Stupefacenti e piccolo spaccio: le tabelle per il riconoscimento dell’art. 73 comma 5 Dpr 309/90 (di Riccardo Radi)

Ecco le soglie del piccolo spaccio elaborate dalla cassazione.

La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 44061 depositata il 25 novembre 2022 ha stabilito che mancando la legge, possono aiutare la statistica della giurisprudenza degli ultimi due anni a individuare i limiti del fatto di lieve entità.

Come anticipato con un post di qualche giorno addietro (a questo link), la cassazione ha elaborato delle tabelle che riportiamo in foto per il riconoscimento del piccolo spaccio.

La cassazione ha stabilito che considerando che l’elemento ponderale non può costituire – al di là dei casi di particolare pregnanza dello stesso – l’unico elemento per riconoscere od escludere il fatto lieve, è innegabile che tale aspetto è uno di quelli che maggiormente incide sul giudizio in ordine all’art. 73, comma 5.

L’individuazione di valori dotati di particolare ricorrenza statistica nelle decisioni concernenti il fatto lieve può essere condotta avvalendosi dello studio recentemente predisposto dall’Ufficio per il Processo presso la Sesta sezione penale, intitolato “Il fatto di lieve entità ex art. 73, quinto comma, D.P.R. 309/1990: alla ricerca di un’interpretazione tassativizzante.

Un’indagine empirica della giurisprudenza di legittimità nel triennio 2020-2022″.

Lo studio ha comportato l’esame di 398 decisioni della Corte in materia di spaccio di lieve entità, emesse nel triennio 2020-2022, ed ha restituito un quadro molto variegato in ordine ai quantitativi che sono stati ritenuti compatibili con tale fattispecie.

Sulla base di tale verifica è risultato che il limite massimo entro il quale è stata riconosciuta la lieve entità del fatto è risultato essere: – 150 g per la cocaina; – 107,71 g per l’eroina; – 246 g per la marijuana; – 386,93 g per l’hashish.

Tale dato è stato ulteriormente elaborato, al fine di individuare i quantitativi per i quali vi è maggiore interferenza tra sentenze che riconoscono e negano il comma 5, risultando che, per i seguenti quantitativi, vi è una prevalenza di sentenze che ritengono il fatto lieve: – 23,66 g per la cocaina; – 28,4 g per l’eroina; – 108,3 g per la marijuana; – 101,5 g per l’hashish.

Si tratta di un dato avente una valenza statistica, nel senso che attesta il fatto che – con riguardo ad un significativo numero di pronunce rese in un dato periodo temporale – la giurisprudenza maggioritaria ha ricondotto al fatto lieve i quantitativi sopra indicati.

Ciò non esclude, tuttavia, che la ricorrenza statistica di tali valutazioni può integrare un metro di giudizio utile a garantire la necessaria tassatività della norma incriminatrice, evitando eccessive oscillazioni interpretative.

La valutazione complessiva della tenuità del fatto deve essere pur sempre svolta valorizzando tutti gli elementi della fattispecie, salvo restando che – specie nelle ipotesi in cui non vi sono specifici indici della offensività del fatto – la circostanza che un dato quantitativo sia stato tendenzialmente ricondotto all’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, può assumere una valenza di per sé decisiva.

In conclusione, si ritiene di poter affermare che ai fini della valutazione della sussistenza del fatto lieve, il giudice può tener conto – unitamente agli altri elementi descrittivi della condotta – del fatto che il dato ponderale oggetto di giudizio è stato ritenuto, dalla giurisprudenza maggioritaria risultante dalla ricognizione statistica su un campione significativo di sentenze, come compatibile con l’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

Applicando tale principio al caso di specie, si evidenzia come il quantitativo sequestro, pari a circa 100 gr. di hashish, rientra appieno in quel valore soglia che, dalla giurisprudenza prevalente di questa Corte, è stato ricondotto nell’ambito del fatto lieve.

A ciò occorre aggiungere che non sono stati neppure acquisiti ulteriori elementi sulla cui base ritenere che l’attività di spaccio – al di là del singolo quantitativo sequestrato – avesse connotati idonei a far ritenere la tenuità della condotta richiesta dall’art.73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. In particolare, non risulta il numero degli assuntori che si rivolgevano all’imputato, né se questi avesse la capacità in termini di contatti con i fornitori all’ingrosso e di disponibilità economica – di procurarsi stabilmente ed in quantitativi apprezzabili sostanza stupefacente.

Rispetto ai dati complessivamente descrittivi della condotta, va ribadito il principio secondo cui la fattispecie autonoma di cui al comma quinto dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 è configurabile nelle ipotesi di cosiddetto piccolo spaccio, che si caratterizza per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni limitati e che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia tale da dar luogo ad una prolungata attività di spaccio, rivolta ad un numero indiscriminato di soggetti. (Sez.6, n.15642 del 27/01/2015, Rv. 263068).

Alla luce di tali considerazioni, il fatto contestato va riqualificato nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con conseguente annullamento della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione per la rideterminazione della pena.

Che sia l’inizio di una nuova e costante giurisprudenza in materia di piccolo spaccio?

Vedremo nel prosieguo.