
Processo Regeni: una resa incondizionata o ci sarà una svolta con Nordio? (di Riccardo Radi)
Il 10 ottobre si è tenuta a Roma l’udienza preliminare del processo Regeni, un procedimento di fatto “bloccato sine die” per l’impossibilità di procedere alle notifiche del rinvio a giudizio e della fissazione dell’udienza ai quattro imputati.
Nel corso dell’udienza il capo dipartimento del Ministero della Giustizia, dottor Nicola Russo, ha confermato la situazione di stallo: “Ad oggi non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione dall’autorità egiziana in merito ai quattro imputati. L’ultima sollecitazione in ordine di tempo risale al 6 ottobre scorso”.
Non solo, rincara il magistrato che ora si occupa degli Affari di Giustizia in via Arenula: “Gli egiziani non hanno risposto neanche alla richiesta di incontro che la ministra Marta Cartabia aveva chiesto nel gennaio scorso”, ha continuato l’alto funzionario.
“Siamo andati in Egitto dal 13 al 15 marzo per sollecitare le autorità ad acquisire informazioni sugli imputati – ha raccontato – Sul caso Regeni però la Procura generale egiziana, l’unica autorità competente, ha ribadito che resta valido quanto contenuto nel decreto di archiviazione per i quattro, firmato dai magistrati egiziani nel dicembre scorso. In Egitto non si potrà più aprire un procedimento per il caso Regeni nei loro confronti per il principio del ne bis in idem”.
Quindi tutto tace e la richiesta del Gup di Roma di ulteriori indagini, tramite i Ros, per trovare gli indirizzi di casa dei quattro esponenti della National Security egiziana indagati, in modo da poter notificare loro gli atti è rimasta “inevasa”, per Al Sisi è tutto archiviato nulla è accaduto.
Va ricordato che a luglio la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Roma che chiedeva di procedere anche senza la disponibilità dei recapiti, adducendo la notorietà del caso come “veicolo” di notifica certa delle indagini.
Le motivazioni della Cassazione non sono state ancora rese pubbliche, ad oggi, Terzultima Fermata segue e controlla ogni giorno i depositi al Palazzaccio.
Durante l’udienza del 10 ottobre, il PM Colaiocco, titolare del procedimento, ha chiesto all’esponente del governo Draghi se si potesse ricorrere al trattato Onu sulla tortura adottato nel 1984 e a cui ha aderito anche l’Egitto.
“Riteniamo – ha risposto Russo – che sia una scelta di ordine politico; si valuterà con il nuovo ministero della Giustizia”.
In questo stallo, il Gup ha aggiornato il procedimento al 13 febbraio 2023 rinnovando ai carabinieri del Ros la richiesta di proseguire le ricerche.
A questo punto non resta che sperare nel trio Meloni-Nordio-Tajani, che muovano delle nuove iniziative politiche forti magari raccogliendo l’appello lanciato da 13 organizzazioni per i diritti umani italiane ed egiziane affinché si interrompa la fornitura di armi all’Egitto e la cooperazione con il generale al-Sisi in materia di migrazioni, energia e difesa, e affinché si rilanci il processo sulla tortura e l’assassinio di Giulio Regeni.
Sono trascorsi già più di 6 anni da quando il nostro sfortunato connazionale fu trovato senza vita con il corpo devastato dai segni della tortura sulla strada, alla periferia del Cairo.
E ancora non c’è una verità.

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