Responsabilità degli enti: il responsabile del servizio di  prevenzione e protezione (RSPP) non è un soggetto apicale dell’ente

Vicenda

PLR è il delegato alla sicurezza dell’azienda IP SRL.

HY, dipendente della IP, subisce un grave infortunio sul lavoro.

PLR viene processato e condannato in primo, essendo stato riconosciuto responsabile del delitto di lesioni colpose gravissime.

Nel medesimo giudizio IP SRL è stata riconosciuta responsabile dell’illecito amministrativo regolato dall’art. 25-septies, comma 3, d.lgs. 231/2001, sul presupposto che PLR, titolare di funzioni di rappresentanza e amministrazione della IP medesima, avesse agito nel suo interesse e a suo vantaggio.

In secondo grado, la Corte di appello ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di PLR per essersi estinto il reato per prescrizione e confermato la condanna della IP.

La società ha fatto ricorso per cassazione.

Decisione della Corte di cassazione

Il ricorso è stato trattato dalla quarta sezione penale e definito con la sentenza n. 34943/2022 (udienza del 24 maggio 2022).

Il collegio ha accolto un solo motivo di ricorso ed è su di esso che verterà il post.

La società ricorrente ha dedotto violazione di legge e difetto di motivazione, censurando l’attribuzione a PLR della qualifica di soggetto aziendale apicale.

Il collegio ha condiviso il rilievo.

Ha rimarcato in premessa la netta distinzione, voluta dall’art. 5 d.lgs. 231/2001, tra soggetti apicali e sottoposti. L’operato illecito dei primi è già espressivo di una colpa di organizzazione dell’ente mentre quello dei secondi produce responsabilità solo se avvenga in violazione degli obblighi di direzione e di controllo facenti capo alla figura apicale. C’è poi una seconda differenza: se la persona fisica autrice del reato presupposto è un apicale, l’adozione e la efficace attuazione di un idoneo modello di organizzazione e gestione (MOG) non basta ad escludere la responsabilità dell’ente, occorrendo in aggiunta che questo sia stato eluso fraudolentemente: se invece si tratta di un sottoposto, l’adozione e l’efficace di un MOG adeguato è di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità dell’ente, anche quando il reato sia stato reso possibile dalla violazione degli obblighi di direzione e controllo gravanti sui soggetti apicali.

Ciò premesso, ai fini dell’individuazione della qualifica appropriata, il principio di legalità impone di attenersi al dato letterale del citato art. 5, comma 1, lett. a).

Rientrano in questa previsione le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché le persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso.

La rappresentanza “evoca, sotto il profilo sostanziale e processuale, un insieme di poteri in forza dei quali l’organo esprime all’esterno la volontà dell’ente in relazione agli atti che rientrano nell’esercizio delle sue funzioni ed essa costituisce […] una conseguenza del ruolo dallo stesso rivestito all’interno della compagine, in quanto strumentale al perseguimento dei fini dell’ente”.

A loro volta “le nozioni di amministrazione e di direzione dell’ente o di una singola unità  organizzativa richiamano, seppure sotto il profilo funzionale, la struttura stessa dell’ente evocando la massima espressione dei poteri di indirizzo, di elaborazione delle scelte strategiche, della organizzazione aziendale, della assunzione delle decisioni e dei deliberati attraverso i quali l’ente persegue le proprie finalità”.

In particolare, “La direzione implica, di regola, un atto di prepositura con la quale il dirigente viene indirizzato all’intera organizzazione aziendale ovvero ad una branca o settore autonomo di essa e viene investito di attribuzioni che, per ampiezza e per i poteri di iniziativa e di discrezionalità che comportano, pure nel rispetto delle direttive programmatiche dell’ente, il potere di imprimere un indirizzo o un orientamento al governo complessivo dell’azienda assumendo la corrispondente responsabilità ad alto livello”.

Delineate queste nozioni, il collegio ha escluso che le mansioni di responsabile del servizio di  prevenzione e protezione (RSPP) siano assimilabili ad una funzione apicale.

Difatti “il responsabile del servizio di prevenzione e protezione assume una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nella individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione di formazione dei dipendenti (Sez. 4, n. 50605 del 5/04/2013, Rv. 258125; n. 27420 del 20/05/2008, Rv. 240886). Per tale motivo, la sua nomina non vale a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (Sez. 4, n.24958 del 26/04/2017, Rv. 270286 -01)”.

E quindi “se al RSPP viene riconosciuta una funzione di ausilio al datore di lavoro, appare evidente che una prestazione di collaborazione resa in ragione del rapporto di ausiliarietà e di subordinazione al datore di lavoro, non può essere ricondotta ad alcuna delle figure comprese nella categoria delle persone dotate di veste apicale, come delineata dall’art. 5 comma 1 lett. a) D. Lgs.vo 231/2001”.

Il collegio ha poi confutato la conclusione che i giudici di merito hanno tratto da una delega rilasciata a PLR dal datore di lavoro che hanno interpretato come fatto genetico dell’attribuzione di funzioni rappresentative e gestionali nel comparto aziendale della sicurezza sul lavoro.

Ha osservato sul punto che “la legge ammette che gli obblighi prevenzionistici gravanti sul datore di lavoro possano essere trasferiti ad un delegato (salvo quelli espressamente indicati come non delegabili dall’art. 17 d. Igs. 81/2008), ma ciò determina l’attribuzione di un ben definito novero di competenze e non l’intera gestione aziendale (cfr. sez. U, n. 38343 del 24/4/2014, PG e PC – Rv. 261108-01), né la preposizione, in guisa di datore di lavoro, ad una unità produttiva”.

Senza poi dimenticare che “il delegato rimane sottoposto al più ampio potere del delegante, che viene esercitato anche sotto forma di vigilanza; il delegato inoltre è tenuto a rapportarsi e a riferire al delegante (nella specie il datore di lavoro amministratore della società) ai fini dell’adozione di quelle misure di prevenzione o di protezione che sfuggano al suo potere di gestione o di spesa. A tale proposito la Suprema Corte di Cassazione a S.U. ha avuto modo di rimarcare che “è diffusa l’opinione (e la si rinviene spesso negli atti giudiziari) che i poteri e le responsabilità del dirigente e del preposto nascano necessariamente da una delega. Al contrario, le figure dei garanti hanno una originaria sfera di responsabilità che non ha bisogno di deleghe per essere operante, ma deriva direttamente dall’investitura o dal fatto. La delega è invece qualcosa di diverso: essa, nei limiti in cui è consentita dalla legge, opera la traslazione dal delegante al delegato di poteri e responsabilità che sono proprie  del delegante medesimo. Questi, per così dire, si libera di poteri e responsabilità che vengono assunti a titolo derivativo dal delegato. La delega, quindi, determina la riscrittura della mappa dei poteri e delle responsabilità. Residua, in ogni caso, tra l’altro, come l’art. 16 del T.U. ha chiarito, un obbligo di vigilanza “alta” a carico del delegante (S.U. n. 38343 del 24/04/2014, in motivazione). ‘E sempre il datore di lavoro poi ad assumere la responsabilità in ordine alla valutazione dei rischi e all’adozione del Documento di Valutazione dei Rischi (Sez. 4, n.27295 del 2/12/2016, Rv.270355 laddove la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento viene espressamente riconosciuta come attività non delegabile da parte del datore di lavoro”.

I giudici di legittimità osservano quindi che “Il principale vizio della sentenza impugnata è pertanto quello di avere operato una sorta di equiparazione tra “il potere di compiere scelte decisionali in piena autonomia in materia di sicurezza” ed il riconoscimento di una veste apicale, secondo la previsione dell’art. 5 lett. a) d. Igs. 231/01; laddove la piena autonomia di decisione costituisce il presupposto di operatività della delega di funzioni in materia di prevenzione sul lavoro, ma non implica il riconoscimento di poteri di amministrazione, di gestione e di rappresentanza che coinvolgono l’ente nel suo complesso ovvero una articolazione organizzativa dello stesso”.

Quanto infine al documento di valutazione dei rischi (DVR), è “manifestamente contraddittorio, se non frutto di travisamento è poi l’argomento secondo il quale la sottoscrizione del DVR da parte del RSPP delegato alla sicurezza, è indice di esercizio di poteri rappresentativi, laddove, come sopra evidenziato, la valutazione dei rischi collegati alla prestazione di lavoro è compito non delegabile del datore di lavoro”.

Il collegio ha dunque annullato con rinvio la sentenza impugnata per un nuovo giudizio.

Massima

Ai fini della individuazione delle persone dotate di funzioni di rappresentanza, di gestione e di direzione dell’ente e di una unità organizzativa provvista di autonomia finanziaria, non può prescindersi dai criteri identificativi fissati dagli istituti dell’ordinamento giuridico generale e non quelli di un particolare settore come quello lavoristico, ivi compresi gli strumenti deputati alla costituzione ovvero al trasferimento di funzioni da soggetti verticistici, quali la procura. A tale fine non può costituire elemento sintomatico della costituzione di una posizione verticistica ovvero direzionale lo strumento delineato dall’art.16 d.lgs. 81/2008 che attiene al diverso ambito della delega di funzioni nel settore della prevenzione dei rischi in ambito lavorativo, che non determina il trasferimento della funzione datoriale, nella sua accezione gestionale e di indirizzo, né di regola, la costituzione di una posizione verticistica, ma risulta strutturato per sollevare il datore di lavoro da singoli incombenti in materia di sicurezza nel limitato ambito delle funzioni trasferite”.