Associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti: elementi costitutivi, necessità di una cassa comune e il caso di appartenenza contemporanea a diverse associazioni criminali (di Riccardo Radi)

La cassazione penale sezione 4 con la sentenza numero 36038 depositata il 26 settembre 2022 ha risposto ad interessanti quesiti sollevati dalle difese.

Il primo di questi attiene agli elementi costitutivi dell’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, così come contemplata dall’art. 74 d.P.R. 309/90.

Costituisce insegnamento consolidato della Corte Suprema quello a mente del quale, per la configurabilità dell’associazione dedita al narcotraffico, non è richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente l’esistenza di strutture, sia pure rudimentali, desumibili dalla predisposizione di mezzi per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretizzare un supporto stabile e duraturo rispetto alle singole deliberazioni criminose, con il contributo fornito dai singoli associati (Sez. 2 n. 19146 del 20/02/2019, Rv. 275583 – 01; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Rv. 258165 – 01; Sez. 1, n. 4967 del 22/12/2009, dep. 2010, Rv. 246112 – 01).

È pacifico, in definitiva, che, nell’associazione a delinquere finalizzata al traffico degli stupefacenti, l’elemento dell’organizzazione assume un rilievo secondario, nel senso che la sua sussistenza è richiesta nella misura in cui serva per dimostrare che l’accordo illecito permanente teso alla realizzazione di un numero indeterminato di reati (che costituisce l’essenza della fattispecie associativa e l’elemento distintivo di questa rispetto al concorso di persone nel reato) può dirsi seriamente contratto, giacché la mancanza assoluta di un supporto strumentale priverebbe il delitto del requisito dell’offensività; il che, sotto il profilo ontologico, comporta che è sufficiente anche un’organizzazione minima perché il reato si perfezioni e, sotto il profilo probatorio, che la ricerca dei tratti organizzativi è essenzialmente diretta a provare, attraverso tale dato sintomatico, l’esistenza dell’accordo indeterminato a commettere più delitti che di per sé concreta il reato associativo (così, Sez. 4, n. 22824 del 21/04/2006, Rv. 234576 – 01).

Per altro verso, è opportuno richiamare quanto più volte ribadito dalla Suprema Corte secondo cui, a fronte di plurime commissioni, in concorso con altri partecipi, di fatti integranti i reati-fine dell’associazione, grava sul singolo la prova che il suo contributo non è dovuto ad un vincolo preesistente con i correi, fermo restando che, a motivo della natura permanente del reato associativo, detta prova non può consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro (Sez. 3, n. 42228 del 03/02/2015, Rv. 265346 – 01; nello stesso senso, ex multis, Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, Rv. 279505 – 02).

Con riguardo, poi, ai singoli partecipi, non è inutile premettere che, una volta dimostrata l’esistenza di una associazione per delinquere e individuati gli elementi, anche indiziari, sulla base dei quali possa ragionevolmente affermarsi la cointeressenza di taluno nelle attività dell’associazione stessa e quindi la partecipazione alla vita di quest’ultima, non occorre anche la dimostrazione del ruolo specifico svolto da quel medesimo soggetto nell’ambito dell’associazione, potendosi la partecipazione al sodalizio criminoso, per sua stessa natura, realizzarsi nei modi più svariati, la cui specificazione non è richiesta dalla norma incriminatrice e non può, quindi, essere richiesta nemmeno nella sentenza di condanna (Sez. 2, n. 43632 del 28/09/2016, Rv. 268317 – 01; Sez. 5, n. 35479 del 07/06/2010, Rv. 248171 – 01).

Una seconda questione che va chiarita è la necessità della presenza e/o l’utilizzo da parte dei sodali di una cassa comune appare del tutto irrilevante ai fini della configurabilità dell’associazione criminale.

Invero, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che, in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, l’assenza di una c.d. «cassa comune» non è ostativa al riconoscimento dell’associazione, essendo sufficiente, anche nell’ipotesi di una gestione degli utili non paritaria né condivisa con tra i vari sodali, che tra questi sussista un comune e durevole interesse ad immettere nel mercato sostanza stupefacente, nella consapevolezza della dimensione collettiva dell’attività e dell’esistenza di una sia pur minima organizzazione (Sez. 6, n. 2394 del 12/10/2021, dep. 2022, Rv. 282677 – 01).

Infine, la terza questione è quella afferente alla appartenenza contemporanea a diverse associazioni criminali.

La giurisprudenza di legittimità ha sul punto stabilito che, in tema di associazione per delinquere, è possibile ritenere la contemporanea appartenenza a diverse associazioni allorché un soggetto faccia parte, anche in coincidenza temporale, di un organismo criminoso che, oltre a operare in proprio, sia anche inserito in una “federazione” di analoghi organismi, avente sue proprie e distinte finalità, in funzione delle quali appunto essa è stata concepita e realizzata (Sez. 2, n. 17746 del 30/01/2008, Rv. 239768 01; Sez. 1, n. 6410 del 13/01/2005, Rv. 230831 – 01, secondo cui, in tema di associazione per delinquere, non è giuridicamente errato o contrario alla logica ritenere la diversità del fatto associativo nel caso di un soggetto il quale faccia parte di un organismo criminoso che, oltre a operare in proprio, sia anche inserito in una “federazione” di analoghi organismi, avente sue proprie e distinte finalità, in funzione delle quali appunto essa è stata concepita e realizzata: in tale ipotesi la singola persona fisica risponde della duplice e distinta partecipazione, anche in coincidenza temporale, ai due distinti organismi criminosi).

Affermando il principio, si è ritenuta, pertanto, infondata l’eccezione di duplicità di giudicati per lo stesso fatto.