Storie dell’avvocatura: un legale truffa i clienti e, convocato dal COA per chiarimenti, produce a sua discolpa una sentenza falsa ma non viene radiato (di Riccardo Radi)

Sono tante le storie poco edificanti che ci regala Italgiure, la banca dati delle decisioni della Cassazione.

Oggi ne segnaliamo una molto particolare.

Un avvocato riceve un mandato e promette ai clienti il buon esito della vertenza che gli sta a cuore.

Passano gli anni e gli acconti si susseguono senza novità significative.

I clienti cominciano a pensare che qualcosa non stia andando per il verso giusto e segnalano la situazione al COA competente.

Il professionista viene convocato dal Consiglio dell’ordine degli avvocati e a quel punto, a sua difesa nel procedimento disciplinare, produce una sentenza per “dimostrare” di aver adempiuto al mandato ricevuto.

Il presidente dell’Ordine effettua una verifica, scopre che la sentenza è falsa e contesta la circostanza al legale incolpato.

Fin qui – si fa per dire – tutto bene.

Ma nello scrigno dell’ineffabile legale sono ancora disponibili altre perle.

Ecco quali, nella descrizione che ne fa la sesta sezione penale della Suprema Corte:

Con sentenza n. 38 … del 27 ottobre 2020 la Corte di appello di … ha confermato la condanna di MCP per avere formato la falsa sentenza indicata nel capo B delle imputazioni per fare apparire adempiuto il mandato (recuperare un credito) di avvocato conferitogli da PF dopo l’esposto presentato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di …. dal suo assistito e per avere calunniosamente accusato i suoi ex collaboratori di studio indicati nel capo C di avere contraffatto la sentenza”.

In altri termini: la falsa copia della sentenza, riproducente la firma del giudice e del cancelliere, era stata accreditata come vera da MCP, producendola al COA competente in occasione del procedimento disciplinare avviato nei suoi confronti ma MCP si sarebbe accorto della contraffazione solo dopo averla confrontata con quella originale esibitale dal presidente dell’Ordine. È seguita la condanna di MCP, certo, ma l’ineffabile legale esercita ancora, non avendo evidentemente ricevuto nessun disturbo in sede disciplinare.

Evvai!