n. 29409/2021);
- «Ritiene, pertanto, il Collegio, nei limiti propri del sindacato cautelare, che il Tribunale del riesame nel qualificare la Fondazione Open, del quale [Carrai] era componente del consiglio direttivo, «articolazione politico-organizzativa del Partito Democratico (corrente renziana)» non abbia rispettato i principi già affermati dalle sentenze rescindenti emesse nelle precedenti fasi di questo procedimento e soprattutto non abbia considerato compiutamente la disciplina dettata per le fondazioni politiche dall’art. 5, comma 4, del d.l. n. 149 del 2013 nel testo vigente all’epoca dei fatti. Tali rilievi, unitamente a quelli formulati in ordine alla carenza della dimostrazione, sia pure in termini di fumus commissi delicti, del carattere illecito del finanziamento e alla distonia tra i beni in sequestro e il reato per il quale la misura cautelare è stata disposta, impongono l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, nonché del decreto di sequestro probatorio» (sentenza n. 11835/2022).
Si deve dunque constatare che il tribunale del riesame, in tre differenti composizioni e occasioni: ha considerato a torto auto-evidenti in senso confermativo dell’accusa elementi conoscitivi che invece avrebbero richiesto un’analisi di coerenza all’accusa medesima della quale occorreva comunque verificare preventivamente la configurabilità; si è adagiato acriticamente sulle tesi dell’accusa e non ha radicalmente preso in considerazione gli argomenti difensivi; ha ripetutamente violato i principi di diritto progressivamente affermati dai collegi di legittimità; ha permesso in ultima analisi il mantenimento nel tempo del sequestro probatorio di beni distonici rispetto all’ipotesi di accusa.
Non è questo che ci si aspetterebbe da un organo giudiziario posto a custodia e difesa della legalità procedurale e a cui spetta dare risposte a chi ha eccepito violazioni che peraltro, nel caso di specie, avrebbe potuto e dovuto essere colte anche d’ufficio. Si ha l’impressione di una sorta di resistenza ad oltranza di una tesi accusatoria, anche a costo di aprire un conflitto con un organo giudiziario cui spetta definire ciò che è legittimo e ciò che non lo è. Non uno spettacolo rassicurante.
Il conflitto di attribuzione tra Senato della Repubblica e Procura della Repubblica di Firenze
Sebbene estraneo all’oggetto della vicenda cautelare cui si riferiscono la sentenza qui commentata e le altre che l’hanno preceduta, esiste un ulteriore elemento che contribuisce a conferire caratteri di straordinarietà alla vicenda penale che ruota attorno alla fondazione Open.
A febbraio di quest’anno il Senato della Repubblica, a richiesta del senatore Matteo Renzi, ha approvato a maggioranza la relazione della Giunta delle immunità e sollevato dinanzi alla Corte costituzionale conflitto di attribuzione con la Procura di Firenze.
Il tema della contesa è stato l’inserimento nel fascicolo del pubblico ministero di chat e mail riconducibili a Matteo Renzi e risalenti a date in cui costui era già membro del Senato senza la previa autorizzazione del Senato medesimo.
Si ha notizia (a questo link per saperne di più) che la Corte costituzionale, in esito all’udienza del 24 novembre 2022 ha ritenuto ammissibile il conflitto (in calce al post alleghiamo il comunicato dell’ufficio stampa della Consulta).
L’interrogazione del Senatore Renzi e la risposta del Ministro della Giustizia
Nella seduta pomeridiana di ieri del Senato Matteo Renzi ha illustrato l’interrogazione n. 3-00072 che ha rivolto al Guardasigilli sulla questione oggetto di questo post (a questo link per la consultazione del resoconto stenografico della seduta e a questo secondo link per il report della notizia da parte del Corriere della Sera).
Ne riportiamo il contenuto integrale, comprensivo delle dichiarazione dell’interrogante e della risposta del Ministro Nordio.
“PRESIDENTE. Il senatore Renzi ha facoltà di illustrare l’interrogazione 3-00072 sull’ottemperanza ad una sentenza della Cassazione nell’ambito dell’inchiesta sulla fondazione Open, per tre minuti.
RENZI (Az-IV-RE). Signor Presidente, signor Ministro della giustizia, signor Vice Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, in realtà noi non vogliamo parlare dell’inchiesta sulla fondazione Open. Anzi, i processi si fanno – come lei, Ministro, sa meglio di chiunque altro – nelle aule giudiziarie e a maggior ragione lo diciamo pensando che quel procedimento, che è ancora all’udienza preliminare, ha già avuto cinque determinazioni della Corte di cassazione – è quasi un record – e tutte e cinque sono molto interessanti.
Allora, vi chiederete perché presentiamo un’interrogazione. L’interrogazione è su un punto specifico che non riguarda Open, non riguarda noi, non riguarda i parlamentari, ma riguarda chi ci segue da casa. Qui c’è un fatto, signor Ministro: c’è stata una sentenza, una decisione, un’ordinanza della Corte di cassazione che ha annullato senza rinvio, dopo due annullamenti con rinvio, un sequestro fatto nei confronti di uno degli indagati, che si chiama Marco Carrai. Potrebbe chiamarsi Marco Rossi, Andrea Bianchi, non importa: un cittadino è stato indagato per due anni, ha dovuto pagarsi gli avvocati, ha fatto ricorso in Corte di cassazione; le prime due volte la Corte di cassazione ha annullato la decisione, alla terza l’ha annullata senza rinvio e ha scritto al pubblico ministero e al tribunale di restituire il materiale sequestrato «senza trattenimento – questa è l’espressione utilizzata – di copia degli atti». Come a dire: prendilo, ridaglielo e butta via tutto. Io lo capisco così, in italiano, fuori dal giuridichese.
Ebbene, signor Ministro, cos’è accaduto? Il pubblico ministero – ormai per noi è una frequentazione abituale quel pubblico ministero – ha scelto di prendere il materiale e di mandarlo al Copasir, il Comitato che si occupa dei servizi segreti in questo Paese.
Allora la domanda è la seguente: indipendentemente dal caso di specie, vorrei sapere se lei sia a conoscenza di questo fatto e che provvedimenti intenda prendere nel caso lo ritenga un atto sbagliato. Per noi è eversivo – i magistrati infatti devono rispettare le sentenze dei magistrati e lo devono fare i cittadini, ma anche i magistrati o anarchico – nel senso che a Firenze c’è un giudice che fa come gli pare – oppure è un atto di cialtronaggine da parte del pubblico ministero. Delle tre, io quest’ultima la escludo. Sulle altre due ascolto la sua risposta. (Applausi).
PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, onorevole Nordio, ha facoltà di rispondere all’interrogazione testé illustrata, per tre minuti.
Avviso il Vice Presidente del Consiglio che non ci sono altre interrogazioni a cui deve rispondere. Può rimanere in Aula, è naturalmente graditissima la sua presenza.
NORDIO, ministro della giustizia. Signor Presidente, ringrazio innanzitutto il senatore Renzi.
Con questo atto di sindacato ispettivo si chiede di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza dei fatti che sono appena stati esposti e se non ritenga necessario assumere le iniziative e competenze in merito. Dico subito che la conoscenza ufficiale di questi atti è parziale. Dico anche quello che risulta ufficialmente: in data 18 febbraio 2022 la Corte di cassazione, VI sezione penale, ha – come esposto nell’interrogazione – annullato senza rinvio l’ordinanza, il decreto di perquisizione di sequestro, emesso in data 20 novembre 2019 dal pm nei confronti di Marco Carrai, disponendo la restituzione all’avente diritto di quanto in sequestro senza trattenimento di copia degli atti. Gli ulteriori fatti che sono stati enunciati nell’interrogazione saranno oggetto di immediato e rigoroso – sottolineo rigoroso – accertamento conoscitivo attraverso l’ispettorato generale. Successivamente questo Dicastero procederà a una approfondita – e sottolineo approfondita – valutazione di tutti gli elementi acquisiti al fine di assumere le necessarie iniziative.
L’indagine conoscitiva avrà assoluta priorità nell’attività ispettiva e le determinazioni che ne deriveranno saranno adottate con la consequenziale rapidità. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Renzi, per due minuti.
RENZI (Az-IV-RE). Sono molto soddisfatto di due cose e sono parzialmente soddisfatto di un’altra. Sono molto soddisfatto della risposta del signor Ministro. Non dubitavamo dell’assoluta rilevanza che il Ministro ha dato a questo caso perché riguarda – come abbiamo detto – tutti i cittadini, indipendentemente dal singolo dato, se un pubblico ministero può disattendere una sentenza della Corte di cassazione.
Sono anche molto soddisfatto del fatto che ci sia un Ministro di un Governo che noi non appoggiamo, di un Governo al quale non votiamo la fiducia, che però abbia una riconosciuta autorevolezza e serietà. Noi siamo passati da un promettente deejay come Ministro della giustizia a un autorevole magistrato (Applausi). Lo dico partendo dal fatto che noi siamo all’opposizione. Ciò senza niente togliere ai promettenti deejay.
C’è un ultimo punto sul quale sono parzialmente soddisfatto e riguarda non la risposta del Ministro, ma il fatto che ho una sensazione. Signor Ministro, signor Vice Presidente del Consiglio, per ottenere giustizia, delle volte bisogna fare tanti ricorsi e sostenere tante spese legali. Chi è che si può permettere di andare in Corte di cassazione? La persona di cui parliamo si è potuta permettere di fare tre ricorsi. Altri indagati in quel procedimento hanno fatto altri due ricorsi in Cassazione, vincendoli entrambi. Che succede se uno però non ha i soldi, se uno non ce la fa? Ecco perché il fatto che si faccia chiarezza sul modo con il quale non i giudici, non i pubblici ministeri, ma alcuni di essi operano pochi a dire il vero – è fondamentale non per noi che ci possiamo difendere in tutte le sedi, ma per la povera gente, per la classe media, per chi non ha i soldi per fare ricorso in Cassazione. Signor Ministro, la ringrazio. (Applausi)“.
Per finire
Il procedimento penale attorno alla Fondazione Open è in corso e spetterà all’autorità giudiziaria fiorentina chiarire se siano stati o no compiuti i reati contestati dalla locale Procura.
Non occorre tuttavia attendere l’esito giudiziario per rilevare che nella vicenda di cui si parla si sono già verificati accadimenti che vanno ben oltre l’ordinaria fisiologia di un procedimento penale.
Un sequestro ripetutamente confermato dal giudice del riesame ed altrettanto ripetutamente sconfessato dalla Corte di Cassazione.
Una Camera parlamentare, in questo caso il Senato della Repubblica, che a grande maggioranza solleva un conflitto di attribuzione che la Consulta ha già dichiarato ammissibile.
Uno scontro all’arma bianca tra uno degli indagati e uno degli accusatori pubblici.
La divulgazione di atti, mediante consegna al COPASIR, dei quali la Cassazione aveva disposto la restituzione all’avente diritto senza trattenimento di copia.
Sullo sfondo, il sempre complicato rapporto tra due poteri dello Stato, il giudiziario e il politico-legislativo, e la definizione dei confini che ciascuno di essi non deve valicare a pena di sconvolgere l’equilibrio corretto del loro rapporto.
C’è quanto basta e anche di più per scrivere fiumi di parole su questa storia e in effetti lo stesso Matteo Renzi, cui certo non fanno difetto né l’intuito né la prontezza di riflessi, ha cominciato a raccontarla nel libro Il Mostro pubblicato quest’anno da Piemme e sulla cui copertina (che illustra questo post) spicca una frase di Carlo Nordio, di significato inequivoco: “Questo libro dovrebbe essere studiato alla Scuola Superiore della Magistratura“.
Non resta che aspettare gli sviluppi e si può star certi che ce ne saranno.
