
La condanna si basa sulla registrazione di captazioni telefoniche e la difesa prospetta di non aver potuto verificarne il contenuto mediante l’ascolto per il mancato rinvenimento agli atti del supporto informatico sul quale dal verbale delle operazioni di intercettazione sarebbero stati masterizzati i dati relativi alle suddette captazioni e che a tale verbale avrebbe dovuto essere allegato.
In pratica la difesa ha cercato di verificare la prova regina della condanna con l’ascolto della registrazione dell’intercettazione ma deve adempiere ad una probatio diabolica.
La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 43840 depositata il 18 novembre 2022 ha stabilito che la questione relativa all’onere probatorio di un fatto negativo, stabilendo che anche in ambito penale vale il principio affermato dalla giurisprudenza civile per cui lo stesso debba essere provato da colui che voglia far valere in giudizio un diritto di cui tale fatto costituisce il fondamento, poiché la negatività dei fatti non esclude, né inverte l’onere della prova, gravando sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, è costitutivo, ovvero sulla parte che eccepisce un fatto, pur se negativo, avente efficacia estintiva od impeditiva o modificativa del diritto fatto valere dalla controparte.
Fatto
Nello specifico, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe ravvisato la sussistenza del reato di cui al capo 9) sulla base di intercettazioni telefoniche, alle cui registrazioni e trascrizioni sommarie la difesa non avrebbe avuto accesso nel giudizio d’appello non risultando rinvenibile, nemmeno presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze o la Procura Generale presso la Corte d’Appello di Firenze, il supporto informatico sul quale dal verbale delle operazioni di intercettazione sarebbero stati masterizzati i dati relativi alle suddette captazioni e che a tale verbale avrebbe dovuto essere allegato.
Il ricorrente sostiene inoltre l’unica traccia rinvenibile delle intercettazioni citate si troverebbe nella richiesta di proroga delle operazioni di intercettazione sulle utenze del C. e del coimputato C. inviata dagli operanti al pubblico ministero.
Peraltro anche qualora dovessero rinvenirsi le registrazioni delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, quelle eseguite nei confronti dell’imputato sarebbero comunque inutilizzabili in quanto i decreti di intercettazione d’urgenza emessi dal pubblico ministero non sarebbero stati trasmessi tempestivamente per la convalida, inutilizzabilità che riguarderebbe anche le captazioni poste alla base dell’affermazione di responsabilità del C. per i reati di cui ai capi 1), 2) e 8).
Decisione
La Suprema Corte ha stabilito che la questione prospettata è relativa all’onere probatorio di un fatto negativo ed osserva che anche in ambito penale vale il principio affermato dalla giurisprudenza civile per cui lo stesso debba essere provato da colui che voglia far valere in giudizio un diritto di cui tale fatto costituisce il fondamento, poiché la negatività dei fatti non esclude, né inverte l’onere della prova, gravando sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, è costitutivo, ovvero sulla parte che eccepisce un fatto, pur se negativo, avente efficacia estintiva od impeditiva o modificativa del diritto fatto valere dalla controparte.
In tal senso si è dunque concluso che, anche quando non sia possibile la materiale dimostrazione diretta di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo (ex multis Sez. 2, n. 43772 del 03/10/2013, Bathiri, Rv. 257304; Sez. 2, n. 7484 del 21/01/2014, Baroni, Rv. 259245).
In applicazione di tale principio e con specifico riferimento all’ipotesi in cui la difesa che deduca la nullità di ordine generale a regime intermedio per non aver ottenuto l’accesso ai supporti magnetici o informatici contenenti le registrazioni di conversazioni intercettate, si è dunque affermato che il difensore è gravato dal duplice onere di provare sia la tempestiva richiesta rivolta al pubblico ministero, sia il mancato accesso alla documentazione richiesta (Sez. 2 , n. 51935 del 28/09/2018, Pannofino, Rv. 275065).
Dal carteggio intervenuto con la segreteria della Procura generale presso la Corte d’appello e quella della Procura della Repubblica allegato al ricorso risulta che il difensore dell’imputato, dopo la pronunzia della sentenza impugnata ed in vista della redazione del ricorso per cassazione, ha effettivamente richiesto di poter procedere all’ascolto di una delle intercettazioni e di prendere visione del fascicolo e che ciò gli sia stato consentito, avendo anzi gli uffici interessati cercato di soddisfare l’esigenza difensiva di anticipare la data all’uopo fissata in ragione della prossima scadenza dei termini di impugnazione.
Fermo restando che nel caso di specie trovano applicazione le disposizioni di cui agli artt. 266 e ss. c.p.p. e 89 disp. att. c.p.p. nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 216 del 2017, le censure articolate con il motivo in esame si rivelano dunque generiche.
Il ricorrente sostiene di non aver rinvenuto nel fascicolo del giudice dell’appello o presso la Procura della Repubblica i supporti informatici sui quali sarebbero state registrate le intercettazioni e che secondo i verbali delle operazioni compiute sarebbero stati allegati ai medesimi.
Circostanza che viene però meramente asserita, giacché il ricorso non fornisce la prova dei fatti positivi incompatibili con la verità del fatto di cui intende dimostrare l’inesistenza e che peraltro la difesa poteva procurarsi agevolmente facendosi rilasciare apposita attestazione dalla cancelleria del giudice e dalla segretaria del pubblico ministero in merito al mancato rinvenimento delle registrazioni.
Ne consegue che il motivo è dichiarato inammissibile ma rimane il dubbio amletico e non secondario, che la cassazione non si pone e non intende minimamente affrontare perché non di sua competenza, qualcuno ha mai ascoltato la registrazione della conversazione che ha determinato la condanna dell’imputato?
In ogni caso, anche qualora la difesa avesse avuto l’attestazione dalla cancelleria siamo sicuri che la cassazione non avrebbe usato il dictum “è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/4/2009, Fruci, Rv. 243416).
Il tutto per chiarire la decisività delle intercettazioni ai fini della tenuta dell’apparato motivazionale della sentenza, omettendo di effettuare la evidenziata prova di resistenza richiesta dall’arresto giurisprudenziale del Supremo Collegio citato”.
Ritorniamo alla prova diabolica iniziale.

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