Avvocato indagato: niente perquisizione nello studio senza le garanzie previste dall’articolo 103 comma 3 e 4 c.p.p. (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 44892 depositata il 25 novembre 2022 si discosta dalla prevalente giurisprudenza ritenendo che le garanzie ex articolo 103 Cpp si applicano anche in caso di perquisizione eseguita a carico dello stesso difensore oppure quando è proprio il legale a risultare indagato.

Fatto

L’avvocato nel caso esaminato è indagato per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti di natura fallimentare e tributaria, nonché truffe, autoriciclaggio e reimpiego di denaro di illecita provenienza, avendo messo a disposizione del sodalizio la propria attività professionale, piegandola alle esigenze illecite dei compartecipi.

Decisione

La Suprema Corte rileva la stretta interferenza esistente tra la condotta illecita investigata e l’attività professionale dell’indagata, la quale risulta incaricata della difesa di alcuni dei coindagati in due distinti procedimenti.

Su detta base, discostandosi dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto che in ogni caso la perquisizione presso uno studio legale ed l conseguente sequestro debbano essere operati con tutte le garanzie dell’art. 103 c.p.p. e che il sequestro di carte e documenti, anche se custodite in ragione di un mandato difensivo, possono essere apprese solo in presenza della motivata necessità di ricercare “oggetti specifici e non per necessità investigative”.

In base ad un’interpretazione logica e sistematica della disposizione, le garanzie previste ai commi terzo e quarto dell’articolo 103 Cpp debbono trovare applicazione anche nel caso di perquisizione eseguita a carico dello stesso difensore a norma del primo comma lettera a) dell’articolo 103 Cpp ovvero nell’ipotesi in cui il legale stesso risulti indagato, dovendo ritenersi che dette garanzie non riguardano solo il difensore dell’indagato o dell’imputato nel procedimento in cui sorge la necessità di svolgerle attività di ispezione, perquisizione o sequestro, ma vanno osservate in tutti i casi in cui tali atti vengano eseguiti nello studio di un professionista iscritto all’albo degli avvocati, che abbia assunto la difesa di qualsiasi assistito, sia nel procedimento “de quo” che in altro procedimento, anche del tutto estraneo rispetto a quello in cui l’attività di ricerca, perquisizione e sequestro venga compiuta, atteso che non si tratta di privilegi di categoria, finalizzati alla tutela della dignità dei suoi appartenenti, ma del riflesso dell’inviolabilità del diritto di difesa, come diritto fondamentale della persona garantito dall’articolo 24 della Costituzione, postulando l’attività di ricerca della prova effettuata dal pm, a norma del quarto comma della disposizione in esame, l’autorizzazione del giudice per le indagini preliminari e, in esito, il rispetto delle ulteriori garanzie stabilite a pena di nullità dal terzo comma.


Il punto è che al momento della perquisizione il professionista assiste gli attuali coindagati in procedimenti penali. E non conta non vi sia invece un mandato difensivo nell’attuale procedimento.

Le garanzie per il difensore servono anche a evitare che gli inquirenti acquisiscano indirettamente elementi utili ai fini dell’indagine attraverso attività investigative sulla carta estranee al procedimento.

L’autorizzazione del gip e il coinvolgimento dell’Ordine non servono a tutelare la dignità della classe forense ma a garantire il fondamentale diritto di difesa sancito dall’articolo 24 della Costituzione.