WhatsApp e Sms: messaggi acquisibili in assenza dell’apparecchio cellulare (di Riccardo Radi)

La seconda sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 39529 depositata il 5 ottobre 2022 ha esaminato la questione dell’acquisizione e utilizzazione della messaggistica WhatsApp in assenza del cellulare e quindi senza l’estrazione dallo stesso con la cosiddetta copia forense.

Il tema è stato sollevato dalla difesa in quanto l’acquisizione e utilizzazione dei messaggi Whatsapp, in assenza dell’apparecchio cellulare e che non sono stati ritualmente estratti dallo stesso facendo la c.d. copia forense, sarebbero inutilizzabili e non avrebbero potuto pertanto essere posti a fondamento della decisione perché non si garantirebbe la loro genuinità stante la facilità di riproduzioni e manomissioni.

La Suprema Corte ha stabilito che i messaggi “Whatsapp” e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen.

Con specifico riferimento all’utilizzabilità dei messaggi WhatsApp, peraltro oggetto della testimonianza resa dalla persona offesa, infatti, la Corte territoriale si è conformata alla più recente giurisprudenza di legittimità per la quale “in tema di mezzi di prova, i messaggi “Whatsapp” e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., sicché è legittima la loro acquisizione mediante mera riproduzione fotografica, non trovando applicazione né la disciplina delle intercettazioni, né quella relativa all’acquisizione di corrispondenza di cui all’art.254 cod. proc. pen.” (Sez. 6, n. 1822 del 12/11/2019 dep. 2020, Rv. 278124 – 01).

Qualora non sia in corso un’attività di captazione delle comunicazioni, d’altro canto, “il testo di un messaggio sms, fotografato dalla polizia giudiziaria sul display dell’apparecchio cellulare su cui esso è pervenuto, ha natura di documento la cui corrispondenza all’originale è asseverata dalla qualifica soggettiva dell’agente che effettua la riproduzione, ed è, pertanto, utilizzabile anche in assenza del sequestro dell’apparecchio” (Sez. 1, n. 21731 del 20/02/2019, Rv. 275895 – 02). Sotto altro profilo, poi, deve anche evidenziarsi che i medesimi messaggi erano stati scaricati sul PC dalla persona offesa così che l’utilizzabilità del contenuto degli stessi è anche conseguenza della riconosciuta attendibilità delle dichiarazioni accusatorie dalla stessa rese (cfr. Sez. 5, n. 2658 del 06/10/2021, 2022, Rv. 282771 – 01).

Recentemente anche cassazione sezione 6 con la sentenza numero 31364 del 22 agosto 2022 ha ribadito il principio di diritto: i messaggi Whatsapp così come gli sms conservati nella memoria di un apparecchio cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche

Anche in questo caso la Suprema Corte ha respinto la censura di inutilizzabilità dei messaggi Whatsapp acquisiti al dibattimento in ragione della mancata previa acquisizione al dibattimento del relativo supporto informatico.

Si deve pertanto affermare il principio di diritto secondo il quale i messaggi Whatsapp così come gli sms conservati nella memoria di un apparecchio cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche, con l’ulteriore conseguenza che detti testi devono ritenersi legittimamente acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione ove ottenuti mediante riproduzione fotografica a cura degli inquirenti.

In applicazione di tale principio di diritto, nella specie, i messaggi rinvenuti nella memoria del telefono cellulare dell’imputato risultano, pertanto, essere stati del tutto legittimamente acquisiti al processo ed utilizzati ai fini della decisione, giusta la loro natura documentale ex art. 234 cod. proc. pen. e la conseguente acquisibilità con una qualunque modalità atta alla raccolta del dato, inclusa la riproduzione fotografica.