Intercettazioni finalizzate alla ricerca di latitanti: utilizzabilità a fini probatori

Una recente decisione della Suprema Corte, precisamente Sez. 5^, sentenza n. 40804/2022, udienza del 15 luglio 2022, si è occupata del tema delle condizioni e dei limiti dell’utilizzabilità probatoria delle intercettazioni disposte ai sensi dell’art. 295, comma 3, cod. proc. pen., per agevolare la ricerca di latitanti.

Il collegio di legittimità ha rimarcato l’esistenza di uno stabile orientamento giurisprudenziale, aggiornato dopo la pronuncia Cavallo (Sez. unite, sentenza n. 51/2020, Rv. 277395) il quale ritiene i risultati delle intercettazioni disposte per agevolare le ricerche di latitanti utilizzabili a fini probatori, con i limiti derivanti dal divieto di utilizzazione in procedimenti diversi di cui all’art. 270 cod. proc. pen., il quale non opera, oltre che nei casi in cui l’attività captativa sia indispensabile per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza, nei procedimenti per reati connessi ex art. 12 cod. proc. pen. a quelli in relazione ai quali tale attività era stata “ab origine” autorizzata, sempre che rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall’art. 266 cod. proc. pen (tra le altre, Sez. 2^, n. 38831 del 17/09/2021, Rv. 282199 02; Sez. 6, n. 26739 del 18/09/2020, Rv. 279661 – 01), stante l’espresso rinvio operato dall’art. 295, comma 3, all’art. 270 cod. proc. pen., rinvio che ha un senso solo se riferito al comma primo di tale articolo, relativo all’utilizzabilità probatoria in altri procedimenti (Sez. 6, n. 9185 del 25/01/2012, Rv. 252284 – 01).

Nel caso in esame, premesso che i delitti per cui si procede sono caratterizzati dal requisito della obbligatorietà dell’arresto in flagranza, il collegio rileva nondimeno che la limitazione di tempo e di

luogo di cui all’art. 271, comma 1-bis cod. proc. pen., la quale esclude l’utilizzabilità degli esiti delle captazioni a mezzo captatore, allorché i dati siano acquisiti al di fuori dei limiti di tempo e di luogo indicati nel decreto autorizzativo, non può essere riferita alla vicenda oggetto di ricorso, in quanto l’art. 267, comma 1, richiamato dall’art. 295, non prevedeva alcuna limitazione di tempo e di luogo quanto alla attivazione del microfono, per i delitti per cui si procedeva nel caso in esame, essendo tale

limitazione cronologica e di ubicazione indispensabile a pena di inutilizzabilità solo per i delitti diversi da quelli di cui all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater e dai delitti contro la pubblica amministrazione con pena non inferiore nel massimo a cinque anni di reclusione.

Proprio tale peculiarità esclude l’inutilizzabilità derivata dedotta dal ricorrente.

Per altro verso, inoltre, deve rilevarsi come l’art. 271 cod. proc. pen. non sia fra quelli richiamati dall’art. 295 cod. proc. pen. tanto che le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni disposte per la ricerca di latitanti possono essere autorizzate anche sulla base di informazioni anonime, prescindendo dai presupposti per l’applicazione dell’art. 203 cod. proc. pen., e possono essere utilizzate anche in procedimenti diversi, non operando in tal caso i divieti di utilizzazione posti dall’art. 271 cod. proc. pen. (tra le tante, Sez. 2, n. 39380 del 07/10/2010, Rv. 248691 – 01).