L’incrocio tra fantasia e giustizia produce nuove storie a ritmo incessante.
Oggi raccontiamo quella dell’avvocato che inventa una causa contro l’assicurazione e costruisce a tavolino una sentenza ma riesca ad evitare la condanna per truffa e falso ed evita anche la radiazione.
Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato la vicenda di una praticante (a questo link) che ha pagato il prezzo del suo errore.
Nessun prezzo risulta invece pagato nella storia di oggi.
Come sempre rispettosi della riservatezza e del diritto all’oblio di chiunque, omettiamo qualunque riferimento che permetta di identificare la persona che ne è stata protagonista.
Questa la vicenda, come descritta dalla Cassazione penale
Verso la fine dell’anno … M.C. si rivolgeva all’avv. D.V. per sottoporgli una controversia della propria moglie (V.) con una compagnia di assicurazioni;
nell’occasione l’avvocato si faceva erogare una prima somma di denaro della quale rilasciava ricevuta e qualche mese dopo otteneva un’ulteriore somma di denaro;
nel gennaio … D.V. chiedeva ed otteneva dai clienti il versamento dell’ulteriore somma di 3.220,00 euro asseritamente da corrispondere all’Agenzia delle Entrate in relazione al valore della causa;
nel febbraio … D.V. presentava ai clienti una notula per l’ammontare di 3.060,00 euro somma che costoro pagavano;
a marzo D.V. comunicava ai clienti che la causa civile era stata vinta e che si rendeva necessario versare l’ulteriore somma di 4.650,00 euro sempre all’Agenzia delle Entrate;
i clienti si insospettivano e si recavano in Tribunale scoprendo che la causa de qua non era mai stata iscritta a ruolo, quindi si recavano da D.V. per chiedere chiarimenti e questi nell’occasione esibiva loro un falso dispositivo di sentenza, indi fissava con essi un appuntamento in Tribunale per dimostrare la veridicità delle proprie informazioni, appuntamento al quale tuttavia non si presentava:
i clienti a questo punto si recavano presso lo studio legale dove aveva operato D.V. e mostravano all’avv. B. il dispositivo della sentenza a loro consegnato D.V.;
B. si rendeva conto della falsità del documento chiedeva l’intervento della polizia che procedeva al sequestro del documento.
Questo il racconto del fatto e possiamo notare che D.V. con sprezzo del pericolo si è fatto consegnare svariati acconti e non contenta ha creato una sentenza su misura.
Quando si dice che in tribunale esiste il fattore C (Per un suo approfondimento, a questo link)!
Nel caso esaminato si è concretizzato a causa della grossolanità del falso risultando dagli atti che la persona offesa – pur non risultando avere esperienze professionali in materia – aveva comunque affermato che “si vedeva che non era una sentenza”, quindi non configurabilità del reato di falso documentale articoli 476 e 482 cod. pen.
Mentre per la truffa che è un reato istantaneo e di danno, lo stesso si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell’autore abbia fatto seguito la “deminutio patrimonii” del soggetto passivo (cfr. Sez. 2, n. 18859 del 24/01/2012, Volpi, Rv. 252821), è di tutta evidenza che lo stesso si è consumato al più tardi nel febbraio …. allorquando la D.V. aveva presentato ai clienti una notula per l’ammontare di 3.060,00 euro somma che costoro effettivamente pagavano. Dopo che avevano pagato già altri due acconti.
Alla fine della fiera D.V. ha intascato circa 7.000,00 euro, riuscendo per di più ad evitare ogni conseguenza negativa sia penale che disciplinare, al punto che continua ad esercitare indisturbatamente, come abbiamo potuto verificare.
E dunque il fattore C è tra noi ma nessuno lo vuole ammettere e all’ammazza caffè segue il brindisi.
Senza indulgere nella morale perché istintivamente diffidiamo da chi la fa ci limitiamo a ricordare che il tribunale è un teatro, la giustizia una commedia e gli interpreti sono alle volte drammatici, a volte squallidi e sovente brutti.
