
Adesso si fa sul serio.
Finito il tempo dei dibattiti dentro e fuori la politica, delle adesioni e delle critiche, delle previsioni ottimistiche e catastrofiche, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 243 del 17 ottobre 2022 (allegata in calce al post) del decreto legislativo n. 150/2022 attuativo della Legge delega n. 134/2021 il disegno riformatore della ministra Cartabia diventa finalmente materia viva e, a partire dal prossimo novembre, produrrà i suoi effetti.
Un progetto ambizioso, quello della Guardasigilli uscente, e non ci si poteva aspettare di meno da un’accademica di valore che, percorrendo con talento e successo le strade del potere istituzionale, ha contribuito non poco a ridurre il gender gap in danno delle donne.
L’ambizione era già nel titolo della Legge 134 che richiamava esplicitamente due obiettivi così vagheggiati, complicati e incompatibili tra loro da risultare quasi mitologici: giustizia penale più efficiente; procedimenti penali più rapidi.
Uguale ambizione si coglie negli atti preparatori che hanno scandito la riforma, nella relazione che l’ha illustrata e nel decreto legislativo che l’ha attuata: una commissione presieduta da un ex presidente della Corte costituzionale, sei gruppi specializzati di lavoro, una relazione di accompagnamento condensata in 450 pagine, un articolato normativo composto da 99 articoli.
Tre sono gli essenziali ambiti di intervento: il processo penale, il sistema sanzionatorio e la giustizia riparativa.
Quanto al primo, in effetti gli interventi del legislatore delegato investono quasi tutti i nodi cruciali del processo penale: indagini preliminari, dibattimento, riti alternativi, processo in assenza, impugnazioni ed esecuzione.
Si avverte inoltre una notevole spinta verso la transizione digitale e telematica che assume addirittura un valore paradigmatico cui seguirà un nuovo format di processo penale.
La riforma del sistema sanzionatorio è finalizzata al raggiungimento di un duplice obiettivo: diversificare e rendere più effettive e tempestive le pene; incentivare la definizione anticipata dei procedimenti.
La disciplina organica della giustizia riparativa è intesa a creare uno strumento che si affianchi al processo e all’esecuzione penale senza pretendere di sostituirli. Nelle intenzioni legislative potrà concorrere in molti modi all’incremento dell’efficienza della giustizia penale: agevolando la riparazione dell’offesa e la tutela dei beni offesi dal reato; incentivando la remissione della querela; facilitando il percorso di reinserimento sociale del condannato; riducendo i tassi di recidiva e il rischio di reiterazione del reato nei rapporti interpersonali e quindi rappresentando un utile e innovativo strumento per le politiche di prevenzione della criminalità.
Questo, in sintesi, il contenuto essenziale della riforma.
Adesso, finita la fase legislativa, le sue norme dovranno diventare moneta corrente e camminare con le gambe, con la testa e col cuore di chi dovrà interpretarle e applicarle.
Come ogni riforma, quella appena varata non offre certezze ma opportunità, è un diamante ancora grezzo (e alcune delle sue imperfezioni le abbiamo segnalate in precedenti post) ma potrebbe brillare lo stesso se chi è chiamato a farla funzionare ne coglierà il senso profondo e lo tradurrà in prassi e decisioni.
Noi di Terzultima Fermata speriamo sinceramente che funzioni.

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