Caso OCSE: il silenzio della magistratura associata (di Riccardo Radi)

Lo strano silenzio dell’associazione nazionale magistrati sul caso Ocse.

L’onorevole Enrico Costa nella seduta di ieri ha presentato una interrogazione al Ministro della giustizia in merito al contenuto del rapporto pubblicato il 18 ottobre dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, istituita con la Convenzione di Parigi del 14 dicembre 1960) nella sezione «Phase 4 Report – Italy», che ha la finalità di valutare il grado di applicazione da parte del nostro Paese della Convenzione sul contrasto alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle transazioni commerciali internazionali, firmata a Parigi il 17 dicembre 1997.

All’interno del rapporto – che dovrebbe limitarsi a certificare il corretto adempimento di impegni internazionali da parte dell’Italia – si rinvengono considerazioni e passaggi piuttosto sorprendenti; dal documento emergerebbe una preoccupazione per il fatto che i processi in Italia sui casi di corruzione internazionale abbiano prodotto un alto numero di sentenze di assoluzione e che ciò avvenga perché, anziché prendere in esame contemporaneamente la totalità delle prove indiziarie, ciascuna di queste viene esaminata solo singolarmente, e perché la legge italiana richiede una prova solida dell’accordo corruttivo.

Il rapporto dell’Ocse, come abbiamo già messo in evidenza (qui il link), lungi dal costituire un documento di mera valutazione tecnica, assume i contorni di un vero e proprio giudizio sull’operato della magistratura italiana, e sottintende una impostazione che considera l’assoluzione un fallimento della macchina processuale, piuttosto che uno dei possibili esiti della stessa.

Operando in tal senso, gli esaminatori del gruppo anticorruzione dell’Ocse mettono in discussione il lavoro dei giudici italiani, oltre che gli “standard di prova” richiesti dalla nostra legislazione.

Secondo quanto riportato dal quotidiano Il Dubbio il 20 ottobre, al rapporto si aggiunge una inusuale lettera a titolo personale scritta dal presidente del gruppo di lavoro Drago Kos di forte critica dell’operato di un singolo magistrato in uno specifico processo.

In tale contesto stupisce il silenzio dell’Associazione Nazionale dei Magistrati (Anm) che, solitamente solerte nel denunciare le violazioni delle prerogative di autonomia e indipendenza della magistratura, si è limitata ad osservare che “il gruppo fa le sue critiche, più o meno fondate, ma non si pone un problema di lesione dell’indipendenza”.

Il nostro Paese dovrà rispondere entro ottobre 2024 sulle raccomandazioni contenute nel rapporto.

Conclude l’on. Costa chiedendo se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei contenuti del rapporto di cui in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare al fine di tutelare l’indipendenza e l’autonomia della magistratura italiana a fronte delle ingerenze denunciate in premessa.