Stupefacenti e riconoscimento della lieve entità: quando il dato quantitativo è compensato e neutralizzato da altri e diversi elementi destinati a riqualificare il fatto nell’articolo 73 comma 5 Dpr 309/90 (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 6 con la sentenza 43430 depositata il 15 novembre 2022 indica quando il dato quantitativo deve essere “compensato” con le altre circostanze del fatto rilevanti secondo i parametri normativi di riferimento.

La Suprema Corte ricorda che secondo un consolidato orientamento espresso sul tema, la fattispecie del fatto di “lieve entità” di cui al comma 5 della citata disposizione normativa è ravvisabile in ipotesi connotate da una minima offensività, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010 – dep. 05/10/2010, Rv. 247911).

Recentemente, le Sezioni Unite (Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo) hanno ulteriormente dettagliato tale indicazione di principio ribadendo la necessità di procedere ad una valutazione complessiva e comparativa degli indici di lieve entità elencati dall’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1.990, sicché occorre “abbandonare l’idea che gli stessi possano essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo od escludendo, cioè, la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri.

Ma allo stesso tempo anche che tali indici non debbano tutti indistintamente avere segno positivo o negativo“.

Ed invero, va riconosciuta “la possibilità che tra gli stessi si instaurino rapporti di compensazione e neutralizzazione in grado di consentire un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie in tal senso”.

Solo all’esito “della valutazione globale di tutti gli indici che determinano il profilo tipico del fatto di lieve entità, è poi possibile che uno di essi assuma in concreto valore assorbente e cioè che la sua intrinseca espressività sia tale da non poter essere compensata da quella di segno eventualmente opposto di uno o più degli altri“.

Le Sezioni Unite, inoltre, hanno precisato che, nell’indicata ottica di una considerazione comparativa di tutti gli elementi del caso concreto, “anche la maggiore o minore espressività del dato quantitativo deve essere anch’essa determinata in concreto nel confronto con le altre circostanze del fatto rilevanti secondo i parametri normativi di riferimento. Ferma la possibilità che, nel rispetto delle condizioni illustrate, tale dato possa assumere comunque valore negativo assorbente, ciò significa che anche la detenzione di quantitativi non minimali potrà essere ritenuta non ostativa alla qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, e, per converso, che quella di pochi grammi di stupefacente, all’esito della valutazione complessiva delle altre circostanze rilevanti, risulti non decisiva per ritenere integrata la fattispecie in questione“.

La Corte del merito, avendo limitato il proprio giudizio sul punto alla sola emergenza offerta dal dato quantitativo della sostanza detenuta dall’imputato, non ha fatto buon governo delle superiori indicazioni di principio.

Per contro, una verifica complessiva delle circostanze di fatto offerte dalla regiudicanda porta a sussumere il fatto all’interno dell’alveo normativo offerto dall’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990.

In particolare va evidenziato che la condotta contestata al ricorrente non trova sfondo in un pregresso criminale del ricorrente che dia conto di una immediata collocazione dello stesso all’interno del circuito criminale tipicamente proprio del traffico di stupefacenti, altrimenti non disvelato dalle frequentazioni ordinarie del V. o da contegni ascrivibili allo stesso, messi in luce della indagini, che legittimino l’idea di una radicata e professionale inserzione nel relativo settore illecito.

Piuttosto, è a dirsi che il seppur rilevante dato quantitativo della sostanza rinvenuta nel caso trova logica e coerente lettura compensativa in altri e diversi elementi destinati ad inquadrare correttamente la vicenda a giudizio.

In linea con quanto segnalato nel ricorso alla luce delle stesse emergenze in fatto cristallizzate dalle decisioni di merito, va in primo luogo coerentemente apprezzato lo stato e il livello della tossicodipendenza che caratterizzava il prevenuto ( abituale e cronico assuntore di cocaina come vieppiù comprovato dalle modalità dell’arresto in flagranza, avvenuto durante l’esecuzione di un TSO resosi necessario perché l’imputato era in preda a deliri da intossicazione di cocaina), sintomo di una assuefazione alla sostanza certamente compatibile con la conclusione logica della prevalente destinazione della cocaina rinvenuta in suo possesso all’uso personale del ricorrente stesso.

Occorre poi valorizzare l’incontroversa, e apprezzabilmente consistente, disponibilità finanziaria del V., che godeva di una liquidità di assoluto rilievo (come confermato dagli stessi giudici del merito), tale da giustificare l’ipotesi di una scorta preventiva così rilevante, essenzialmente dominata dalle proprie esigenze di consumo personale, mettendo in coerenza in crisi l’ipotesi accusatoria (del rilevante investimento patrimoniale foraggiato dai proventi di una pregressa consolidata attività di illecita commercializzazione della medesima sostanza).

Siffatti elementi di giudizio risultano integralmente trascurati dalla decisione impugnata quando per contro, sintetizzati in una ottica valutativa globale e comparativa, finiscono per compensare e neutralizzare quello, di matrice esclusivamente ponderale, valorizzato dalla Corte del merito, legittimando per un verso l’idea della sostanziale residuale marginalità della sostanza detenuta destinata a un uso diverso da quello del consumo personale e in coerenza la riconduzione del fatto a giudizio all’ipotesi di lieve entità di cui al comma 5 dell’art. 73 più volte citato.

Tanto porta all’annullamento della decisione impugnata che nel caso va disposto senza rinvio per la intervenuta estinzione del reato così configurato.