
Due giorni fa, a quasi 94 anni, è morta Hebe de Bonafini.
Solo pochi e di una certa età, probabilmente, conoscono la sua storia.
Eppure è una grande storia, insieme bellissima e triste, che merita di essere ricordata e tramandata.
Di cittadinanza argentina, si sposò a soli 14 anni con Humberto Bonafini, avendo appena fatto in tempo a finire le elementari.
Ebbero tre figli: Jorge Omar, Raul Alfredo e Maria Alejandra.
La vita della sua famiglia fu sconvolta dopo il colpo di Stato del 1976 che depose Isabelita Peron e portò al potere il generale Jorge Rafael Videla e il suo feroce regime dittatoriale.
Si calcola che negli anni in cui Videla fu capo incontrastato e presidente di fatto dell’Argentina (1976-1981) furono sequestrati, torturati e assassinati circa 40.000 argentini.
Si coniò per le vittime il termine di desaparecidos, poiché la quasi totalità di costoro scomparve nel nulla e i loro familiari non ebbero neanche i corpi da seppellire.
Anche Hebe de Bonafini ebbe il suo carico di lutti: perse il figlio primogenito Jorge Omar (sequestrato e scomparso l’8 febbraio 1977), il secondogenito Raul Alfredo (stesso destino il 6 dicembre del 1977) e sua nuora Maria Elena Bugnone Cepeda, moglie di Jorge Omar (stesso destino il 25 maggio del 1978).
Altri sarebbero stati sopraffatti dal dolore ma non Hebe.
Il 30 aprile del 1977 quattordici madri di giovani donne e uomini scomparsi si riunirono a Plaza de Mayo proprio di fronte alla Casa Rosada, la residenza presidenziale argentina, per protestare contro le brutalità del regime di Videla. Avevano tutte un fazzoletto bianco in testa.
Hebe de Bonafini, assente in quella prima occasione, si aggregò al gruppo dopo pochi giorni e a partire da allora dedicò la sua intera vita alla ricerca dei suoi figli e delle migliaia di altri figli fatti sparire dai corpi di sicurezza statali.
Tutti i giovedì di tutte le settimane dell’anno e ancora oggi dopo 45 anni, le madri dei desaparecidos sfilano in Plaza de Mayo per ricordare i loro morti e il gigantesco lutto collettivo inflitto all’Argentina.
Hebe de Bonafini era stata una casalinga e una madre nei suoi primi cinquant’anni.
Come lei stessa dichiarò, nella prima parte della sua vita le bastò essere una donna di casa.
Ma dopo la scomparsa del primo figlio, il dolore e la consapevolezza di condividerlo con tante altre madri le imposero di confrontarsi con un mondo nuovo, quello dell’impegno politico e sociale.
Lo intese così seriamente da diventare ben presto presidente dell’associazione Madres de Plaza de Mayo e da continuare ed estendere la sua lotta ben dopo la caduta del regime di Videla e ben oltre i crimini contro l’umanità ad esso imputabili.
Fu una donna dura e intransigente, capace di disprezzo e non priva di contraddizioni: si oppose all’esumazione dei corpi trovati nelle fosse comuni perché sarebbe stato come accettare la loro morte e invece – diceva – “Il rivoluzionario non muore mai“; attaccò Nestor Kirchner, quando fu eletto presidente, definendolo “la stessa merda con un odore diverso“, salvo poi diventare una sua sostenitrice e alleata; se la prese con Jorge Bergoglio, allora arcivescovo di Buenos Aires, qualificandolo come “spazzatura” ma nel 2016, quando era già diventato Papa Francesco, accettò il suo invito a Santa Marta, riconobbe di essersi sbagliata sul suo conto e rivelò di avere ritrovato la fede grazie a lui; dopo la notizia della morte il Pontefice ha voluto renderle omaggio con queste parole: “La sua audacia e il suo coraggio, in momenti in cui prevaleva il silenzio, hanno spinto e poi mantenuto viva la ricerca della verità, della memoria e della giustizia. Una ricerca che l’ha portata a marciare ogni settimana affinché l’oblio non si impadronisse delle strade e della storia, e l’impegno verso l’altro fosse la parola migliore e l’antidoto contro le atrocità subite”.
Lo stesso tributo le è stato riservato da Cristina Fernandez de Kirchner, vicepresidente dell’Argentina: “Carissima Hebe, Madre di Plaza de Mayo, simbolo mondiale della lotta per i Diritti Umani, orgoglio dell’Argentina. Dio ti ha chiamato nel giorno della Sovranità Nazionale… non credo sia una coincidenza. Posso dirti solo grazie e hasta siempre“.
Questa è la storia di Hebe de Bonafini e delle madri di Plaza de Mayo.
Una storia di lutti e dolore ma anche di fiera resistenza contro il potere nella sua espressione più brutale.
Hebe ne era consapevole. Come ricorda Claudia Fanti in un bell’articolo sul Manifesto (a questo link) “Hebe de Bonafini di sicuro non è stata una donna comune. Nelle sue ultime volontà aveva chiesto che si pensasse a lei come una madre di 30mila figli scomparsi che non aveva mai smesso di lottare. E che non si piangesse la sua morte, ma si ballasse, si cantasse e si facesse festa a Plaza di Mayo, nel luogo che, dietro sua richiesta, ne accoglierà le ceneri. «Perché – ha lasciato scritto – ho fatto quello che ho voluto, ho detto quello che ho voluto e ho litigato per quello che ho voluto»“.
Dobbiamo essere tutti grati a Hebe de Bonafini per il suo impegno lungo una vita di custode della memoria che ha reso vere le parole di Eduardo Galeano nel suo libro “Le vene aperte dell’America latina“: “Non esiste la storia muta. Per quanto le diano fuoco, per quanto la frantumino, per quanto la falsifichino, la storia umana si rifiuta di tacere” .

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