Riforma Cartabia: sempre più corale la richiesta di differimento (di Vincenzo Giglio e Riccardo Radi)

Non è ancora entrato in vigore (e neanche è certo che ce la farà) e già il d.lgs. n. 150/2022 attuativo della cosiddetta riforma Cartabia in materia di giustizia penale crea incertezze interpretative e applicative di non poco conto.

Tra i tanti temi già emersi nel dibattito giuridico, un posto speciale è occupato dai nuovi criteri guida in materia di archiviazione, sentenze di non doversi procedere in esito all’udienza preliminare e all’udienza predibattimentale (cosiddetta udienza filtro) nei procedimenti a citazione diretta.

Ne abbiamo scritto più volte e per più aspetti e non serve ripetere il già detto.

La questione odierna è un’altra e riguarda l’individuazione della platea di procedimenti ai quali deve essere applicata la nuova regola che impone lo stop in tutti i casi in cui gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna.

Nel silenzio del legislatore delegato che si è tradotto nell’assenza di disposizioni transitorie sul punto, le soluzioni astrattamente praticabili sono due: le nuove regole si applicano solo ai procedimenti iscritti dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 150/2022; le nuove regole si applicano anche ai procedimenti preesistenti sempre che, beninteso, non siano ancora esaurite le fasi procedimentali alle quali sono riferite.

In mancanza di punti di riferimento si infittiscono progressivamente i segnali di allarme e i tentativi di individuare protocolli operativi che rimedino almeno in parte al prevedibile caos prossimo venturo.

Spiccano in questo ambito le circolari emesse dal Procuratore della Repubblica di Bologna (diffuse da Sistema Penale, a questo link) e, ancor di più, la lettera firmata da tutti i capi delle Procure generali della Repubblica presso le Corti d’appello (per una loro sintesi, si veda l’articolo pubblicato dall’Osservatorio sulla Legalità, a questo link, ma ne ha parlato anche il quotidiano La Stampa, a questo link).

È innegabile che gli uffici del pubblico ministero saranno i primi ad essere investiti dalla complessità della riforma e gli spetterà adeguare quanto più rapidamente possibile la loro organizzazione interna in ognuno dei suoi aspetti essenziali.

Data questa situazione complessiva, non è affatto azzardato immaginare che a via Arenula si stia programmando una qualche soluzione ponte per guadagnare il tempo necessario per una risposta più consapevole degli uffici giudiziari alla sfida posta dalla riforma Cartabia.

Se così non fosse, quella sfida dovrà essere affrontata sul campo tra pochissimi giorni ed è facile prevedere che tra le due opzioni indicate in precedenza prevarrà quella che intende il nuovo regime applicabile solo ai procedimenti di iscrizione successiva alla sua entrata in vigore.

L’opzione contraria creerebbe una situazione ai limiti dell’ingovernabilità e nessuno può augurarsi che accada.

Resta infine un’ultima considerazione da fare ma è meglio definirla un auspicio.

La riforma Cartabia, pur nelle sue evidenti imperfezioni, è una scommessa sul futuro e contiene il primo nucleo di una giustizia depurata dai veleni di un populismo che troppo a lungo ha dominato la scena.

Sarebbe un peccato, un vero peccato, se le difficoltà applicative fossero il viatico per farla fuori o ridurla a un pallido simulacro di ciò che ha inteso essere. E, purtroppo, molti segnali vanno esattamente in questa direzione.